La prossima volta che vi serve un video motivazionale, un motivo per andare avanti, guardate lui. Marc Marquez ha finito la gara di Jerez chiudendo al quarto posto dopo aver dato tutto e, con il salvataggio alla vecchia maniera in curva 13, anche qualcosa in più. Se arrivi quarto senza cadere e le gomme funzionano però, vuol dire che in pista ci sono tre piloti più veloci di te, in questo caso anche con tre moto diverse: Ducati, Yamaha e Aprilia. In sintesi, non sei più l’uomo da battere e la tua moto è clamorosamente indietro rispetto alla concorrenza. Quando Marc è rientrato al box dopo la gara, gli uomini del team si sono lasciati andare ad un lungo applauso con la convinzione (sacrosanta) che un quarto posto fosse di gran lunga il miglior risultato possibile per lui. Santi Hernandez, il suo capotecnico, gli ha detto subito: “L’hai salvata, l’hai salvata!” e Marquez, in un'alzata di spalle, ha risposto che avrebbe preferito il podio.
Questo è Marc Marquez, uno che non si accontenta. C’è chi dice che il vecchio Marc sia finito e che non lo rivedremo più, ma a vedere queste immagini è evidente che le cose non stanno così. Nascere con un talento smisurato ti può aiutare a vincere uno, due, dieci titoli mondiali, ma poi servono la fame e la rabbia. Serve capire che le corse le puoi vincere in carrozza o per la punta di un’unghia, perché il risultato è lo stesso. È la filosofia della Mano de Dios, di Maradona che porta l’Argentina a vincere il mondiale: non importa come, importa farlo. Anche sporco, anche brutto e sbagliato. Come Valentino Rossi al cavatappi di Laguna Seca. Sporco, ma memorabile. Marc Marquez è esattamente questa roba qui, non gli importa nulla di mostrarsi vulnerabile prendendo la scia di un’Aprilia - cosa impensabile fino ad un paio di anni fa - non gli importa nulla di fare lo show, di cascare, di mettersi a piangere di gioia o di dolore davanti alla telecamera. Gli importa del risultato. Dei punti. In questi due anni è cambiato nella velocità, ma non nello spirito. Rischio o meno, il Cabroncito continua ad eliminare tutto il superfluo e corre in moto come se stesse combattendo una guerra. Non più contro sé stesso e i limiti della fisica stavolta, contro piloti più veloci di lui a fermare il cronometro. È cambiato il nemico, ma non l’approccio. Oggi, nel test di Jerez, la Honda lavora soltanto per lui, per ridargli una moto in grado di farlo volare. Saranno gli altri piloti, a partire dal fratello, a doversi adattare. Marc Marquez rimane lì, tra i favoriti, perché questa è la sua guerra.