Non è più in Ferrari a partire dalla fine dello scorso dicembre ma lo spirito di Mattia Binotto, ex team principal della rossa e volto di Maranello da ben 28 anni, continua ad aleggiare sul paddock della Formula 1. Il motivo è semplice: dopo le dimissioni di Binotto in molti avevano fatto riferimento alla sua "presenza" nel progetto portato in pista nel 2023, che certo non è frutto del lavoro fatto da Vasseur - arrivato a Maranello a gennaio, con una monoposto ormai pronta ad essere presentata per il nuovo campionato della massima serie.
È figlia di Binotto, questa Ferrari. Non ci sono dubbi. Lo ha ribadito anche lo stesso ex team principal in più di una occasione, spiegando come da metà 2022 siano stati interrotti gli sviluppi sulla F1-75 per passare a concentrarsi su quella che oggi sappiamo essere la SF-23. Si era parlato di un "motore senza precedenti in termini di velocità" e di un "grande sviluppo rispetto allo scorso anno", tutte indicazioni che proiettavano i tifosi della Ferrari verso un cauto ottimismo che si è però interrotto in Bahrain, alla prima della nuova stagione, quando la superiorità della Red Bull non ha lasciato molte speranze agli avversari.
Mattia Binotto aveva detto, una volta uscito dalle mura di Maranello, di non avere il merito di questa monoposto perché, come tutto dentro la fabbrica del Cavallino, "appartiene alla Ferrari e alla squadra". Nel momento complesso di questo inizio di 2023 però più che i meriti a Binotto vengono attribuite, ancora una volta, tutte le colpe: sui social infatti - nelle ore e nei giorni che hanno seguito il debutto in Bahrain - in molti hanno recriminato all'ex team principal di aver lasciato "come eredità" una vettura non degna della lotta mondiale che la sta aspettando.
Tra commenti sarcastici e critiche feroci infatti sono in molti quelli che cercano un capro espiatorio dentro all'ennesima delusione in rosso: troppo presto per prendersela con Vasseur, inutile prendersela con i piloti, forse ancora più demoralizzati dei tifosi stessi. Chi resta, a cui appigliarsi? Resta chi è stato disegnato come il responsabile del progetto, nel bene e nel male, e che anche se oggi è lontano da tutto, fuori dal circus e dalle accuse di stampa e appassionati, resta il più facile da attaccare per un risultato che - almeno da quanto visto in Bahrain - non è degno delle aspettative nate nel 2022.