L’invito arriva verso fine anno: per Ducati c’è una macchina complessa da mettere in modo. Specialmente ora che nel team ufficiale c’è Marc Marquez, che forse sollecita l’appetito dei giornalisti italiani ma di sicuro manda del tutto in estasi quelli spagnoli. L’evento si chiama Campioni in Pista, questa è la terza edizione. La prima senza il numero uno di Pecco Bagnaia, che ad ogni modo pare assolutamente determinato a riprenderselo. Le premesse, penso caricando la mia Alfa Romeo 147 di una vecchia tuta in cordura Alpinestars che userò per sciare, sono tutte giuste.
Tre giorni meravigliosi, un privilegio anche in un mondo già di per sé di privilegiati. Finisce che riesco a sciare con Pecco Bagnaia e a prendere un paio di cabinovie con Marc Marquez, il quale racconta di come sugli sci gli sia più facile fare le curve a destra, il contrario rispetto alla guida della moto. Finisco per dargli due secondi nella gara di sci che viene organizzata il martedì mattina. Poi c’è Guido Meda, con cui facciamo tardi tutte le sere, a volte davanti a un pianoforte e altre dietro al bancone del bar assieme ai ragazzi di Ducati.
Campioni in Pista funziona perché Madonna di Campiglio è un posto eccezionale, perché sciare - di giorno e di notte, coi piloti e i manager - è meraviglioso, perché a incontrarsi d’inverno quando le moto sono ferme si fa sempre a fette la nostalgia. Ci sono diversi motivi per cui una cosa del genere ti resta nel cuore. Uno su tutti però è il fatto che quando vai alle corse è tutto diverso: i piloti non hanno tempo, non hanno testa. Sono delle macchine da combattimento e così lo sono anche i tecnici, i manager, gli addetti stampa, gli stessi giornalisti. Il paddock vuole la prestazione e solo quella, il tempo viene investito esclusivamente in quello. Nondimeno, Dorna è spaventosamente attenta a vietare immagini in video, registrazioni audio e altri piccoli contenuti che è anche difficile immaginare, che loro però hanno non solo immaginato ma pure proibito.
Normalmente un’esperienza come Campioni in Pista si traduce in un reportage, eppure MOW è sempre più diretto, fruibile, concreto. Quindi è questo è sì un reportage, in video però.