Sigarette e motori. Un connubio storico, d’immagine ed economico, quello tra grandi industrie del tabacco e Formula 1, motomondiale e rally, che sembra ormai arrivato al capolinea.
“Nel 2006 – ricorda La Repubblica – il bando ufficiale alla pubblicità delle sigarette nel motorsport. Ma alcuni colossi del settore, come Philip Morris e British American Tobacco, sono rimasti nel paddock, contribuendo con più di un centinaio di milioni di euro all’anno ai bilanci delle aziende in pista. Hanno continuato a sponsorizzare in maniera più o meno esplicita i propri prodotti, negli ultimi tempi quelli elettronici. Ora però sembra proprio finita. Philip Morris nelle moto non ha rinnovato il contratto con Ducati, ed è da febbraio che deve firmare con la Ferrari in F1. Il 20 agosto il nostro Ministero della Salute ha scritto a Ducati, Ferrari e McLaren: una lettera riservata, sottoscritta dal direttore generale per la prevenzione Giovanni Rezza, con cui si pretende «massima attenzione e sensibilità» al tema dei danni provocati dal tabacco e dai suoi derivati. Sottolineando che le vittime più fragili sono i giovani, destinatari delle campagne di Pm e Bat. Seguendo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Rezza ha vivamente suggerito alle tre grandi case di comportarsi di conseguenza rispetto alle sponsorizzazioni più o meno evidenti”.
Già archiviate la McLaren e la Ferrari targate Marlboro (dopo le Lotus Gold Leaf, la Benetton Camel di Schumacher e innumerevoli altre) e, nel motomondiale, la Suzuki Lucky Strike di Schwantz, l’Aprilia di Biaggi marchiata Chesterfield, la Yamaha griffata Gauloises di Rossi e così via, passato il periodo degli sponsor barrati, ora pare si arriverà a dire addio anche agli ultimi “residui”, principalmente elettronici.
E orientati al tabacco non erano solo auto e moto, ma pure molti piloti, da Juan Manuel Fangio con l’Avana, alla cicca che penzolava dal labbro di James Hunt, da Barry Sheene che saliva sul podio accendendosi una sigaretta a Marco Luchinelli che per fumare si era persino fatto fare un buco nel casco: “Ci infilavo la sigaretta accesa – racconta alla Repubblica – due tiri prima di partire. Altri tempi. […] Piaceva il pilota che beveva e fumava. Avevo imparato da ragazzino, quando mio zio Cesare, 93 anni, mi mandava a comprare le Alfa, ma mica un pacchetto: 4 o 5 “paglie” per volta. Salivo sul podio con la sigaretta in bocca perché mi piaceva, non per lo sponsor. Però preferivo i sigari toscani”. E Barry Sheene? “Quando sono andato a trovarlo in ospedale dopo l’incidente a Silverstone, mi ha detto subito: «Fammi fumare». Eravamo più avventurosi. Ora hanno tutti i capelli tagliati corti nello stesso modo: chissà se si divertono”. Basta tabacco in pista, finisce un’epoca: “Si corre troppo, i soldi sono sempre meno: qualcuno – conclude Lucchinelli – dovrà rivedere i suoi piani”.
Carlo Pernat pare concordare: “Le aziende del tabacco sono state determinanti per la crescita del motorsport. Ma hanno anche dettato legge. Come quella volta a Interlagos: i piloti volevano scioperare per la pista pericolosa e gli sponsor dissero: se lo fate, togliamo i soldi. Scesero tutti in pista”.