Phillip Island, 14 ottobre 2001. Il 2001 del G8 di Genova, della morte di Carlo Giuliani. L'anno della caduta delle Torri Gemelle, dall'altra parte dell'Oceano e nel cuore di quelli che, nella globalizzazione, cercavano la risposta a tutte le domande. Il 2001 dell'incidente di Alex Zanardi al Lausitzring e del miracolo di un uomo diventato supereroe. Il 2001 di una Ferrari invincibile, schiacciante, portata al successo da Michael Schumacher per il secondo anno di fila, così superiore alle altre da aver vinto il mondiale già in Ungheria, ad agosto, sgretolando ogni tipo di competizione.
Era il 14 ottobre quando, a Suzuka, si concluse il campionato di Formula 1 di quell'anno. Neanche a dirlo, vittoria del Kaiser, in un giorno di lacrime e saluti, in Giappone, per Mika Hakkinen e Jean Alesi, arrivati alla fine della loro carriera in F1.
Dall'altra parte del mondo però, quello stesso 14 ottobre, una sfida più grande andava in scena. La Rossa aveva già vinto, toccava a Rossi - a Phillip Island - portare a termine la seconda parte dell'impresa. Esattamente 20 anni fa l'allora ventiduenne Valentino Rossi vinse il suo primo titolo della classe regina, l'ultimo della classe 500 prima dell'arrivo della MotoGP e il primo, per un italiano, a 19 anni dal successo di Franco Uncini.
L'era del Dottore iniziava lì, tra la gioia scomposta di un ragazzo che non sembrava aver paura di niente. Non dei mostri sacri della velocità, non degli avversari più grandi, esperti. Non di Max Biaggi, con cui arrivò al traguardo in volata in quella domenica australiana, scrivendo un'altra pagina di una storica rivalità.
"Cosa farò da grande?" Titolava il numero di Moto Sprint di quella settimana, dando voce a un giovane Valentino e rispondendo precocemente alla domanda: "Il campione del mondo". Ma Valentino Rossi non è stato solo un campione del mondo.
A vent'anni esatti da quell'anniversario, nella stagione che segnerà il suo ritiro, possiamo finalmente rispondere alla domanda delle domande. L'eterno bambino vestito di giallo, il pilota con cui siamo cresciuti e che, allo stesso tempo, non ci ha fatti crescere mai, è diventato adulto. Pronto a lasciare la MotoGP, pronto a diventare padre, che poi, alla fine, padre Valentino lo è già da tempo: di una schiera di ragazzi, i piloti dell'Academy, che lo hanno aiutato a rispondere a quella domanda di vent'anni fa.
"Da grande", da quel 14 ottobre 2001 in Australia, Valentino è diventato una leggenda. Amato o odiato, tutto ciò che sta nel mezzo non lo riguarda, rivoluzionario e pionieristico, ma sempre umano, a modo suo. Non un campione del mondo, e neanche un nove volte campione del mondo, perché i numeri non contano quando sei uno di quelli lì. Uno che ha riscritto le regole, e ha cambiato il modo di fare le cose, di vivere e pensare lo sport, la velocità, i motori.