Che la Formula 1 fosse manovrata e gestita da uomini d'affari e da dinamiche politiche è cosa ormai nota da tempo, tuttavia a mettere ulteriormente in cattiva luce il Circus nelle ultime ore è stata la presenza di Donald Trump durante il Gran Premio di Miami appena concluso. L’ex Presidente degli Stati Uniti, attualmente sotto processo e in corsa per le prossime elezioni alla Casa Bianca, ha trasformato uno delle gare del calendario motoristico in una tappa della sua campagna elettorale, offuscando l’atteso risultato della McLaren. Le controversie erano iniziate già una settimana prima del GP, quando il Washington Post avrebbe smascherato il “piano” di Steven Witkoff, un importante donatore di Donald Trump multato in passato per frode finanziaria, che avrebbe acquistato un Paddock Club Rooftop Suite con lo scopo di raccogliere fondi a fini politici. A rendere immediatamente sospetta l’operazione è stato il prezzo del biglietto: circa 250.000 dollari per accedere a questa esclusiva terrazza all’interno del paddock di Miami. L’intervento degli organizzatori della gara per sventare questa mossa di marketing, palesemente oltre i termini del regolamento del pacchetto da lui acquistato, è stato imminente e comunicato attraverso una lettera: “Apprezziamo il vostro sostegno alla Formula 1 Crypto.com al Gran Premio di Miami. La nostra gara è una celebrazione dello sport e della cultura. Stiamo creando un luogo in cui tutti possano riunirsi e godersi il brivido della Formula 1. La campagna politica ha il suo posto, e non è nella nostra corsa. Siamo lieti che tu e i tuoi ospiti parteciperete al nostro evento e godrete la vostra suite. Tuttavia, chiediamo rispettosamente che ciò avvenga in conformità con il nostro chiaro accordo di licenza. Un membro del nostro team si occuperà direttamente dei prossimi passi”. Witkoff ha poi smentito il tutto, ma si è rifiutato di approfondire la vicenda.
A differenza del Presidente Joe Biden, Trump non ha saputo resistere al richiamo del Gran Premio della Florida, uno degli eventi più glamour della Formula 1, sfruttando l’evento come una cassa di risonanza alla ricerca di ulteriore visibilità. L’ex Presidente americano è infatti apparso prima nel garage della McLaren in compagnia del CEO Zak Brown, del presidente della FIA Mohammed Ben Sulayem, del CEO della F1 Stefano Domenicali e del CEO di Liberty Media Greg Maffei. Il tutto mentre dagli spalti venivano scanditi cori di apprezzamento per la presenza del candidato dei Repubblicani in corsa per la Casa Bianca, quasi dimenticando che di lì a poco ci sarebbe stata una gara di motorsport e non un comizio elettorale sui toni di “Make America great again”. Poi, in pit-lane con tanto di cappellino e slogan risaputo, durante il tradizionale inno accanto al Presidente della FIFA, Gianni Infantino.
A pagarne le conseguenze di questo spettacolo grottesco è stata la McLaren, che attraverso un comunicato stampa ha dovuto chiarire agli appassionati di tutto il mondo la propria posizione in merito alla vicenda spiegando il perché Trump fosse presente nei loro box: "La McLaren è un'organizzazione apolitica, tuttavia riconosciamo e rispettiamo la carica di Presidente degli Stati Uniti. Così, quando è stata fatta la richiesta di visitare il nostro garage il giorno della gara, abbiamo accettato insieme al presidente della FIA e agli amministratori delegati di Liberty Media e Formula 1. Siamo onorati che McLaren Racing sia stata scelta come rappresentante della F1, il che ci ha dato l'opportunità di mostrare l'ingegneria di livello mondiale che portiamo nel motorsport". Anche le dichiarazioni post vittoria di Lando Norris non sono passate inosservate sui social. Ai microfoni della stampa il pilota inglese ha dichiarato di essere onorato quando persone così importati si prendono del tempo per omaggiare ciò che hai fatto. Incalzato sulla presenza di Trump e sulla loro stretta di mano nel parco chiuso ha poi continuato: “Ha detto che era il mio portafortuna dato che ho vinto, quindi non so se verrà ad altre gare ora. Ci sono un sacco di persone speciali qui questo fine settimana, Donald è una persona per cui devi avere molto rispetto in molti modi. Devi essere grato quando qualcuno riconosce ciò che fai e l'etica del lavoro che c'è dietro, devi essere grato per questo, e io lo ero”.
Ed ecco che su “X” è partita la polemica tra fan delusi dalle dichiarazioni di Norris, i quali avrebbero preferito una posizione di netto distacco del neocampione di Miami nei confronti di un personaggio così controverso e divisivo come Trump; e quelli che invece hanno visto nelle parole di Lando semplice educazione o i frutti di anni e anni di media training, che hanno portato all’appiattimento quasi totale delle opinioni e delle prese di posizione all’interno dello sport.
Se la presenza ingombrante e problematica di Trump sia stata imposta o meno non è dato saperlo, ma quel che è certo è che getta un’ulteriore ombra sull’operato della Formula 1, in anni di campagne di sensibilizzazione contro il razzismo, di inclusione nei confronti della comunità lgbtq+ e che attraverso l’F1Academy sta tentando di aprire per davvero il mondo delle corse anche alle donne. Piazzare su un tappeto rosso Trump, che ha fatto della discriminazione e della giustificazione dell’odio nei confronti di chiunque non gli assomigli il punto cardine della sua politica, accanto alle personalità più influenti e di spicco del Circus trasforma il tutto in un grande "Circo" che non riesce a farsi prendere sul serio, che predica bene (o almeno prova a farlo) ma razzola malissimo.