Prendi un campione del mondo e mettilo seduto davanti a un giornalista di quelli di una volta, poche chiacchiere e metodi da volpe, e, poi, falli parlare e vedi quello che viene fuori. Cosa è venuto fuori? E’ venuta fuori l’intervista totale a Pecco Bagnaia, sulla sua stagione, sul nuovo format della MotoGP, sull’aerodinamica che aiuta ma anche no e sull’elettronica che c’è, ma se non ci fosse sarebbe lo stesso. L’ha firmata Manuel Pecino, presenza fissa da decenni nelle sala stampa della MotoGP per Mundo Deportivo.
Inutile pure stare a dire che gli argomenti sul piatto sono stati tantissimi, con il campione del mondo della Ducati che, con il solito garbo e una diplomazia da vecchio politico che s’è già scottato con parole buttate là senza stare troppo a pensarci, ha comunque provato a non tirarsi indietro su nulla. Comprese le sue motivazioni. Perché se è vero che vincere è difficile, confermarsi lo è ancora di più e servono sempre stimoli nuovi. Quello di Pecco si chiama Marc Marquez. Perché l’italiano, proprio come accaduto a Joan Mir e Fabio Quartararo, è uno che s’è sentito dire che il suo titolo vale un po’ di meno perché il 93 non era in pista. Battere Marquez tra i cordoli significherebbe, quindi, chiudere definitivamente la bocca a quelli del fronte anti-Pecco. “Marc Marquez è il pilota attivo nel Mondiale che ha vinto di più, ma gli ultimi anni sono stati tutt'altro che facili per lui – ha detto Pecco - Spero che riprenda completamente la sua migliore condizione, che stia di nuovo bene. Lo voglio in pista. Sicuramente il campionato è cambiato molto dal 2019. Però non sento che il mio mondiale vale di meno, quando ho vinto io l’uomo da battere era Fabio Quartararo, che aveva vinto il titolo l’anno prima”. E’ chiaro, però, che battere Marc Marquez in una stagione in cui il catalano può giocarsela senza dover fare i conti con guai fisici di ogni tipo significherebbe consacrazione totale per chiunque. Pecco compreso. Anche perché, a dispetto di quell’aria da eterno bravo ragazzo, il demone della competizione è evidente e palese in Bagnaia che, oltre Marc Marquez, ha un altro obiettivo: più velocità.
Si dice che le moto ormai sono troppo pericolose, che bisogna mettere un freno, ma Pecco, da pilota, ammette che in verità la velocità non gli basta mai: “Io ne vorrei sempre di più e l’idea che ormai sfioriamo i 380/400 km/h non mi spaventa – ha aggiunto - Non vedo perché dovremmo andare più piano. Credo sia normale voler fare sempre più rumore sui rettilinei e nelle curve. I circuiti stanno migliorando molto, si stanno adattando alle prestazioni attuali. Un esempio è stato Jerez, il cambiamento che stanno facendo è incredibile. Penso che tutto debba migliorare e adattarsi, non solo le moto”.
Ok la velocità, quindi, e pure l’aerodinamica: “Guidare la moto senza ali è più facile, ma io non sono contro l’aerodinamica e comunque non è vero che il pilota adesso non conta. Io, ad esempio, sono uno che anche con l’elettronica ho un rapporto particolare, spesso preferisco fare da solo. Poi ci sono piloti che ci si affidano di più ma non significa che si è migliori o peggiori”. A non piacergli, piuttosto, è altro e, in particolare, l’atteggiamento dei commissari chiamati a giudicare i comportamenti dei piloti in pista: “Servono regole chiare e precise e maggiore equità nel giudizio. Capisco che il loro lavoro non sia facile, ma secondo me devono capire meglio le situazioni e per questo devono ascoltare i piloti. Siamo 22 piloti sulla griglia della MotoGP e trovo molto difficile per noi raggiungere un accordo, ma dovremmo provarci”.