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“A Valencia nel 2015 gli spagnoli insultavano me, Marquez e mia madre”: Jorge Lorenzo su “codardia”, “arroganza” e “ferite che bruciano ancora”

  • di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

21 maggio 2024

“A Valencia nel 2015 gli spagnoli insultavano me, Marquez e mia madre”: Jorge Lorenzo su “codardia”, “arroganza” e “ferite che bruciano ancora”
Un Jorge Lorenzo così non s’era mai visto: introspettivo e pronto a raccontare anche la parte umana. Quella che il padre Chicho non è riuscito a allenare contro tutto e tutti e che, quindi, qualche cicatrice la porta ancora addosso. C’entra il 2015, c’entra Valentino Rossi e quello che è stato, ma c’entra pure il “rifiuto della codardia” e l’essere “sempre stato attratto dalle persone arroganti, un po' presuntuose, con molta sicurezza e che dicono quello che pensano”

di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

Di tutto quello che ha vinto e ha fatto nelle corse sappiamo ogni cosa, del rapporto conflittuale ma produttivo che ha avuto con il padre anche. E sappiamo tutto pure della bella vita che ha deciso di condurre da quando non corre più in moto, compresa qualche serata con il bicchiere in mano. Mai, però, Jorge Lorenzo s’era lasciato andare in una intervista che sembrasse più simile a una seduta di psicanalisi che a un esercizio giornalistico. Chi è riuscito a trovare la chiave dell’anima di Jorge è stato Jordi Wild, che lo ha invitato a partecipare al podcast "The Wild Project".

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Mio padre mi ha cresciuto e allenato come una macchina

Il cinque volte campione del mondo ha messo da parte in qualche modo la maschera che è solito indossare e ha spiegato tanto del personaggio che è oggi. E di quelle caratteristiche che gli hanno permesso da un lato di diventare una leggenda nel suo sport, ma dall’altro gli hanno negato qualcosa di cui, invece, aveva probabilmente bisogno anche lui: piacere alle persone. “Chi dice di amare le critiche mente a tutti – ha confessato – La verità è che ci piace compiacere. Piacere ci fa stare bene. Io sono sempre stato attratto dalle persone arroganti, un po' presuntuose, con molta sicurezza e che dicono quello che pensano. Non mi piacciono i diplomatici, non mi piace l’ostentazione del bell'aspetto. Come sportivo sono stato una macchina. Mio padre mi ha cresciuto e allenato come una macchina e io avevo formato la mia mentalità leggendo, osservando, migliorandomi sempre ogni anno. Conoscevo il mio obiettivo e lo avrei raggiunto ed essendo testardo sapevo che ce l'avrei fatta".

Jorge Lorenzo

Mettersi in salvo dalla popolarità di Valentino Rossi

Un modo di essere che lo ha reso vincente e che gli ha permesso di non finire travolto dalla popolarità di Valentino Rossi, come era successo fino ad allora a tutti gli avversari del 46. Ma che umanamente gli ha lasciato qualche ferita che brucia ancora. “Quando abbassavo la visiera pensavo solo a vincere – ha spiegato – Perché se avessi pensato che ero l’avversario di Rossi, con tutta l’attenzione che aveva, sarei finito con il perdere l’autostima visto che rispetto a Valentino io e tutti gli altri eravamo nessuno. Tra i miei ricordi più forti c’è quello che è successo a Valencia nel 2015: arrivai al parco chiuso da campione del mondo, ero felicissimo, ma appena tolto il casco mi sono accorto che la gente fischiava me e Marc Marquez. Eravamo in Spagna e gli spagnoli, o almeno molti di quelli che erano lì, fischiavano Marc Marquez e il pilota che aveva appena vinto il titolo mondiale. C’era il giallo ovunque a Valencia quel giorno. Ricordo che dopo il podio e i festeggiamenti ufficiali ero nel mio motorhome con la musica e con tutti i miei amici: quelli dovevano essere i momenti più belli della mia vita. Ma c'era un gruppo di 20, 30 persone che insultava mia madre, la mia migliore amica e mi gridava di aver rubato la Coppa del Mondo. Erano spagnoli. È come se i giocatori del Real andassero al Bernabeu e gli fischiassero contro".

Valentino Rossi e Jorge Lorenzo dopo il podio del 2015

Esco poco, ma quando esco è per divertirmi sul serio...

Un ricordo che lascia ancora molta amarezza nel cinque volte campione del mondo. Ma che comunque fa parte di una carriera che è stata pazzesca e del bagaglio personale di un uomo che allo sport ha sacrificato tanto, ma raccogliendo anche altrettanto. “In Indonesia, ad esempio, sono più famoso che in Spagna o in Italia – ha raccontato ancora – Negli anni d’oro Valentino e io lì eravamo idoli seguiti da centinaia di migliaia di persone. Avere tanti tifosi è bello, ma la verità è che c’è anche tanta gente codarda che da una parte ti osanna e poi, appena ti giri dall’altra parte, dice cose di ogni tipo. Io questo non lo sopportavo e non facevo buon viso a cattivo gioco. Ma non è stato facile”. Non lo è stato al punto di arrivare a stancarsi presto delle corse e del motomondiale, con la così detta sindrome da appagamento che ha cominciato a farsi sentire soprattutto quando il grande spavento di Assen ha lasciato il segno. Con la decisione, a quel punto di dire basta e godersi finalmente la vita. Anche esagerando, qualche volta, con i drink, ma senza andare mai troppo oltre il limite. “Esco poco, ma quando esco non mi faccio mancare niente – ha confidato Lorenzo, accennando un sorriso malizioso - Controllo la quantità di alcool, perché l'alcol può darti un po' di felicità, ma se bevi troppo spesso anche quell’effetto svanirà, quindi devi controllarlo. Anche l'alcol è una droga. Ma ehi, è permesso e cerco di non abusarne, ma quando esco a far festa bere regala una certa gioia”.

JorgeLorenzo_Instagram

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