Il 14 agosto mediamente l'italiano accaldato ha già in mente il Ferragosto, programmato per il seguente giorno. Perché il 14 agosto è un giorno dove, mediamente, l'italiano non lavora. O lavora meno del solito e ha così tempo di pensare anche ad altro, rispetto ai giorni normali. Altro di leggero per la mente, sapendo che il 14 agosto, in Italia, gli automobilisti in città troveranno poco traffico e tanto parcheggio, ma su certe autostrade o grandi arterie, verso i luoghi di vacanza, rischio di fare code sotto il Sole.
Il 14 agosto, un appassionato di motori sa che manca meno di un mese al Gran Premio d'Italia di Formula 1. Il 14 agosto, uno dovrebbe allora anche sapere, ricordare, che ricorre la morte di Enzo Ferrari. Già, morto in agosto 32 anni fa, quando i quarantenni odierni erano forse nella teen-age. Quando il presidente americano era un attore pieno di brillantina, Ronald Reagan, e quello italiano un pacato signore che però dava “le picconate” al sistema, Francesco Cossiga.
Molti, non certo davanti a lui, lo chiamavano il "Vecchio” già da un pezzo, il fondatore della Ferrari. Da quel 14 agosto del 1988 finirono di preoccuparsi, perché non li avrebbe più sentiti usare quel termine. Novantenne, terminò la sua vita terrena divenendo immortale per quell’azienda fondata, con sede a Maranello e Scuderia di auto da corsa, rosse, dotate di Cavallino rampante su scudo giallo. Certo oggi quella vita intensa, anche dura, come tanti suoi coetanei nati in un’Italia che era povera e pure tormentata dalle guerre, sembra troppo distante per aver qualcosa in comune con noi. Eppure quell’Italia che ha poi corso socialmente, industrialmente, anche automobilisticamente nel suo caso, oggi continua a darci qualcosa. Nel 2020, a moltissimi di noi italiani.
Perché il 14 agosto, mediamente, l’italiano legge che ricorre la morte di Enzo Ferrari ma non gli riconosce abbastanza merito, pur se lavora nel mondo dei motori, e sono circa 170mila persone senza contare i settori correlati. L'Italia forse non sa quanto deve ringraziarlo, quel vecchio. Io per primo, che nelle macchine ci sguazzo da sempre. Se non fosse per la Redazione di MOW, che ha voluto oggi un suo ricordo sulle sue pagine, come la stragrande maggioranza di italiani, me ne sarei fregato. Ma trentadue anni fa, oggi, moriva uno che senza volerlo ha fatto qualcosa di gradito e utile anche per me.
Non serve essere clienti Ferrari, Ferraristi con la effe maiuscola. Che oggi sono sempre meno e nemmeno italiani. Non serve essere pilotini di speranza in odore di Cavallino, magari parte della Academy. Che anche loro oggi sono sempre meno, italiani. Serve solo misurarsi con il mondo, quando dall’estero si apprezza l’Italia e una persona italiana. Tra le cose che tutti riconoscono, non ci sono solo le nostre arti, il paesaggio, il clima o la nostra cucina. C'è anche la Ferrari, per forza. Perché in tutto il mondo la Ferrari è positiva.
La Ferrari fondata da Enzo è un sogno immortale. La Ferrari voluta e gestita fino alla morte da quel vecchio, non senza difficoltà e screzi con altre aziende, è una prima di tutto tecnica raffinata che pochi toccano. È una guida che pochi provano. Ferrari è ovunque status-symbol, lusso ambito. Senza che il vecchio se lo potesse immaginare, quando la fondò nel 1947. Quando si dannò per risultati scadenti in gara delle Rosse, pur guidate da assi del volante. Quando dovette fare i conti e i conti non tornavano, per farle a quel modo le auto, farle che corressero in pista e su strada.
L’opera finale e contemporanea di quel vecchio morto nell’agosto 1988, la apprezzano e ammirano ovunque, sempre. Non si collegano sempre a lui e al suo tempo, i pensieri, ma è lui alla base di quell’opera, italiana nonostante tutto. È nel “pacchetto base” dell'italiano che può fregarsene e non volerlo nemmeno, ma s’include necessariamente. Il tricolore è indelebile nel profilo alto dello Scudetto.
Fa niente se il Vecchio aveva un caratteraccio, dicono. Se tanti non riuscivano a parlarci, o magari non sono neanche stati trattati bene da lui, dicono. È pure quello che è riuscito a toglierci la magica e impareggiabile realtà di Ayrton Senna sulla Ferrari, quando avrebbe potuto. È quello che per come la gestiva, con quella Scuderia distruggeva la carriera dei piloti. Perché la Ferrari ufficiale, o ti rende un dio o ti rovina. Perché per il vecchio venivano prima i suoi Ferri e poi il resto.
Della data precisa, 14/8/88, ricordo il minimo. Ricordo più quello che accadde poche settimane dopo, al Gran Premio d'Italia F1 le rosse in seconda fila dietro alle invincibili McLaren, dei campioni Senna e Prost. Grazie a chissà quale miracolo, tanti dicono grazie alla mano del vecchio nell’aldilà, l’affidabile motore giapponese smette di urlare per Prost. Poi, a un soffio dal fine gara, incredibilmente Senna ha un intoppo in variante (un doppiato che “osa far sbagliare” Senna!) e le due rosse senza sgomitare fanno il primo e il secondo: Berger vince davanti ad Alboreto. Tutti pensarono che il vecchio sorridesse, da qualche parte e lo ringraziarono. Ma poi basta ringraziamenti popolari.
Oggi non interessa quanto è rimasto davvero della sua impronta, nel modo di gestire azienda e corse. Forse tanto, forse poco: auto che sono elettrificate, consigli estesi e internazionali, proprietà diffusa. Interessa però che c'è un'azienda ambita, dove chiunque lavora probabilmente è spremuto tanto ma anche gratificato e invidiabile. Per il trattamento, l’onore che riceve e non solo economico. Il vecchio morto il 14 agosto era avanti e la Ferrari anche oggi è avanti, su tutti i fronti come avrebbe voluto lui.
Quei prodotti con quattro ruote e motori modenesi, tengono vivo il suo modo di fare le cose, ineguagliabili. Diverse dagli altri, più elaborate tecnicamente. Tutto prodotto in casa o preteso ad-hoc dai fornitori. Una Ferrari, senza vecchio ma che resterà sempre tale. Perché l’opera, l’azienda sempre viva del vecchio morto oggi, incide non solo su quei pochi clienti milionari, ma su tutti quanti ci mettono le mani, ai Ferri. Quanti li sognano e lodano, subito da bambini.
E allora, forse lo deve ricordare il giovane italiano che va all'estero e può conoscere tante persone, ragazze, sentendosi dire “Ah, l’Italia…”. Perché si è riconosciuti italiani, di buon gusto come i grandi stilisti. Raffinati come grandi artisti. Connazionali della Ferrari, di Enzo. Lo devo ringraziare anch'io nel mio piccolo, che ho piacere di lavorare nel mondo auto. Perché in quel mondo, in una nicchia minima ma che pesa come un macigno, c'è la Ferrari. Se ci pensi influenza eccome, pur lontana dalla quotidianità di quasi tutti. Il 14 agosto, se si ha tempo di fantasticare, pensate per assurdo a un mondo senza Ferrari… Ecco. Quel vecchio quasi “senza voce” perché rare le sue interviste o attività pubbliche. Quel vecchio che, onestamente, mi ha sempre detto poco proprio per l'immagine già anziana, con occhiali neri. Sempre additato di avere un caratteraccio poi… Quel vecchio ha creato un mito che è come un regalo e che fa comodo anche a me, come a tutti voi, e di cui non lo ringraziamo mai abbastanza.