Mangia e il mignolo della mano sinistra gli rimane un po’, diciamo così, autonomo rispetto alle altre dita. “Eh, questo l’ho infilato in un codone. Quest’altro, invece, è un ricordo del mio connazionale Manuel Poggiali. Alcuni ricordi li ho addosso, altri a casa, compreso un Tapiro d’Oro, mica è da tutti” – Alex De Angelis scherza e ha mani da pilota. Coi segni di una storia sportiva che possono vantare in pochi. E con una cosa diversa negli occhi, diversa davvero, rispetto a tutti gli altri piloti incontrati: nel suo sguardo non c’è un filo di rammarico, non si nota neanche una vena di quella roba lì simile alla nostalgia che invece vedi in tutti gli altri che hanno smesso di correre da un po’. Succede, di solito, con quelli che hanno detto basta quando non ne potevano più, quando l’aria del paddock era diventata per loro irrespirabile e insopportabile e che, scesi dalle moto, si sono messi a fare tutt’altro purchè non fosse in odore di benzina. Invece la cosa strana di De Angelis è che gli si vede benissimo che lui di quel mondo che è stato il suo mondo è ancora innamorato perso. Perso proprio. Una roba che incuriosisce così tanto che non chiedergli direttamente il perché diventa impossibile. Anche se si è nel bel mezzo di una cena nel centro storico di San Marino, in mezzo ai rappresentanti della federazione italiana, di quella sanmarinese e pure di diversi operatori della comunicazione che gravitano nel mondo delle corse. Sì ok, il rischio è farsi mandare a fanc*lo e sentirsi rispondere: mangiamo in pace e niente interviste a tavola.
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Non è stata la risposta che ha dato. E, anzi, s’è quasi sorpreso del perchè quello sguardo che ha e quel modo lì quando parla delle corse incuriosisse così. Perché per lui la risposta è semplice. “Non ho nostalgia, rammarico o magari rabbia perché io ho avuto il privilegio di smettere quando sentivo di voler smettere. Non mi sono arrabbiato con nessuno, non è successo niente di particolare e non ci sono stati episodi che mi hanno spinto verso una decisione. Sono un po’ di anni che sono sceso dalle moto da corsa, ma quando ho deciso avevo sul tavolo tre o quattro offerte importanti davvero. Insomma: io non ho dovuto smettere, come magari succede a molti, perché non avevo contratti per l’anno successivo o perché non avevo la possibilità di guidare moto competitive o perché un medico mi ha imposto di chiuderla lì. Ho scelto e sentire di poter scegliere, prima, così come il sapere di aver scelto, dopo, è qualcosa che ti restituisce una gran serenità. Se avessi continuato avrei preso in giro me stesso e anche chi mi stava offrendo contratti. Sarei bugiardo se ti dicessi che le corse non mi mancano neanche un po’, perché nessun pilota ti direbbe mai una cosa del genere, ma non ho alcuna vena di tristezza perché, appunto, il finale, che tanto arriva per tutti, l’ho scritto come volevo, quando volevo e nella direzione che volevo pur avendo la possibilità di valutarne altre”.
Non è poco e, probabilmente, è anche la risposta più lucida mai avuta rispetto a una domanda che poteva sembrare bizzarra. Con De Angelis che intanto continua a alternarsi, tra battute in inglese con gli altri a tavola, racconti delle sue esperienze da pilota di ultraleggeri e di due "gatti enormi" che non voleva, ma che, adesso che li ha a casa, gli hanno “fatto capire benissimo tutte quelle persone che escono matte per i gatti. Sono speciali veramente, sembra ti capiscano e non è il solito luogo comune”. Così come non è il solito luogo comune il fatto che un ex pilota che diventa team manager soffra, soprattutto all’inizio, il dover stare in mezzo tra chi il pilota lo fa ancora e chi invece tiene le redini di una squadra. “Sì – ha raccontato – mi sono buttato in questa avventura del Team BLU CRU Pramac Yamaha Moto2 e sono gasatissimo. Martedì (l'intervista è stata realizzata nel fine settimana) si parte per la Thailandia. Abbiamo due piloti a mio avviso bravissimi, Arbolino e Guevara, e dobbiamo metterli nelle condizioni di tirare fuori il meglio. Dai test ci aspettavamo qualcosa di più, non è che lo nego, ma siamo una squadra nuova. Totalmente nuova. Paradossalmente io sono il privilegiato, perché è vero che non ho mai fatto il team manager, ma ho a farmi da guida Gino Borsoi, mica ce l’hanno tutti il campione del mondo dei team manager per maestro”. Il modo per chiudere col sorriso ogni passaggio lo trova sempre, tipo quei piloti che ti infilano in staccata all’ultima curva nell’unico spazio lasciato libero. Poi torna subito serio quando c’è da entrare nel dettaglio: “Nei test abbiamo sofferto problemi di chattering e il chattering è una bestiaccia, perché gli prendi male le misure. La stessa moto può averne pochissimo se guidi tu, un po’ di più se guido io o essere insopportabile se guida un altro. Arbolino ha chiuso i test con le mani spaccate, letteralmente spaccate dalla fatica che faceva sulle manopole. Quindi vedremo a Buriram, perché il chattering è di quelle cose che non sistemi girando due viti nel box, visto che ci sono di mezzo le misure del pilota, la triangolazione pedane, sella manubrio, i pesi, le caratteristiche di guida, la posizione in sella e non ultimo anche l’asfalto che trovi e le gomme che hai su. Ma siamo qui per lavorare e risolveremo tutto: forze, competenze e risorse non mancano. La Moto 2 è un po’ sottovalutata dagli appassionati, ma è veramente difficile e spettacolare e, non lo dico solo io, è il teatro perfetto per preparare i piloti al grande salto. Ecco, se ho un desiderio rispetto a questa nuova avventura, oltre chiaramente a toglierci delle soddisfazioni con il Team BLU CRU Pramac Yamaha, è quello di poter dare in qualche modo un contributo a far capire quanto ca*zo è bella la Moto 2 ”.
Quel tipo di lavoro che muove dalla passione, quindi, e che magari pesa un po’ meno e che anzi si vuole e si sceglie anche quando si potrebbe tranquillamente stare a casa a godersi i gatti o, al limite, i cieli della sopra la Romagna e le Marche, magari con sotto la neve del Catria, senza la frenesia che ha caratterizzato tutta la parte precedente della vita. “Le moto – spiega ancora De Angelis – anzi, i motori e le corse in genere sono una passione grande. E non è che ci vuoi vivere senza la tua passione. Forse un giorno mi dirò anche io ‘chi me lo ha fatto fare’, ma per me quel giorno non è arrivato e francamente ho pure seri dubbi che potrà mai arrivare davvero. E comunque una cosa te la dico: è chiaro che senza passione non sei nel motomondiale, quindi tutti ce l'hanno enorme, però ti giuro che gli occhi della passione autentica, quasi feroce ma contestualmente dolcissima, in MotoGP, Moto 2 e Moto 3 non ce l’ha uno che fa il pilota. Ce l’ha Paolo Campinoti. E non lo dico perché oggi è il mio capo, perché lo è stato in passato, o perché siamo particolarmente amici. Te lo direbbe chiunque ha vissuto un po’ il paddock. Ha costruito negli anni qualcosa di impensabile e mi dispiace, a volte, quando sento dire che l’anno scorso Pramac, vincendo il mondiale di MotoGP da squadra satellite, ha fatto un miracolo. Perché quando mescoli quella passione lì a quella preparazione lì e a quell’impegno lì diventa ingiusto parlare di miracoli. I miracoli li fa chi non è umano. Pramac e ciò che Pramac ha fatto e fa, invece, è opera di un essere umano e degli straordinari esseri umani che sono con lui”.
No, l’aziendalismo non c’entra niente. E neanche la riconoscenza. E’ evidente mentre la cena è arrivata quasi al dolce e la conversazione, inevitabilmente, finisce sulla MotoGP. “La massima categoria è cambiata tantissimo – ammette De Angelis – da vecchio pilota posso dire che un’evoluzione cosi importante ha sorpreso anche chi, come me, ne ha guidata una non troppo tempo fa. Le moto di oggi, giusto per fare un esempio, non hanno nulla, ma nulla davvero, a che vedere con quelle di cinque anni fa. Però non mi piace stare a dire era meglio, è peggio, o viceversa. Le cose vanno avanti e quindi anche le corse. Chiaramente restare tecnicamente indietro adesso ha un peso maggiore e è innegabile che in questo momento le Ducati sono le moto da battere. Io, ora, conosco un po’ più da vicino, per ovvie ragioni, la realtà di Yamaha e ti dico che stanno facendo un gran lavoro e che con Pramac c’è stata immediatamente sinergia piena. Integrazione vera. Poi, come sempre, sarà la pista a dire se manca ancora qualcosa, eventualmente quanto e quali potranno essere gli obiettivi”.
Una prima gara, dunque, e un campionato che secondo De Angelis potrebbe essere molto più equilibrato di quanto l’inverno ha lasciato pensare. “Mi stai chiedendo se anche io, come molti, penso che Marc Marquez ammazzerà il campionato? – conclude - I test hanno detto che sicuramente, insieme a Pecco Bagnaia, è uno dei favoriti, però se guardiamo la storia di Marc Marquez vediamo pure che spesso il 93 stato proprio il peggior avversario del 93. Non voglio fare pronostici e non mi piace farne, ma mi limito a risponderti che l’unica certezza nelle corse in moto è che le moto non si guidano da sole. Quindi vincerà… un pilota! Il miglior pilota. Un nome, però, te lo faccio sulla Moto 3. Non per la vittoria del mondiale perchè appunto mi piace tenermi lontano dai pronostici, ma proprio per rispondere quelli che dicono che ci sono ormai solo spagnoli: occhio a Guido Pini, quel ragazzino, al di là della sfortuna che ha avuto, guida in una maniera rara, rara davvero”.