Quando mercoledì ha pubblicato una foto all’aeroporto, pronto a partire per il Texas, è stato detto che per l’ennesima volta stava bruciando i tempi di recupero. Austin però è sempre stata la sua pista e lui si chiama Marc Marquez, quindi ha voluto provarci. E, durante le prove, ha dimostrato di avere il passo dei migliori, anche se nelle interviste ha sempre puntualizzato di essere “mentalmente stanco”. Stanchezza che lo ha portato all’errore in qualifica, perché calcolando male i tempi non è riuscito a sfruttare l’ultimo giro che comunque era già compromesso a causa dell’usura delle gomme. Nonostante un 9° posto in griglia, un buon passo e nessuna caduta ad impensierirlo, Marc Marquez era tra i favoriti assieme ad Enea Bastianini e Pecco Bagnaia.
Poi però allo spegnersi dei semafori la moto non parte, anzi: singhiozza, Marquez sembra aver confuso il pit-limiter con il launch control, viene superato da tutti e si trova all’ingresso di curva 1 ultimo a mezzo secondo dal gruppo di coda. Dici è finita, ha buttato una gara partendo malissimo, è rientrato troppo presto, è quel Marquez con gli occhi più grandi della pancia. Invece no, neanche per sbaglio: Marc ha cominciato a picchiare con il tempo dei primi, a metà gara ha fatto segnare il giro veloce (poi battuto da Bastianini) scendendo sotto al record che lui stesso aveva stabilito nel 2015.
Di rabbia e talento, in piena trance agonistica, un sorpasso via l’altro: ha rischiato di falciare Vinales e Binder, si è preso la posizione di autorità sul compagno di squadra, ha messo dietro Fabio Quartararo che è il campione del mondo in carica e Jorge Martín che ad Austin partiva dalla pole. Rock n’ roll, un sesto posto e poi solo il dolore: “Il fisico a cinque giri dalla fine mi ha detto basta”, ha raccontato a Sky dopo essere tornato ai box con la faccia stravolta. Sembrava il Marc Marquez dell’Argentina 2018 o di Jerez 2020, quello che non accetta i propri errori e che sembra correre solo contro sé stesso. Gli altri un fastidio, una formalità. Il GP delle Americhe ci racconta che Marquez non è cambiato, continua a correre scommettendo tutto sé stesso. Sta scommettendo il doppio degli altri, perché i medici glielo hanno detto: se cadi ancora come a Mandalika torna la diplopia. Ecco, sembrerà retorica buona per un corso sull'autostima online, invece qualcosa ne possiamo tirare fuori anche noi. Non credere alla sfiga, non cercare una giustificazione. “Non ho la moto adatta”, poteva dire. Poteva ricordare al mondo che lui 8 mondiali li ha vinti, che sta rischiando la vista per una gara che guardiamo dal divano. Quando si è trovato in fondo al gruppo alla prima curva poteva mettersela via, tornare ai box accusando un problema tecnico. Se ha corso facendo qualcosa di irripetibile - perché di questo si parla - è perché è arrivato in pista con l’idea di andare in fondo. È andato dritto e, impermeabile alle variabili, ha corso la gara della sua vita. Un altro avrebbe mollato. Un altro, arrivato così, ne avrebbe parlato per sempre. Marquez no, lui guarda solo al futuro. E il futuro, nel suo caso, si chiama Portimaõ, prima gara in Europa della stagione.