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Pisto is Free

Willy, il ricordo dell'amico Samuele e l'unica cosa bella

Moreno Pisto

29 novembre 2020

Sono passati quasi tre mesi dal massacro di Willy Monteiro, 21 anni. L'amico che era con lui, Samuele Cenciarelli, ha parlato per la prima volta a Repubblica. E tra tutte le cose brutte, una bella si staglia. È un ricordo. E ha a che fare con un giro in moto

di Moreno Pisto Moreno Pisto

Tre mesi fa, quasi. Venti secondi. Una vita. Un ricordo. Quello di Samuele Cenciarelli, l'amico di Willy Duarte Monteiro, massacrato di botte nella notte tra il 5 e il 6 settembre, quella maledetta notte che ha fatto scoprire a tutti un'altra vicenda che sa di male, di vuoto, di limite superato. Poteva essere lui, Willy. Solo che lui, una volta caduto a terra, lo hanno lasciato lì, contro Willy invece si sono accaniti. È stato intervistato da Repubblica, ha parlato per la prima volta, anche lui ha 21 anni, come Willy, però lui ama le moto, Valentino Rossi e lavora in una ditta di autoricambi. Legge il Bushido, il codice di condotta dei Samurai, e davanti ai carabinieri ha avuto il coraggio che ad altri è mancato. Come Willy, quella sera, che è intervenuto per difendere un suo amico. Samuele ha raccontato tutto, ha fatto nomi e cognomi, "lo dovevo a Willy", ha detto. Quando chiude gli occhi Samuele ha due immagini che gli appaiono nel buio e non se ne vanno. Willy disteso sull'asfalto, col sangue che gli esce dalla bocca, e Willy nella camera ardente. "Era freddo e quel freddo adesso me lo sento sulle dita". 

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Ozmo lavora al murales di Willy

Due immagini e un rimorso: "Quella notte eravamo a Colleferro per passare una serata tranquilla, sono stato io a proporglielo, accidenti a me". Stavano andando a casa, poi Willy ha visto il loro amico di scuola che litigava con due di Artena. Non si picchiavano, urlavano e basta. Willy si è avvicinato per calmarli ma sono arrivati anche quegli altri due, i fratelli Gabriele e Marco Bianchi, gli assassini. "Mi sono passati accanto come ombre, all'inizio manco li ho visti, si sono lanciati tra i ragazzi e hanno cominciato a menare. Hanno dichiarato di essere intervenuti per sedare una rissa e di non aver toccato Willy. Colossali bugie. Uno di loro calpestava il suo corpo inerme". Il suo racconto descrive l'impotenza, la parola più importante è una, "ma": "Gridavo che non c'entravamo niente ma non mi ascoltavano. Ho provato a tirar via Willy ma non ce l'ho fatta. È durato pochissimo, circa 20 secondi. Nessuno è intervenuto, avevano tutti paura. Dopo il pestaggio mi sono buttato su Willy, gli ho spostato la lingua, cercavo di parlargli ma anch'io respiravo a fatica". Come succede negli incubi, solo che a Tommaso gli avevano dato un calcio alla gola e gli avevano colpito il pomo di adamo, di striscio. "L'ambulanza ci ha messo 40 minuti ad arrivare, un ritardo inspiegabile". Sarebbe cambiato poco. "Willy è morto subito". E aggiunge una cosa che spinge in dentro il pomo di adamo, ma di chi legge stavolta: "Spero non si sia accorto di niente". 

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Aggiunge una richiesta: "Continuiamo a parlare di Willy. Già adesso nessuno lo fa più. E sono già successi casi simili". Una speranza: "Spero che i fratelli Bianchi paghino tutto. Se fosse per me farei dipingere sul muro della loro cella il volto di Willy sorridente. Un'immagine indelebile, così da costringerli a guardarlo negli occhi ogni giorno". E una terza immagine. Il ricordo. Il giornalista chiede, c'è qualcosa che non è riuscito a dirgli? "Sono felice", risponde Samuele. "Felice di averlo portato almeno una volta sulla moto, la scorsa estate. Siamo andati a Rocca di Cave. Era bello avere Willy con me, pesava pochissimo e seguiva le curve, un passeggero perfetto. È il ricordo più bello che ho". Con la speranza che questa immagine possa durare di più delle altre due, quando chiude gli occhi. A questo servono le cose belle, e andare in giro in moto con un amico sicuramente lo è. 

 

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