Se ne sente parlare ormai da qualche anno, ma non a tutti, ancora, è chiaro di che si tratti. Vengono organizzati eventi, manifestazioni. Le case produttrici sfornano ogni anno modelli sempre più adatti a questa particolare visione del mondo delle due ruote. E con loro chi produce accessori, pneumatici, abbigliamento. Ok ma che ca**o è l’adventouring? Venite con noi per scoprire di che si tratta e di cosa avrete bisogno per prendere parte a un evento come la HAT Sanremo-Sestriere: il più famoso appuntamento in Italia (e non solo) dedicato a questo modo di intendere la moto.
La moto
Partiamo dalle basi: adventouring è un neologismo nato dalla crasi tra adventure e touring. Per praticarlo si utilizzano, quindi, mezzi in grado di coniugare il meglio di questi due mondi. In questo senso, tuttavia, potreste sentirvi un po’ spaesati dando un’occhiata a una buona parte dei mezzi pronti a prendere il via ad uno qualsiasi degli eventi organizzati per questo tipo di disciplina. Il perché è presto detto: esattamente come per ogni giornata in pista, non importa quale sia il percorso, non importa quanto sia esperto l’utente medio, non importa cosa consiglino gli organizzatori, l’appassionato ha in mente solo e soltanto una cosa: guidare la moto più preparata, più racing e più (nella sua testa) veloce che il mercato possa mettergli a disposizione. Ecco perché una discreta quota delle moto che prendono parte a manifestazioni come la HAT sono dei riadattamenti di grossi monocilindrici come l’Husqvarna 701 o comunque mezzi dalle doti spiccatamente fuoristradistiche. È questo che vi serve per fare adventuring? GUESS WHAT? NO. No perché sono sempre di più le moto che, di serie, sono perfettamente adatte ad affrontare i percorsi che gli organizzatori predispongono per questo tipo di manifestazioni e, soprattutto, perché il bello di questo sport è la possibilità di esplorare, di andare all’avventura (appunto), ma di farlo lontano da casa, spostandosi magari per centinaia di chilometri, prima di arrampicarsi su per una montagna. Belli, quindi i monocilindrici, anche grossi, ma se avete in mente di raggiungere la partenza della vostra escursione in sella alla vostra moto - ed è proprio questo il senso di questo modo di vivere il motociclismo - forse un qualcosa di meno estremo è più adatto. Accanto a questa componente di partecipanti è, poi, presente, una vasta utenza che, al contrario, affronta l’adventouring in sella a moto molto grosse, come il classicissimo BMW GS. Diciamo che, in questo caso, siamo sul fronte opposto: moto che spesso sono equipaggiate con gomme eccessivamente stradali e che su alcuni percorsi possono trovarsi in difficoltà.
Ecco perché per affrontare la Sanremo-Sestriere ho deciso di utilizzare la mia KTM 890 Adventure 2023. Si tratta, per inciso, proprio della mia moto ed è per questo che i più tecnici tra di voi potrebbero aver già riconosciuto alcuni optional e alcune piccole modifiche apportate per consentirmi di guidare al meglio anche in fuoristrada. Come sapete, di questo modello esistono due versioni: la versione standard e la variante R, che cambia per l’adozione di un set di sospensioni dall’escursione maggiorata (230 mm, contro 200), oltre che per alcuni dettagli estetici, come il parafango alto e un cupolino meno protettivo. Bastano 200 mm per fare fuoristrada? Bastano al 95% direi degli utenti che si approcciano all’off-road con una moto da 200 Kg. Considerate che Yamaha Tenere 700, nella versione base, offre un’escursione di 210 mm all’anteriore (parliamo di 1 cm di differenza) e 200 al posteriore. La nuova Transalp 750 fa segnare 200 mm all’anteriore e 190 mm al posteriore. Poi, per carità, ci sono altri modelli come Aprilia Tuareg, Suzuki V-Strom 800 DE e le ulteriori varianti della Tenere 700, che presentano sospensioni dall’escursione maggiore, ma il succo - quello che voglio farvi capire - è che la 890 standard, come tutte le moto che ho appena elencato e come molte altre più grandi, più pesanti, o più piccole, o più stradali, possono essere utilizzate con grande soddisfazione per fare dell’adventouring. A fare la differenza, tra una giornata di divertimento e una all’insegna della frustrazione, possono essere, piuttosto, alcuni dettagli. Ora vi spiego quelli che ho deciso di modificare sulla mia moto.
I dettagli che fanno la differenza
Cosa c’è di diverso nella moto che ho utilizzato alla HAT, rispetto alla versione originale? Innanzitutto alcuni optional: la sella unica fa parte degli accessori Power Parts. Quella originale è, infatti, divisa in due ed è più larga (decisamente più morbida - anche se in molti si lamentano della sua eccessiva rigidezza, posso assicurarvi che questa lo è molto di più). Una sella monoposto come quella che ho deciso di montare - oltre a rendere la moto decisamente più aggressiva e filante - aiuta nei movimenti che in alcuni passaggi potrebbero essere utili a rendere più efficace la guida. Mi riferisco, in particolare, alla possibilità di arretrare per caricare ulteriormente il posteriore, dando maggiore trazione, o a quella di alzarsi in piedi (perché in fuoristrada si guida in piedi) con maggiore facilità.
Ancora, su questo esemplare potere osservare alcuni elementi di protezione: un para coppa e para serbatoio rinforzato, dei paramani con rinforzo in acciaio, una grata aggiuntiva in metallo per proteggere il radiatore e una protezione per il faro anteriore. Qual è il senso di tutti questi accessori? Beh, quello - ovviamente - di proteggere la moto, ma soprattutto di permettervi di tornare a casa senza dover chiamare un carro attrezzi, anche nel caso si sia verificato qualche imprevisto come un sasso o una piccola caduta, del tutto normale in fuoristrada. Già perché questa KTM, così come molte delle moto che vi ho elencato in precedenza e, in generale, tutte quelle che appartengono a questa categoria, possono essere equipaggiate con ampi sistemi di protezione in caso di caduta. E indovinate un po’? Funzionano davvero. Digitate su YouTube il nome della moto che vi interessa e qualcosa tipo crash-bar test o drop test e vi imbatterete sicuramente in una serie di video che ritraggono produttori di accessori o proprietari scriteriati lasciar cadere ciascun modello, opportunamente equipaggiato, per vedere l’effetto che fa. Scoprirete che le barre di protezione sono realmente in grado di salvare la stragrande maggioranza della moto anche dalle cadute più rovinose. Se la moto cade ed è ben protetta, no panic, dunque.
Ed è proprio a questo che serve il paraserbatoio che ho montato sulla mia 890: in caso di caduta, su questa moto, a toccare saranno - o dovrebbero essere, non ho ancora provato - l’estremità del manubrio e proprio il serbatoio. Ecco quindi la scelta di proteggere quest’ultimo e le leve a manubrio, con dei paramani rinforzati. Questi ultimi sono tra i primi accessori da installare se si decide di guidare in off-road: il manubrio è di sicuro l’elemento più sporgente su questo tipo di moto e per poter tornare a casa - anche lontanissimo da dove vi trovate - avrete bisogno di entrambe le leve a manubrio. Esistono leve piegabili, che pure si possono montare, ma questo è sicuramente uno dei sistemi più efficaci per preservarle comunque. Le protezioni per radiatore e faro servono invece ad evitare che un sasso alzato da qualcuno che vi precede possa bucare il primo o rompere il secondo.
Meglio evitare di dover guidare a fari spenti nella notte (per vedere se è poi tanto difficile morire, come direbbe qualcuno). Passando all’ergonomia, su questa moto è montato un riser di 2 cm per alzare il manubrio e favorire la guida in piedi, lo stesso manubrio è stato ruotato in avanti, allo stesso scopo, e sono state sostituite le pedane, con un modello after market, più largo dell’originale. Anche in questo caso l’obiettivo è rendere la moto più accogliente nella guida rialzata, conferendo una maggiore padronanza anche su terreni sconnessi, dove ogni dettaglio può aiutare a destreggiarsi in maniera ancora più rilassata e sicura.
Le gomme
Un capitolo dedicato lo meritano le gomme. Che pneumatici è meglio usare per fare adventouring? Bella domanda. Potrei rispondervi come fanno di solito i giornalisti: “dipende dall’utilizzo che ne volete fare”. Ma questa volta siete fortunati, UNA risposta esiste e fa più o meno così: dovete scegliere una gomma davvero adatta a questo tipo di attività. Davvero adatta means gomme davvero 50-50. Nel senso: l’evoluzione del segmento maxi-enduro ha portato allo sviluppo di una varietà di prodotti, adatti ai diversi utilizzi che di queste moto è possibile fare. Molte maxi adventure escono, oggi, dal concessionario, con pneumatici che ricordano alla vista gomme decisamente fuoristradistiche, ma le cui effettive capacità in off-road sono meno convincenti di quanto il marketing non voglia farvi credere. Occhio, quindi, a scegliere un prodotto che sia realmente in grado di far convivere le due anime di questo sport e che vi permetta di guidare con efficacia sia su strada, sia su terreni - ad esempio - fangosi e notevolmente dissestati. È il caso di questo set di Trailmax Raid, la novità di quest’anno di casa Dunlop, nel settore adventure. Cerco di spiegarvi in due parole cosa le caratterizza.
Innanzitutto, come potete osservare, decisamente originale - oltre che aggressivo - è il profilo del battistrada. Sulla spalla c’è molta vicinanza tra i tasselli, in modo da garantire tanto grip in curva, nelle fasi di guida su asfalto. Per contro, nella parte mediana, il rapporto pieno/vuoto si sbilancia verso quest’ultimo, per consentire di scaricare con maggior facilità il fango e per conferire ai tasselli un maggior pronunciamento, adatto ad “aggrappare” maggiormente su pietre e terreni sconnessi. Al centro del battistrada i tasselli sono raccordati da elementi di rinforzo che hanno il compito di aumentare la trazione in accelerazione sui terreni lisci, oltre che a rinforzare la struttura di un pneumatico che è pensato per sopportare il peso di moto di notevoli dimensioni. Tra la spalla e la parte centrale sono inoltre presenti dei blocchi di giunzione, progettati per prevenire il movimento laterale dei tasselli. Un cenno lo merita anche la mescola, ad alta percentuale di silicio: una garanzia di corretto funzionamento tanto a basse temperature, quanto su fondo bagnato.
Il bagaglio
Gli eventi come la HAT si svolgono su più giorni, con formule che prevedono, volendo, la possibilità di dormire in autonomia lungo il percorso. Non solo: la presenza di lunghe tratte in off-road rende assai più frequente il sopraggiungere di inconvenienti come forature o piccoli danni che richiedono qualche intervento. Insomma, per fare adventouring serve poter stivare un piccolo bagaglio. Ok, ma in che maniera? Per la verità, non sono così pochi i partecipanti che prendono il via ad eventi come la Sanremo-Sestriere con tanto di trittico in alluminio. Per parte nostra, quello che ci sentiamo di consigliarvi è decisamente l’utilizzo di una o più borse morbide. Il perché è presto detto: le valige o le borse morbide non si rompono in caso di urto. Il punto di partenza è sempre il solito: in fuoristrada si cade, le moto possono finire a terra. Se a toccare per primo è l’appuntitissimo spigolo di una valigia rigida, è molto facile che quella valigia si ammacchi, o si buchi addirittura, creando non pochi problemi per il proseguimento della vostra avventura. Alle borse morbide, naturalmente, tutto ciò non succede, senza contare che il loro peso è decisamente minore rispetto alle colleghe in alluminio o plastica. Trattandosi di un evento della durata di poco più di 48 ore, per la HAT abbiamo deciso di optare per un bagaglio agile, in grado di contenere gli strati aggiuntivi del mio completo, un kit di riparazione per le gomme in caso di foratura, delle sempre comode fascette, un sacco a pelo, nel caso parta l’embolo e si decida di dormire all’aperto e a un paio di cambi per la notte.
Per stivare un bagaglio del genere all’interno di una borsa morbida sono molte le opzioni, ma io ho deciso di sfruttare il sistema Monokey realizzato da Givi. Sulla moto che ho utilizzato, infatti, è montata una piastra che mi permette di utilizzare un bauletto rigido, durante i miei viaggi in coppia. La stessa piastra permette di agganciare in un attimo anche tutta una serie di altri prodotti, tra cui questa borsa da 40 litri della linea Canyon. Si tratta della linea specificamente ideata per questo tipo di utilizzo. Come potete vedere è composta da una sorta di tubo, all’interno del quale è presente un rivestimento impermeabile che consente di proteggere nella maniera più efficace possibile il vostro bagaglio da qualsiasi tipo di infiltrazione. Oh, quando intendo qualsiasi, intendo dire che non è poi così remota la possibilità che la moto vi caschi, chessò, dentro a un piccolo fiume, mentre tentate di guadarlo. Hai voglia, a quel punto, ad avere una normale borsa in cordura o in qualsiasi tessuto idrorepellente. La borsa Canyon è quindi specificamente pensata per garantire l’impermeabilità anche nelle situazioni più estreme. Il sistema di chiusura prevede due baveri che si rimboccano da entrambi i lati. In alto, inoltre, è presente un apertura che consente, ad esempio, di stivare cerate o strati impermeabili al di fuori dell’interno isolato. A chiudere il tutto una sorta di "sportello" che consente di custodire documenti o altri oggetti molto sottili e permette alla parte superiore di fungere da piano d’appoggio per altri prodotti della linea Canyon o bagagli di qualsiasi genere (come una tenda, un materassino o qualsiasi altra cosa).
L’abbigliamento
Capitolo abbigliamento. Come mi devo vestire se l’idea è quella di fare tanta strada in moto nelle fasi di trasferimento, incontrando magari della pioggia o variazioni di temperatura consistenti, con l’esigenza, poi, di avere una guida particolarmente attiva in lunghe tratte di off-road, magari a velocità ridotta? Per dare una risposta a questo complesso di esigenze, l’industria dell’abbigliamento ha ormai individuato una strada abbastanza delineata. Si tratta dei cosiddetti completi a tre strati. Il primo è composto da ciò che separa voi dall’asfalto o dall’esterno in generale: materiali altamente resistenti all’abrasione, possibilmente con ampie prese d’aria, apribili all’occorrenza. Il secondo strato, che solitamente viene indossato al di sotto ma che in molti casi, può essere indossato anche sopra al primo, è composto da una giacca e un pantalone impermeabile. Nel caso in cui siate intenzionati a guidare ad esempio in montagna, elevandovi quindi di altitudine, o vi capiti per qualsiasi motivo di dovervi coprire, dovrete fare ricorso al terzo strato, composto da un ulteriore layer trapuntato. Così, per prendere parte alla HAT, ho deciso di affidarmi all'ultimo completo realizzato a questo proposito da Dainese. Si tratta del completo SPRINGBOK 3L (dove 3L sta per three layer) ABSOLUTESHELL™, a cui è abbinato un paio di guanti KARAKUM, un paio di stivali SEEKER GORE-TEX® e un casco AGV AX9 con sistema interfono ARK.
La giacca SPRINGBOK si caratterizza per la presenza di due ampie prese d’aria nella parte frontale le quali, unitamente alla presa d’aria posteriore, rendono questa giacca, di fatto, un capo perfettamente adatto ad essere utilizzato anche nelle giornate più calde delle nostre estati. Questa capacità di trasformarsi in una giacca estremamente areata è molto importante perché in off-road, ricordatelo, si suda, si fa fatica e l’aria che arriva spesso è poca. Una delle due tasche è perfettamente impermeabile e il piccolo logo a fianco a una di esse è, in realtà, un magnete a cui è possibile attaccare i guanti dotati di tecnologia TEK MAGIC CONNECTION: un dettaglio apparentemente banale ma che nel caso di viaggi con molti bagagli è davvero utilissimo per i piccoli trasferimenti con le mani occupate. Sul retro è presente una tasca cargo con accesso obliquo: qui è possibile alloggiare oggetti voluminosi, compreso, magari lo strato impermeabile per la parte superiore del corpo. Grande attenzione è naturalmente rivolta da Dainese alla sicurezza: la giacca è certificata AA e al suo interno sono presenti protezioni di tipo Pro-Armor di Livello 2. Per confezionare questo prodotto, Dainese ha ideato un nuovo materiale che ha denominato Mugello. A caratterizzarlo è l’utilizzo di fibre di micro nylon e tessuto elastomerico. Tale composizione conferisce alla giacca una spiccata resistenza all’usura e allo strappo, oltre a renderla altamente confortevole, poiché in grado di estendersi e poi tornare alla sua forma originale, garantendo così ampia libertà di movimento. Grazie all’impiego di nanotecnologie, la sola asciugatura all’aria permette di ripristinare le proprietà idro e oleorepellenti di questo materiale, che si aggiungono alla protezione fornita dal secondo layer, rendendo così superflua la stiratura dei capi.
Gli stessi criteri di sicurezza e composizione sono stati adottati per i pantaloni, anche loro dotati di protezioni analoghe e anche loro dotati di apertura nella parte frontale per assicurare la massima traspirabilità. Il secondo strato di questo completo, come detto, è composto da i layer impermeabili. Lo scudo anti pioggia e anti vento è costituito da una membrana in grado di raggiungere le massime prestazioni di impermeabilità e i migliori standard di traspirabilità, che può, inoltre, essere indossata con estrema disinvoltura anche da sola, come spolverino, una volta arrivati a destinazione. La sua struttura flessibile, inoltre, consente una totale libertà di movimento, un altro dettaglio fondamentale per la guida in off-road. A completare il kit ci pensa il terzo strato, composto da un’imbottitura termica, caratterizzata da un elevato potere isolante, che permette di mantenere una temperatura corporea costante, anche nel caso di un drastico abbassamento delle temperature. Ad accompagnare il completo SPRINGBOK, una coppia di stivali SEEKER GORE-TEX®. Ora, discorso generale: per fare adventouring DOVETE avere un paio di stivali in Gore-Tex. Dovete perché c’è il 99% di possibilità che per un motivo o per l’altro dobbiate mettere i piedi a contatto con un qualcosa che è quantomeno bagnato, se non proprio dentro all’acqua. E in questo senso, i SEEKER si posizionano al top della funzionalità, adottando, in abbinata alla pelle, una membrana addirittura in Gore-Tex Performance. Presente anche una protezione sulla tibia con tecnologia Dainese Pro-Armor, un sistema di chiusura a doppia leva metallica denominato QuickLacing System e delle innovative suole asimmetriche Groundtrax® con differenziazione nella zona del cambio e del freno per garantire stabilità, aderenza e trazione ottimali sia in moto che una volta scesi dalla sella. Continuando con la carrellata, per proteggere le mie mani ho utilizzato un paio di KARAKUM.
Si tratta di guanti estivi adventure, realizzati con tessuto ventilato ed elasticizzato knitted e palmo in pelle di capra (non ridete). Sulle nocche sono poi presenti protettori Ergo-Tek: una tecnologia che Dainese ha sviluppato studiando l'anatomia e le dinamiche di movimento della mano nella guida in moto, in grado di conferire grande mobilità e sicurezza, coprendo le zone più soggette ad urti e abrasioni. Ultimo ma non ultimo il casco, un AX9, dotato di interfono Ark. Per quanto riguarda il casco ci sono varie scuole di pensiero: frontino sì, frontino no, visierino parasole sì, visierino no, maschera, non maschera, ecc., ecc.. Lato frontino, a mio avviso si tratta di un accessorio comunque utile a riparare la vista dal sole, soprattutto nelle tratte di off-road o sulle strade statali, soprattutto su moto come queste in cui la posizione di guida è particolarmente eretta. Questo, nel dettaglio, è di nuova concezione, studiato per assicurare la minima resistenza possibile nei trasferimenti autostradali, pur garantendo la massima funzionalità contro il sole. Il casco che ho utilizzato monta una visierà fumé, optional. Non è, infatti, presente all’interno del casco un visierino a scomparsa. AGV ha deciso di adottare una filosofia che vede la sicurezza come aspetto irrinunciabile, evitando, quindi, di ridurre l’imbottitura in una zona tanto delicata come quella della parte frontale della nostra testa. Gli interni sono resistenti all'acqua e traspiranti, consentendo di evacuare l'umidità, per assicurare il massimo comfort anche dopo svariate ore di utilizzo. L’AGV AX9 è comunque personalizzabile, potendo essere utilizzato senza frontino e senza visiera, grazie alla predisposizione della calotta per l’alloggiamento di una maschera da motocross.
La navigazione con tracce GPX
Uno degli aspetti più respingenti della guida in adventouring è quello dell'utilizzo delle tracce GPX. Di che si tatta? Le tracce GPX si chiamano così per il formato che le caratterizza: sono, appunto, file con questa estensione. Per leggerli è necessario utilizzare un navigatore o una app per smartphone che ne consenta il caricamento. Considerate che, tecnicamente, non è nulla di particolarmente complesso: tutti i navigatori si basano su questo tipo di tecnologia, ma soltamente soltanto quelli destinati - nello specifico - alla guida in off road o, più in generale, alle attività out door, permettono di effettuare il trasferimento di questo tipo di file. La grande differenza, rispetto ai navigatori stradali, in questo caso, sta nel fatto che, attraverso le tracce GPX è possibile fissare dei way point (dei punti di passaggio sulla mappa) molto precisi e non necessariamente corrispondenti a una strada asfaltata e, più in generale, registrare - e successivamente rendere disponibili ad altri motociclisti - degli itinerari che non per forza prevedono l'utilizzo di percorsi transitabili con mezzi ordinari. Chi organizza eventi adventouring, così, nel definire le tratte che i partecipanti andranno ad effettuare coinugando esigenze di guidabilità, spettacolarità, difficioltà e percorribilità effettiva (in termini di permessi), va a dare forma a un itinerario che è poi reso disponibile attraverso la condivisione di questo tipo di file, prima della partenza.
Come accennato, per leggere questi file, è possibile fare ricorso a diversi strumenti. I più tecnici rifiutano l'utilizzo dei telefoni per due ordini di ragioni: la loro capacità di resistere a intemperie, urti e più in generale tutto ciò che accade fisicamente intorno alla moto, a cui si aggiunge l'impossibilità teorica, per gli smartphone, di lavorare in assenza di segnale telefonico. In realtà, entrambe le contestazioni sono state abbondantemente risolte nel tempo: i telefoni, ormai, sono ampiamente impermeabili (non soltanto agli schizzi, ma anche a potenziali vere e proprie immersioni in acqua) e numerose app consentono di scaricare in locale le mappe di intere regioni, così da lavorare anche in assenza di segnale. L'unico vero problema residuo resta l'alimentazione, che nel caso dei telefoni diventa una necessità imprescindibile anche in marcia e che, con alcuni modelli, specialmente nelle giornate più calde, porta a un surriscaldamento che può portare a spegnimenti o bloccaggi indesiderati.
Per prendere parte alla HAT Sanremo-Sestriere 2023 noi abbiamo utilizzato un comunissimo iPhone 12, collegato via cavo alla presa di alimentazione USB presente dietro al dashboard della KTM Adventure 890 2023 che abbiamo usato. Lato software ci siamo affidati a Whip, app che avevamo già ampiamente sperimentato in precedenza e che unisce alle caratteristiche di un navigatore, l'aggregazione di una community di appassionati di attività all'aria aperta, consentendo di condividere e utilizzare mappe realizzate da altri utenti, oltre che monitorarne le attività. Per completezza, l'app probabilmente più diffusa al momento resta ancora OsmAnd: forse più tecnica, sconta, a nostro avviso, una user experience e una praticità nell'utilizzo che comincia a risentire di un approccio esageratamente old school. Insomma, se vi piace andare in giro con la bussola, probabilmente la apprezzerete, ma se siete su queste pagine, noi suggeriamo il progresso (Whip). Un dettagliato focus su questo tema è comunque presente nel video che vedete in apertura (guardatelo!).
La HAT Sanremo-Sestriere 2023
Giunta oramai alla sua quindicesima edizione, la HAT Sanremo-Sestriere è l'evento adventouring per antonomasia - di certo nel nostro Paese, ma verosimilmente anche a livello europeo e non solo. HAT, che sta per hard alpi tour, è un'iniziativa di Nicola Poggio e Corrado Capra (soltanto omonimo di chi vi scrive): due a cui si deve, indubitabilmente, un grande merito per la diffusione di questa disciplina tra i confini di casa nostra. Un brand che è ormai sinonimo di adventouring e che, non a caso, ha trovato nel tempo varie declinazioni, con la nascita di numerosi appuntamenti durante l'anno. Oltre alla tradizionale Sanremo-Sestriere di settembre, infatti, il calendario HAT - che è diventato così HAT Series - si è arricchito delle cosiddette Adventourfest - incontri in una determinata località, tra aziende e pubblico (che è ammesso gratutiamente), durante i quali è possibile provare moto, conoscere prodotti e incontrare piloti e viaggiatori protagonisti di questo mondo - e delle Marathon, di cui fa parte, appunto la Sanremo-Sestriere e a cui si è aggiunta la Pavia-Sanremo.
Per i più ardimentosi, l'organizzazione ha previsto, ancora, le varianti Extreme e Extreme 1000. In questo caso, la partenza è anticipata di una notte. I partecipanti, partono, così la sera del giorno 0 (quello in cui tutti gli altri si presentano per il ritiro delle tabelle e dei gadget compresi con l'iscrizione), trovandosi, in questo caso, a gestire non una, ma due nottate in autonomia. Il percorso Extreme prevedeva, quest'anno, oltre 700 Km di guida totale, mentre la Extreme 1000, riservata a 40 partecipanti che avessero già concluso per intero almeno una Extreme, sfiorava, per l'appunto i 1000 Km.
Per tutti, l'evento si svolge complessivamente nell'arco di tre giorni: arrivo a Sanremo il venerdì pomeriggio, ritiro del numero di partecipazione (l'adesivo da applicare sulla moto che permette l'identificazione del partecipante), del tracker (che consente agli organizzatori di monitorare la posizione del partecipante lungo il percorso), e degli eventuali gadget messi a disposizione dall'organizzazione grazie ai suoi sponsor. Sempre il venerdì sera viene, inoltre, effettuato un briefing che, oltre a mettere in luce gli highlights della singola edizione (Paesi presenti, eventuali delegazioni speciali, ospiti, brand coinvolti), consente di fornire delle indicazioni ai partecipanti sul percorso e su eventuali difficoltà o aspetti di particolare interesse necessari per affrontare l'esperienza con la massima soddisfazione e sicurezza. Le tracce GPX vengono inviate via mail poche ore pirma dell'evento, mentre sempre per il venerdì sera è fissata, come accennato, la partenza dei partecipanti alle due varianti più lunghe della manifestazione.
Ok ma come funzionano gli eventi Marathon? Partiamo dalle basi: come iscriversi. Sembra una banalità ma, fin dal principio, vi troverete davanti all'esigenza di decidere a "quale" Sanremo-Sestriere partecipare. Di ogni evento Marathon, infatti, esistono diverse varianti di percorso. La Sanremo-Sestriere 2023 era prevista nelle varianti: Discovery, Classic, Extreme e Extreme 1000. La Discovery è la variante di accesso a questo tipo di eventi: discovery, appunto, per "scoprire" come sono. A distinguerli dalla versione Classic è la sosta notturna tra i due giorni di manifestazione, oltre a un chilometraggio ridotto, con l'esclusione di qualche passaggio eccessivamente enduristico e con una leggera prevalenza di chilometraggio su asfalto, invece che su sterrato. La versione Classic è la prima e, appunto, più classica variante, nata oltre 15 anni fa. Circa 530 Km, da percorrere in due giorni con sosta in autonomia. Che significa? Significa che il come, il dove e il quando fermarvi a riposare lo decide il partecipante. Lungo il percorso - ma vale per tutte le varianti - sono presenti ristori e punti di aggregazione, ma se e quanto dormire, sarà una scelta che spetta a chi guida. In questo senso, non va dimenticato che trattasi di eventi marathon: se scegliete il percorso Classic e poi buttate una tenda per otto ore in un prato, difficilmente arriverete al traguardo prima che la manifestazione sia dichiarata conclusa. Tipicamente, chi sceglie questa variante, effettua una sosta di qualche ora, dopo aver guidato in nottura fino ad oltre metà del percorso. Si tratta, come è evidente, di un tipo di sfida a cui non tutti desiderano sottoporsi. A questo proposito, tuttavia, non va dimenticato che è sempre possibile abbandonare i percorsi ed eventualmente ricollegarsi agli stessi dopo averne tagliato una parte su strada. Non è una gara! Questo è importante tenerlo a mente.
La mattina del sabato è prevista la partenza delle varianti Discovery e Classic, con la prima chiamata a prendere il via in anticipo sulla seconda, in ragione della presunta maggiore lentezza dei partecipanti, nonostante il chilometraggio ridotto. Lungo la strada, come accennato, sono presenti dei ristori e a metà percorso è allestito una sorta di "villaggio" dove i partecipanti possono cenare e riposare prima di ripartire o di andare a letto (nel caso della Discovery).
Nella giornata di domenica è, infine, prevista la copertura dell'ultima tratta, con arrivo a Sestriere di tutti i partecipanti e chiusura della manifestazione nella seconda metà del pomeriggio.
Da non sottovalutare la necessità di fare rientro, poi, alle rispettive abitazioni: una parte della giornata che implica altre ore in sella, su percorsi che di certo non sono sterrati ma che possono presentare grandi motivi di stress, in termini di traffico e congestione stradale (a chi vi scrive, facendo rientro, quest'anno, è capitato di incappare in un incidente che ha necessitato dell'ATTERRAGGIO DI UN ELICOTTERO IN AUTOSRADA: non quello che ci voleva dopo 16 ore di moto in due giorni).
Ora, come è stata la Sanremo-Sestriere di quest'anno? Bellissima. Complice un clima semplicemente perfetto, abbiamo goduto di due giorni che ci hanno permesso di passare dai paesaggi marini e prealpini della Liguria, alle creste del Colle dell'Assietta e delle Alpi piemontesi, tra percorsi che sono sempre stati in grado di assicurare il giusto compromesso tra tecnicità e scorrevolezza.
Punti "troppo" impegnativi? Come in ogni edizione, gli organizzatori hanno deciso di introdurre almeno un paio di tratte più "sfidanti", in ogni giornata - ci riferiamo in particolar modo alle varinti Discovery e Classic, altro discorso per le varianti Extreme e Extreme 1000, decisamente più ricche di passaggi di questo tipo. Sono questi i momenti di guida più impegnativi ma anche i più memorabili: quelli per cui, in qualche maniera, ogni partecipante a questo tipo di evento è felice di poter fare rientro a casa, consapevole di aver messo alla prova le proprie abilità di guida.
Conclusioni
In un mondo in cui le moto da strada sono sempre più veloci, ma le strade sono sempre più trafficate e sempre meno sicure, l'adventouring sta trovando terreno fertile rappresentando quella boccata di libertà che, per molti, rappresenta la vera essenza del motociclismo. Poter montare in sella, percorrere tanta strada, visitare, fare turismo, ma anche esplorare, guidare la propria moto a contatto con la natura e, allo stesso tempo, applicare una tencica di guida che consente di acquisire maggiore sensibilità e abilità nel gestire la moto, è un connubio per alcuni irresistibile. L'adventoruing è di certo destinato ad espandersi ancora, nei prossimi anni, e questa guida - lo speriamo - potrà essere utile a quanti di voi non sanno ancora se questo tipo di esperienza faccia al caso proprio. Insomma, comprate una moto adatta, vecchia o nuova, mono o bicilindrica, e iscrivetevi al prossimo evento in programma. Non ve ne pentirete.