Marco Bezzecchi è sbarcato ad Austin, Texas, con il volto disteso e un preponderante baffo che profuma di scommessa. Il Bez però non è l’unico, nel paddock del Circuit Of The Americas, ad aver lasciato intatta la barba che cresce tra labbro superiore e naso, quella porzione di viso soprannominata “arco di Cupido” dai filosofi. Il baffo, infatti, lo portano anche Matteo Flamigni, papà Vito Bezzecchi, Uccio Salucci e tutti gli ingegneri, meccanici e componenti del Team Mooney VR46 che lavorano per il numero 72. Il patto è chiaro: il baffo resterà in vigore fin quando Marco vincerà la prossima gara. Dopodiché tutta la squadra del 24enne di Viserba sarà ben felice di impugnare rasoio e schiuma da barba.
Il Bez, dicevamo, ha messo piede negli Stati Uniti con la leggerezza di chi non vuole smettere di sognare, con la concentrazione di chi teme di montarsi la testa e rovinare tutto in un istante. “Guai a farlo, bisogna restare imbullonati a terra” - si ripete Marco, che allo stesso tempo confessa: “Però è pure giusto godere quando si può, e io adesso sto godendo”. Sarebbe strano il contrario. Bezzecchi è primo nel mondiale con la Ducati di un team satellite e continua ad assaporare il dolce retrogusto della fresca vittoria in Argentina (la prima in MotoGP). Sulla schiena di Marco Bezzecchi soffia a tutti gli effetti un’avvolgente brezza, che il numero 72 sfrutta per planare e sorridere alla vita con entusiasmo. È con le terga appoggiate all’asfalto chiaro e rovinato del rettilineo di Austin, però, che il Bez – al microfono Sky di Antonio Boselli - racconta le sue emozioni, la spontanea voglia di abbracciare la gente a cui vuole bene (come faceva Marco Simoncelli), il rapporto con Valentino Rossi e con gli amici-rivali dell’Academy: “È veramente un bel momento questo, ho realizzato un sogno in Argentina e sono arrivato qui in Texas con sensazioni fantastiche, che non avevo mai avuto. Io cerco di essere me stesso e di farmi conoscere per come sono sempre, sia in televisione che dal vivo. Sono contento se piaccio. I paragoni con il Sic mi fanno molto piacere. Marco per me è stato un idolo alla tv, purtroppo non ho avuto la fortuna di conoscerlo, però mi ha sempre fatto emozionare ed è stato un pilota che mi è piaciuto da subito, quindi mi fa davvero piacere quando si parla di me e di lui nella stessa frase. Allo stesso tempo io sono me stesso, quindi spero di essere riconosciuto come Marco Bezzecchi piuttosto che come qualcun altro. È vero però che, come faceva Marco, anch’io tendo ad essere molto fisico nei rapporti per dimostrare affetto. Lo faccio con il mio team, con la mia famiglia, ma con tutti in generale. Mi piace molto abbracciare le persone a cui voglio bene. Mi viene così, non so bene descrivere perché. Oltre a famiglia, fidanzata, amici e team, in questa serie di legami stretti, bisogna includere assolutamente anche i ragazzi dell’Academy, diventati talmente amici che io li reputo quasi come fratelli. Ci vediamo talmente tanto che per me sarebbe difficile immaginarmi una vita senza di loro adesso, quindi per me sono veramente delle persone importanti. Così come lo sono i fondatori dell’Academy; Uccio, Carlo (Casabianca, ndr), Vale ovviamente”.
Marco, continuando il discorso, approfondisce suo legame con il 46, prima di fare chiarezza sul lato meramente agonistico dell’Academy, sul rischio che i duelli in pista possano incrinare amicizie consolidate: “Vale l’ho sempre visto con occhi diversi rispetto agli altri miei amici dell’Academy. Per me Vale è sempre stato un idolo, lo è tuttora, anche se ho la fortuna di starci insieme spesso e di conoscerlo molto bene per me è una persona incredibile. Delle volte ancora mi fa strano stare con Vale, è una cosa a cui ancora non mi sono abituato, ma penso che questo sia anche il bello del nostro rapporto. In VR46 lottiamo tutti per la stessa cosa, quindi è normale si creino delle rivalità, con Pecco, con Franco, con Luca. La nostra fortuna è che fino adesso siamo stati bravi a differenziare le cose. Io spero che non cambi nulla, voglio molto bene a Peccone e spero anche lui a me”.
È a questo punto che l’intervista tocca un momento saliente, propiziato dall’entrata in scena di Matteo Flamigni, capotecnico di Bezzecchi e storico telemetrista di Valentino Rossi. L’ingegnere di Faenza sbuca dalla pitlane e si siede accanto al suo pilota, portando per la prima volta in mondovisione il grande “Libro Mastro”. Matteo ne scopre fisionomia e dimensioni, con il Libro Mastro che - ora possiamo dirlo – si compone di due spesse agende nere rilegate. La prima, in copertina, porta l’adesivo del 46 e fa riferimento alle stagioni dal 2016 al 2019 di Valentino Rossi. La copertina del secondo volume invece, oltre all’iconico numero giallo che è diventato un simbolo nel mondo, vede anche il 72 rosso di Marco Bezzecchi, e contiene tutte le nozioni tecniche raccolte dal 2020 al 2022. Flamigni, per rispetto del suo lavoro e di Rossi, resta più abbottonato sul contenuto del Libro Mastro, svelando comunque dettagli gustosi: “Il nome ‘libro mastro’ gliel’ha dato Vale quando l’ha visto. Dentro ho scritto tutte le particolarità dei vari circuiti e le caratteristiche delle varie gomme provate in questi anni con Vale. C’è una sorta di capitolo per ogni stagione, dove all’occorrenza vado a cercare, a spulciare la magia da adottare nel momento giusto. Sono tutte considerazioni legate all’usura gomme, alle peculiarità di alcune curve, a come affrontare una determinata sezione della pista, mappature relative a quanta potenza o quanto traction control usare, informazioni importanti legate alla temperatura dell’asfalto, al meteo. Tutte particolarità connesse alla ricerca del dettaglio, per poi non trovarsi in difficoltà l’anno successivo ma avere già un database da cui partire. Con Bez ho iniziato un capitolo nuovo del libro mastro, ma mi sono evoluto perché dalla carta sono passato a scrivere tutte le nostre osservazioni al computer. Faccio un backup ogni sera. D’ora in avanti non avrò più un libro mastro ma una chiavetta mastra (lo dice all’unisono con Bezzecchi e i due ridono, ndr). Marco di speciale ha che oltre ad essere un ragazzo squisito con qui si sta davvero bene in compagnia, mi ha regalato una seconda giovinezza. Mi ha dato di nuovo voglia di mettermi in gioco in un ruolo diverso, mi ha ridato la passione per questo mestiere, che si fa soprattutto per passione perché si sta tanto lontano da casa, quindi i soldi vengono in secondo piano. Avere un ragazzo che giorno per giorno alimenta questa passione è qualcosa di speciale”.
Il Bez, infine, ricambia con la solita dolcezza e porta alla luce altri retroscena, vere e proprie perle per chi ama il motociclismo: “Matte è organizzatissimo, arriviamo qui che ha 37 post-it attaccati precisi. Quando arrivo nel box al giovedì mi chiede se ho due minuti per lui e mi dice tutto ciò che si è segnato di dirmi, e che non deve dimenticarsi. Matte ha un sacco di esperienza, ha lavorato con Vale ma anche con altri piloti fortissimi. Uno come Matte può solo aiutare. La parte tecnica serve, è innegabile. Però la forza di Matte, oltre a tutte queste cose che scrive, è che ha delle esperienze di vita incredibili nel settore, nel paddock. L’anno scorso ha cambiato ruolo, ma lui aveva già raccolto così tante informazioni nella testa che già sapeva benissimo cosa fare sulla sedia del capotecnico. Questa cosa mi ha impressionato. Ci siamo trovati fin da subito ed è davvero bello lavorare con Matte”.