Darren Cahill, il coach che insieme a Simone Vagnozzi ha trasformato Jannik Sinner in una macchina da Slam, ha raccontato all’Atp come in questi due anni sia cambiato il gioco del numero uno al mondo e come i rivali possano provare a colmare il gap con lui e Carlos Alcaraz. L’australiano, già mentore di Lleyton Hewitt e Andre Agassi, è entrato nel team nel luglio 2022, quando Vagnozzi lavorava con l’altoatesino già da sei mesi. “Simone aveva un’idea chiara di dove il gioco di Jannik dovesse evolversi e abbiamo passato molto tempo a valutare le modifiche tecniche necessarie. Dal servizio alle capacità di transizione, fino ai colpi di chiusura: sono aspetti che ogni grande campione ha nel proprio arsenale. Jannik era già fortissimo da fondo campo, ma doveva trovare più strade per concludere i punti. Siamo stati fortunati ad avere un giocatore che vuole migliorare ogni giorno e non si accontenta mai”, spiega Cahill. Uno dei punti chiave su cui hanno lavorato è il servizio. “Gli ho detto: ‘Deve migliorare. Sei alto un metro e novanta, sei forte, devi riuscire a servire più veloce e con direzioni migliori’. Così non solo ottieni punti gratis, ma anche il colpo successivo diventa più efficace. Se gli altri neutralizzano la tua battuta, devi faticare molto di più”. L’australiano racconta di un Sinner assetato di dettagli: “Mi chiedeva: ‘Come posso migliorare? Cosa devo fare?’. È un animale da competizione”.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: Sinner, insieme ad Alcaraz, ha monopolizzato il tennis degli ultimi due anni, vincendo sette Slam su otto (l’unico “intruso” è stato Djokovic agli Us Open 2023). “Ora il gruppo deve inseguire. Studiare, imitare e impegnarsi un po’ di più per avvicinarsi ai migliori. Noi allenatori siamo fortunati, è un viaggio meraviglioso”, aggiunge Cahill. E la fame di miglioramento dell’altoatesino non si limita agli allenamenti programmati. Dopo la vittoria in due set contro il canadese Diallo a Cincinnati, Sinner non ha pensato a festeggiare: si è rivolto al box, con Vagnozzi e il preparatore, e dal labiale si è intuito un chiaro “Andiamo al campo”. Erano le 22, ma la giornata non era finita. L’obiettivo? Rivedere il servizio, che contro Diallo aveva funzionato solo al 42% con la prima in campo. “È stato un match difficile, ma è meglio affrontare situazioni complicate prima di uno Slam”, ha detto dopo la partita. Così, in piena notte, ha provato un centinaio di battute per arrivare agli ottavi contro Mannarino, e poi agli Us Open, con ogni dettaglio al suo posto. Un instancabile perfezionista. Nardi ora deve sfidare l’avversario più ostico, Carlos Alcaraz, in un ottavo di finale tutt’altro che banale.