Lui lo sa. Più di tutti e nella maniera più atroce. Però le corse glielo hanno ricordato ancora, questa volta mettendolo davanti a immagini che pensava di non dover vedere più: un suo pilota che cade e finisce travolto dagli avversari che nel frattempo sopraggiungono. Roba che basterebbe a dire basta. Per chiunque, tranne per chi, appunto, lo sa già. E, anzi, ha pure la forza di una reazione che ancora una volta è differente, quasi di sfida al futuro in nome di una passione che è troppo grande – e da quattordici anni anche non più solo terrena – verso il motorsport. Paolo Simoncelli ha raccontato la sua tremenda – ma paradossalmente anche fortunata – Assen nel blog della SIC58 Squadra Corse.

“In questi anni – ha scritto - abbiamo fatto passi enormi in termini di sicurezza, ma non basta mai. Gli airbag aiutano, ma ci sono cose che non si possono prevenire. La pista non perdona, a volte ti lascia solo un attimo per reagire. Si potrebbe dire che la sfortuna ci perseguita, ma noi non possiamo permettercelo. Noi che sappiamo bene come finisce davvero quando il destino suona il gong. Noi che ci basta alzare gli occhi nel box per ricordarci che il motociclismo è bello, sì, ma anche bastardo e imprevedibile. Perché il motociclismo non si spiega. Si ama, si soffre, si vive. E anche quando fa male non riusciamo a starne lontani”.
Poche parole che bastano da sole a raccontare quella spinta verso le corse che è vitale anche se sfida la morte e anche se con la morte c’ha fatto i conti veramente e non per sentito dire. E’ qualcosa che va oltre i risultati, le analisi di un week end e i soliti discorsi su sicurezza, penalità e cosa fare per migliorare ancora e di più la tutela della vita. C’è di mezzo – lasciatecelo dire – anche una paradossale fiducia nel destino, quasi a volersi ricordare ogni volta che tanto sarà sempre e solo lui a decidere. E che a chi è “solo umano”, semmai, resta solo la scelta su cosa è “sfortuna” e cosa, invece, è “fortuna”.

“Avevo saltato il GP del Mugello – scrive ancora Paolo - pensando di aspettare Assen per raccontare qualcosa di boom…wow!. Il boom c’è stato, ma è stato un disastro: torniamo a casa lasciando Luca Lunetta in ospedale, operato tra la notte di domenica e lunedì.Stava facendo una gara esemplare, con tanto di doppia rimonta: partito diciottesimo, risalito fino al quinto, risucchiato nella mischia e di nuovo giù al decimo posto, ma senza mollare. Ha ritentato la scalata fino alla zona quarto posto. Poi l’impatto. C’è Sempre qualcosa che va storto e che ci frena, sempre a un passo da una bella storia che invece si trasforma in altro. Si sta rivelando un viaggio pieno di imprevisti. Sfortunato, ma con la fortuna – se così si può dire – di essersi ‘solo’ rotto tibia e perone, perché se già quando cadi è una partita a poker, quando succede con dietro altri dieci piloti è proprio una partita con la dea bendata”.
Sono le corse e Paolo, purtroppo, può solo ribadirlo con la voce di chi conosce meglio di chiunque altro l’unica grande legge del motorsport: comanda il destino. Con gli uomini che, invece, devono provare a comandare, semmai, le performance e Paolo che torna subito dopo a parlare da uomo squadra per raccontare la sua SIC58 al netto della sfortuna (o fortuna) di Lunetta. “In moto3 siamo forti - conclude - abbiamo un pilota che può fare la differenza, che ci mette sempre tutto se stesso. Spero di riaverlo per l’Austria il 15 agosto, nel mentre abbiamo preso il giovane Phommara Lenoxx. Passiamo a Stefano Nepa: forse gli dovrei dire che sono gare di velocità e non di Endurance?! perché è partito nelle retrovie e li è rimasto, la media è zero sorpassi nelle ultime due gare. E la MotoE? Tutti pensano sia una moto facile, invece è una categoria difficile, in cui si guida una moto che pesa 250kg. L’elettrica o la ami o la odi. E, non avendo abbastanza risonanza mediatica, è una categoria che non ha molto spazio. Questi ragazzi girano poco, cinque o sei giri per turno e sei di gara: non hanno tempo per ambientarsi. Vorrei fosse chiaro che chi arriva anche un po’ indietro non è una schiappa”.
