Le cose sono due: o sassolini nelle scarpe non ne ha davvero, oppure vincere un mondiale vale per così tanti sassolini da far preferire il silenzio. Gino Borsoi nel giorno dopo dell’impresa di Martin e Pramac, capaci di vincere un titolo mondiale senza essere factory, entra sereno in sala stampa, col solito sorriso e uno Spagnolo da fare invidia agli spagnoli. E proprio in castigliano che risponde alle domande e racconta un po’ della grande festa e della lunga notte, ma soprattutto, di un campionato che lui ha sempre sentito di poter vincere davvero.
“Lo scorso anno c’eravamo arrivati con quattro dita – scherza – quest’anno con tutta la mano”. Nessuna polemica, niente da dire sulle scelte fatte da Ducati, “loro erano al corrente di tutto più di quanto potessi esserlo io e se hanno scelto così è perché così doveva essere”, e solo tanta voglia di ribadire quanta fierezza può esserci nel cuore di un uomo che prima ha fatto il pilota e adesso fa il team manager. E che all’inizio della sua avventura nel Motomondiale senza la tuta e il casco ha incontrato proprio i due fenomeni che in questo 2024 si sono giocati il titolo. “Jorge e Pecco stavano insieme, dormivano anche insieme, è una storia incredibile – ha proseguito – un intreccio bellissimo e anche se il talento di entrambi era chiarissimo all’epoca chi poteva pensare che si sarebbero giocati la Coppa del Mondo così in MotoGP? Martin ha conservato poco del ragazzo che era in quegli anni, perché è maturato tantissimo. Ma in due cose è esattamente rimasto lo stesso: l’aggressività e quel modo di guidare che ha che ti fa innamorare. Già all’epoca raggiungeva angoli di piega incredibile, io mi ci incanto a vedere Martin sopra una moto”.
Un cambiamento, racconta ancora Borsoi, che è avvenuto nel tempo, ma che ha fatto lo step definitivo nell’ultimo anno, dopo la delusione del titolo perso nel 2023 proprio contro Pecco. “Abbiamo parlato tanto, soprattutto nel finale di stagione e durante questo week end qui a Barcellona – ha spiegato – Jorge ha lavorato tantissimo su se stesso e ha smussato alcuni lati della sua persona che lo hanno portato a un rapporto diverso con tutti, anche con il pubblico stesso. Credo che tutto il mondo se ne sia accorto. Dal punto di vista della guida, magari, è stato un pochino meno veloce, ma ha trovato quella costanza che è servita per diventare campione del mondo. Lo scorso anno, quando le cose magari non andavano, come tutti i piloti tendeva a arrabbiarsi, in questa stagione ha trovato una serenità incredibile e poi quella serenità l’ha trasmessa a tutti. Come si dice: se il direttore d’orchestra ha la bacchetta storta il suono esce distorto”.
La promessa mantenuta di Ducati e Gigi Dall'Igna
Il resto lo ha fatto Ducati, con Borsoi che risponde ai giornalisti spagnoli se in Italia hanno preso male la vittoria di Martin e Pramac. “Ho ricevuto tanti complimenti – ha tagliato corto – in primis da Ducati. Senza Ducati questo non sarebbe stato possibile. Sentivo, soprattutto negli ultimi mesi, che si dicevano cose assurde, ma avevo parlato con Gigi Dall’Igna e mi aveva garantito che non sarebbe successo nulla di quello che la gente diceva e quindi non ho mai creduto a certe cose. Ducati ci ha supportati dal primo all’ultimo minuto e di questo possiamo solo ringraziarli. La nostra chiave? Abbiamo saputo essere famiglia mantenendo il carattere di una grande struttura. E’ chiaro che trattamento da ufficiali non significa essere come un team ufficiale, perché in Ducati ci sono molte più persone e una organizzazione molto più complessa, ma abbiamo fatto davvero un gran lavoro. Dentro di me ho sempre saputo che sarebbe stato possibile e più ci avvicinavamo al gran finale e più ci credevo”.
Ci ha creduto anche quando Jorge Martin, in Malesia, gli ha detto che avrebbe provato a vincere. “Conosco Jorge – ha detto ancora Borsoi – ho imparato a conoscerlo anche nel cambiamento che ha avuto in questo anno e non ho mai avuto paura. Tanto che in Malesia gli ho detto di fare quello che si sentiva perché sapevo che non avrebbe esagerato. E’ stato un bene che ci abbia provato perché credo che quello che hanno fatto Martin e Bagnaia a Sepang resterà nella storia come una delle pagine più belle del motociclismo. Io ho perso diversi chili nel box, ma ne è valsa la pena perché sono stati incredibili”.
Il futuro targato Yamaha
Ora, però, è già tempo di rimettersi al lavoro, voltando definitivamente pagina. Con Borsoi che torna per un attimo con i piedi più che per terra per parlare dei test di domani. “Non cercheremo il tempo o la performance – spiega – E’ chiaro che sarà per tutti un cambiamento grande: nuove moto, nuovi piloti, nuovi uomini. Il lavoro di domani sarà cominciare a conoscersi, a prendere confidenza e non staremo di sicuro a pensare al cronometro. Sarà un inizio con le caratteristiche di ogni inizio, ma c’è tanto entusiasmo per questa nuova avventura con Yamaha. Avremo pieno supporto anche da loro e domani utilizzeremo le M1 che qui a Barcellona hanno avuto Rins e Quartararo, praticamente l’ultimo sviluppo della moto di quest’anno. Nel campionato useremo le stesse moto della squadra ufficiale e avremo esattamente trattamento da ufficiali”.
Intanto, in attesa del debutto con la M1 di domani, Pramac ha approfittato di questa giornata di mezzo stop per ufficializzare il progetto Moto2, sempre insieme a Yamaha. I piloti saranno, come si vociferava già da tempo, Izan Guevara e Tony Arbolino. “E’ qualcosa che abbiamo creato da zero proprio mentre ci giocavamo il titolo in MotoGP, partendo proprio dall’organizzazione delle cose più basilari – ha concluso Borsoi – ma è un progetto a cui crediamo tantissimo e di cui siamo entusiasti. Il valore dei piloti credo sia sotto gli occhi di tutti, non c’è molto da dire su Tony e nemmeno su Izan. Guevara, piuttosto, lo conosco anche molto bene perché è stato con me in Aspar in Moto3 e il suo talento è enorme”.