“Il secondo? Il secondo è solo il primo dei perdenti”. Enzo Ferrari la pensava così e quella risposta data nel bel mezzo di una intervista è diventata, poi, una sorta di motto ripetuto non più solo nel motosport e nello sport in genere. Solo che a guardare come è andata la MotoGP del 2024 viene da chiedersi se Enzo Ferrari ha ancora ragione. Perché il campione del mondo è Jorge Martin, che ha le stesse vittorie di Pecco Bagnaia nelle Sprint (7) e ben otto successi in meno nelle gare lunghe (3 vs 11).
Attenzione, non ci passa nemmeno per l’anticamera del cervello di sostenere che Martin possa non aver meritato il titolo o che non sia stato il più forte, ma la distinzione da fare, appunto, non può essere più solo quella tra il più forte e il più veloce. Perché mai come in questa stagione ci sono stati di mezzo i calcoli e l’accontentarsi, nonostante a giocarsi il titolo siano stati due tutto cuore e polso destro. Il più forte ha vinto, il più veloce è entrato nella leggenda. Nessun ragionamento da rosiconi e meno che mai la volontà di difendere l’italiano che ha salutato il numero 1. Il dubbio da farsi venire, semmai, è lo stesso che ha suggerito qualche giorno fa Carlo Pernat: il sistema di assegnazione dei punti della nuova MotoGP così come è impostata oggi è ancora giusto?
Magari le cose potranno anche essere lasciate come stanno, ma una riflessione è da fare e chi di dovere dovrebbe farla anche in fretta. Con ancora calde le emozioni che due ragazzi hanno saputo regalare alzando sempre di più l’asticella e senza accorgersi fino in fondo che ormai la vittoria non finisce a chi vince di più e nemmeno a chi sbaglia di meno. Ma a chi, come Enzo Ferrari non avrebbe mai pensato, arriva secondo. E’ vero che un po’ è stato sempre così e che da sempre i piloti devono portarsi in pista la capacità di ragionare, ma Pecco Bagnaia quest’anno è salito sul gradino più alto del podio per più della metà delle gare in calendario. E non è bastato. Sbagliare è qualcosa che può capitare a tutti, soprattutto a chi corre per vincere, e paradossalmente può capitare anche senza colpe dirette, mentre “vincere” succede sempre e solo a uno solo. Bagnaia è rimasto senza punti per 8 volte, ma ha anche ottenuto 8 vittorie più del rivale Jorge Martin, che alla fine è diventato Campione del Mondo. A costare cari all’italiano, più di quelli che lui ha definito “zeri” sono stati i piazzamenti che non ha ottenuto, con Martin che ha portato a casa 200 punti a suon di secondi posti e Bagnaia solo 40. La differenza sta tutta lì. E diventa difficile non accorgersi che il secondo non è più il primo dei perdenti, ma il Campione del Mondo.
Solo che il messaggio che rischia di passare, nonostante lo spettacolo meraviglioso a cui abbiamo assistito in questa stagione, è un messaggio pericoloso, perché snatura l’essenza della competizione: arrivare davanti. Arrivarsi davanti. E non limitarsi a arrivare più avanti che si può. Il paradosso è che ha dovuto accorgersene lo stesso Jorge Martin, non tanto per trasformarsi in lucido calcolatore, ma per metabolizzare l’enorme delusione di non essere stato quello scelto da Ducati, nonostante fosse proprio lui quello che vinceva di più rispetto al rivale. Insomma, Jorge Martin quest’anno ha strappato un titolo mondiale a Ducati facendo tesoro di un insegnamento, abbastanza discutibile, che proprio Ducati gli ha dato. Ma sono ancora le corse?