Ti ami, stai insieme, condividi pure quelle piccole cose quotidiane che ti rendono magari un po’ stravagante ma che caratterizzano e rendono unica la tua persona e che restano intime. E poi ti lasci. E lì l’ex di turno, che le ha vissute come una normalità, finisce per raccontarle senza rendersi pienamente conto che invece dovevano sarebbe stato meglio evitare. Magari in buona fede, senza necessariamente voler sput*anare o cercare chissà quale vendetta. Ecco, è più o meno quello che ha fatto anche Jack Miller nella sua lunga intervista al podcast Gypsy Tales (di cui avevamo già parlato qui) quando, in perfetto stile Jack Miller, ha spiegato con un esempio tangibile e concreto quello che tutti hanno dovuto capire da un pezzo: Ducati è Ducati perché ha il coraggio di osare.Inventare, produrre, scommettere. Oh, è quasi filosofia, altro che motorsport.

Sì, la grande rivoluzione di quelli di Borgo Panigale – che ha letteralmente mandato in crisi i giapponesi, abituati a lavorare con un metodo diametralmente opposto – è stata quella di accorciare i passaggi tra idee, progetti e sperimentazione direttamente in gara. Ok, ma Jack Miller quindi non ha detto niente di nuovo? In realtà no, solo che quella consapevolezza di tutti, che fino a ora era rimasta un po’ astratta sul “come” e sul “quando”, adesso ha pure un esempio che rende tutto più chiaro. E quell’esempio l’ha fornito proprio l’australiano, raccontando di una volta che entrando nel retro di uno dei camion Ducati, quando anche lui era un pilota del Team Lenovo, s’è trovato davanti uno stranissimo oggetto. Cosa? Una sofisticata stampante 3D.

“Entrai nel camion e quasi metà del retro del mezzo era occupato da un macchinario che lavora senza sosta per 24 ore al giorno – ha svelato Miller – Quando l’ho visto la prima volta mi sono detto che diavolo fosse quella roba. Hanno una fot*uta stampante 3D che non si ferma mai”. Niente di irregolare, sia inteso, e assolutamente niente che possa risultare antisportivo o sul filo delle norme. Tutto perfettamente dentro le prescrizioni, ma abbastanza per capire quello che tutti sanno e che poi Jack Miller ha ulteriormente sintetizzato così: “La gente non ha idea di quanto sia avanzata quella fabbrica. Il livello di tecnologia di cui dispongono è fuori dal mondo".
Sì, il livello di tecnologia è fuori da mondo, anche se parliamo di una casa costruttrice che è relativamente piccola davanti a colossi industriali come Honda e Yamaha. E a fare la differenza, di sicuro, non è una stampante 3D nel retro del motorhome, ma il fatto stesso di aver pensato di far lavorare un macchinario così direttamente nei fine settimana di gare. Non produce, chiaramente, parti per il motore o che rientrano tra gli elementi non modificabili, ma piccoli pezzi che possono servire esattamente lì e esattamente in quel momento lì. Roba da Gigi Dall'Igna. Roba che altri avrebbero considerato pura follia fino a pochissimi anni fa, quando tutto funzionava secondo uno schema decisamente diverso, fatto di idee che ci mettevano un bel po’ a diventare progetti e di progetti che ci mettevano ancora di più a diventare “parti” o “componenti” da portare in gara solo dopo mesi e mesi di test e calcoli.
