Ci sono uno italiano, un francese e uno spagnolo. Solo che non è l’inizio di una barzelletta, ma il seguito di una storiaccia che non fa ridere neanche un po’: quella delle moto giapponesi che una volta erano imbattibili e che adesso, invece, sembrano stare lì per fare presenza. O, peggio, brutta figura. Che forse in un futuro non lontano sarebbe andata a finire così l’aveva detto, ormai qualche anno fa, anche un certo Valentino Rossi: “i giapponesi hanno un modo di lavorare che richiede tempi lunghissimi, analisi interminabili e cambiamenti a piccolissime dosi. Se non si cambierà registro prima o poi gli altri arriveranno”.
Ecco, gli altri sono arrivati. Vale per la Yamaha, a cui Valentino Rossi si riferiva con quelle dichiarazioni, e vale anche per Honda, che in tre stagioni senza Marc Marquez sembra essere diventata la bruttissima copia della moto ammazza mondiali che era stata fino a pochi anni fa. La situazione è chiara, la soluzione, invece, proprio no. E si vede dalle espressioni di Fabio Quartararo e Franco Morbidelli da una parte e di Marc Marquez dall’altra. Ok, Honda ha anche altri piloti, ma tra risultati che non sono arrivati (a parte la sorpresa di Rins negli USA) e sfighe varie, hanno giocato il ruolo dei desaparecidos. Il ruolo da protagonista, invece, ha provato a giocarlo comunque Marc Marquez, soprattutto in un Sachsering che da sempre è la sua pista e in cui, invece, ha dovuto accontentarsi di una undicesima posizione dopo due giorni di prove passati più sulla ghiaia (rischiando veramente grosso in almeno un paio di occasioni) che sulla sella. Tanto da arrivare ad appellarsi a un detto spagnolo che mai avremmo pensato di ascoltare dalla voce di Marc Marquez: “Se l’arancia non ha più succo, è inutile spremerla”.
Marc Marquez, praticamente, al Sachsenring, nel luogo in cui doveva rinascere e in cui s’è dimostrato pronto proprio a tutto, ma tutto davvero, per rinascere, ha capito che non c’è niente da fare. Ha capito di essere all’inferno e che per tirare fuori le gambe dalle fiamme che ustionano non basterà il talento, non basterà la capacità di rischiare e non basterà nemmeno guidare con il cuore fin sopra i problemi della moto. Quei problemi sono più grossi di un cuore qualsiasi.
All’inferno, o alla consapevolezza di essere all’inferno, Marc Marquez c’è arrivato, quasi per uno scherzo del dio delle corse, scortato da altri due che la consapevolezza di essere all’inferno l’hanno maturata già da un pezzo: Fabio Quartararo e Franco Morbidelli. Gli occhi bassi, loro due, li tengono ormai da un po’, anche se con atteggiamenti diversi. Fabio Quartararo sembra arreso, come uno che non aspetta altro che veder arrivare l’ultima di Valencia e mettersi alle spalle pure questo 2023. L’altro, Franco Morbidelli, ci prova un po’ di più, si professa fiducioso nel lavoro di Yamaha, ma nel frattempo ha pure messo le cose in chiaro: “Sono veloce quanto Fabio, il punto è che non è veloce neanche lui e forse il problema non sono i piloti”. No, non sono i piloti e probabilmente non sono neanche le case costruttrici, ma proprio la profonda diversità d’approccio che c’è tra chi sceglie la via del metodo e chi, invece, quella dell’azzardo. Giapponesi, appunto, “contro” europei. Per ora la partita è senza partita.