Rino Gattuso è il nuovo commissario tecnico della Nazionale Italiana di calcio, e con lui arriva una ventata di orgoglio, determinazione e quella grinta che ha sempre contraddistinto la sua carriera. Ma la domanda che tutti si pongono è: davvero sarà l’uomo giusto per riportare l’Italia ai vertici del calcio mondiale? "Un sogno che si avvera", ha dichiarato lui in conferenza stampa questa mattina presentato dal presidente della Federazione Gabriele Gravina, consapevole che la strada per risollevare la Nazionale non sarà facile. C’è da lavorare, certo, ma c’è anche la ferma convinzione che "i talenti italiani ci sono", basta solo metterli nella condizione di brillare. Quindi, per Rino, non è più tempo di guardare al passato, alla nostalgia dei grandi numeri 10, ma è ora di reinventarsi, tornando a una mentalità di squadra che sappia riconnettersi con la propria essenza. Gattuso, però, non si limita a parlare di tecnicismi, ma si spinge oltre parlando di mentalità, di entusiasmo e di "famiglia", parole che risuonano forti, come un inno al ritorno alla purezza dei valori del calcio italiano. E in questo Gattuso non si discosta, ma anzi incarna l'identità di una politica che è maggioritaria negli ultimi anni nel Paese. La sua fede cattolica, oltre all'italianità che ha sempre dichiarato come una fonte di forza nelle sfide più difficili, è un altro elemento che si inserisce nel suo discorso: "So che Dio mi darà forza" ha detto, e questa dichiarazione non è solo un segno di scaramanzia, ma una consapevolezza profonda che lo ha animato costantemente.

Nazionalità, famiglia, fede. In poche parole il nuovo ct sembra ricalcare il famoso slogan di Giorgia Meloni: "Io sono Giorgia: sono una donna, sono una madre, sono cristiana". Gattuso incarna così una visione simile per la Nazionale: una squadra che si fonda sulla forza della comunità, su un ritorno ai principi fondamentali del nostro calcio, ma anche su una cultura cristiana della vita e dello sport, dove la lotta, la determinazione e la fede sono al centro. Un dato, su tutti, getta luce su un tema che Gattuso ha sottolineato con forza: la presenza di calciatori stranieri in Serie A. Secondo i numeri più recenti, ben il 68% dei giocatori che calcano i campi della massima serie italiana sono stranieri, contro un 32% di italiani. Un divario che, secondo Gattuso, deve far riflettere. La sua visione è chiara: l'Italia deve tornare a puntare sui propri talenti. Non si tratta di escludere gli stranieri, ma di garantire maggiore spazio ai giovani italiani, che devono essere valorizzati e messi in grado di esprimersi al meglio. La sua idea di calcio non si limita al singolo giocatore, ma abbraccia un concetto di squadra, dove la coesione e la mentalità vincente sono gli ingredienti principali. È un calcio che non dimentica le tradizioni, ma che sa adattarsi alle sfide di un calcio europeo sempre più globalizzato e competitivo. Eppure, nonostante i numeri che parlano chiaro, Gattuso è convinto che la Nazionale possa farcela, forte di una generazione di talenti che, se ben guidati, possono arrivare lontano. La presenza di Gigi Buffon accanto a lui nel ruolo di capodelegazione è la conferma che, al di là della passione e della voglia di riscatto, questa Nazionale ha bisogno di esperienza, di equilibrio, di persone capaci di fare sintesi tra grinta e razionalità. Buffon, che conosce bene Gattuso, lo descrive come un uomo che ha sempre messo in campo una squadra con una propria identità (altro concetto caro a una determinata parte politica), un calcio organizzato e razionale, capace di esprimere valore e carattere. Eppure, non basta solo la grinta per vincere. Gattuso è l’uomo giusto per questa Nazionale dal punto di vista del temperamento, ma il suo vero banco di prova sarà nei risultati. La sfida più grande non è solo costruire una squadra che giochi con cuore e determinazione, ma anche che sappia adattarsi alle nuove dinamiche del calcio internazionale. Gattuso sicuramente è in grado di tirare fuori il meglio dai giocatori dal punto di vista caratteriale, ma saprà farlo anche su quello tecnico-tattico? La risposta la darà il campo. Intanto una cosa è certa: l'egemonia culturale sembra essere passata anche nel calcio italiano.
