Ducati l’ha fatto, ha messo in pista una moto elettrica con cui si prepara a gestire un campionato del mondo. Subito dopo, o subito prima, qualcuno a Borgo Panigale dev’essersi seduto comodo con i proverbiali popcorn a portata di mano per leggere i commenti di chi, puntualmente, si indigna per le scelte del marchio, segno di un declino inarrestabile e dei tempi che cambiano. D’altronde i puristi sono impossibili da convincere, per loro la Ducati deve avere il telaio a traliccio, la frizione a secco e il bicilindrico desmo. Possibilmente poi, deve essere stata disegnata dalla penna di Massimo Tamburini e avere scritto 916 sul serbatoio. Ed è vero, la Ducati 916 è una di quelle motociclette che sembrano uscite dalla mano di Dio e gettate sulla terra per darci un motivo per godere della vita, ma non c’è solo questo.
Ducati, ormai, non è più una piccola fabbrica dei sogni nel bolognese, è una delle aziende più sofisticate nel mondo del motociclismo moderno. Il prossimo anno, in MotoGP, Ducati Corse schiera otto moto e lo fa perché le squadre vogliono la Desmosedici. Non vogliono una Honda, troppo ostica se non ti chiami Marc Marquez e non vogliono una Yamaha, troppo lenta se non sei Fabio Quartararo. Vogliono una Ducati perché ha un motore spaventoso corredato da idee brillanti, dalle ali sul cupolino alla scatola nera nel codone. Mettere otto moto in pista significa aver dimostrato al mondo che il reparto corse non ha nulla da invidiare a nessuno.
Non che nella produzione in serie le cose vadano diversamente: la Panigale V4S presentata da qualche settimana non avrà un motore bicilindrico, il telaio a traliccio e la frizione a secco - ma il forcellone monobraccio sì - eppure nessuno si è lamentato della cosa. Perché? Perché è una delle moto di serie più veloci del pianeta. Lo spazio per la tradizione c’è ancora, basti pensare che l’ultima novità si chiama DesertX ed è una bella maxienduro ispirata da Cagiva Elefant.
Nel frattempo però, ecco la Ducati V21L portata a Misano da Michele Pirro. Ricorda la MotoGP, eppure è una moto elettrica. Il discorso è semplicissimo: se l’elettrificazione sarà il futuro delle due ruote, Ducati sarà più pronta degli altri. Continuare a fare una Desmosedici spaventosamente veloce non sembra essere un problema, lavorare sul prodotto nemmeno. “Testare il prototipo della MotoE in pista è stata una grande emozione - ha raccontato Michele Pirro - perché segna l'inizio di un capitolo importante nella storia della Ducati. La moto è leggera e ha già un buon bilanciamento. Inoltre l'attacco del gas in prima fase di apertura e l'ergonomia sono molto simili a quelli di una MotoGP. Se non fosse per la silenziosità e per il fatto che in questo test abbiamo deciso di limitare la potenza erogata ad appena il 70% delle prestazioni, avrei potuto facilmente immaginare di essere in sella alla mia moto”.
L’obiettivo, chiaramente, è quello di mettere in pista una moto veloce e leggera, al contempo, sviluppare una versione stradale che non faccia rimpiangere l'endotermico. Qualche mese fa, alla presentazione dell’ultimo Ducati Monster, il responsabile del design del Gruppo Volkswagen Klaus Zyciora ci aveva anticipato che la Ducati elettrica sarebbe arrivata. Ora sappiamo che sarà dopo il 2025 e che, probabilmente, ci sarà la fila per guidarla.
Noi abbiamo preso il numero.