Accendendo la televisione e guardando solamente i dodici giri della Sprint di Motegi, in tanti accompagnerebbero "Pecco Bagnaia ha vinto" con una proposizione avversativa. Tipo? "Ha vinto ma non può stare tranquillo", oppure "ha vinto sì, ma che fatica". La verità è che il numero 1 non ha mai davvero dominato nel sabato giapponese, non c'è mai stata una fase delle qualifiche o della gara breve che potesse sancire una netta superiorità di Pecco. Eppure sarebbe opportuno stabilire quali elementi definiscano la superiorità, perché se parliamo di cronometro ecco che Marc Marquez e Pedro Acosta sono stati più rapidi in qualifica e sul passo gara, dove anche Enea Bastianini si è inserito nel gruppetto di coloro che in termini di tempi sul giro non hanno nulla da invidiare al campione del mondo in carica.
La superiorità di Pecco, confermata d'ufficio dalla bandiera a scacchi della Sprint, si appoggia invece sulla totale assenza di sbavature. Al Twin Ring, finora, Bagnaia ha saputo gestire i momenti - termine che tanto va di moda nel calcio - con una maturità banalmente opposta a quella del rookie maravilla Pedro Acosta (che a tre giri dal termine, dopo aver scavalcato Bagnaia ed essersi assunto oneri e onori di chi conduce la corsa, ha sprecato per foga una probabilissima vittoria), ma anche più acuta di quella dimostrata dal rivale in campionato, un Jorge Martín il cui weekend rischia di aggrovigliarsi attorno ad una scivolata in qualifica che l'ha condannato a partire per due volte dall'undicesima casella in griglia.
Così, mentre a Bagnaia viene consegnata la sesta medaglia d'oro delle ultime dieci Sprint, sembra che la fatica vera l'abbiano fatta gli altri. Bastianini e Marquez, più veloci in maniera imbarazzante nell'ultimo giro in cui Pecco ha registrato un guardingo 1'45"933 e loro gli hanno mangiato un secondo e mezzo in dieci curve, ma per qualche motivo mai capaci di mettere le ruote davanti al numero 1, che ha saputo silenziosamente trasformare il tallone d'Achille delle Sprint Race in una nuova cassaforte di punti: "È stata una gara abbastanza complicata", ha ammesso a Sky. "Sono partito bene, sono riuscito a mettermi davanti, ma Pedro andava veramente forte e riusciva a spingersi un po' oltre a quello che secondo me era il mio limite. Appena ho pensato di far raffreddare un po' la gomma davanti per poi tornare a spingere, lui è scivolate. Era una situazione difficile, perché stava facendo un ritmo incredibile nonostante ricominciasse a gocciolare un po'. All'ultimo giro sono passato con un bel vantaggio su Enea e ho detto 'posso rallentare anche di un secondo, tanto è difficile che mi vengano a prendere'. In quel momento stava pioviggionando e non volevo prendere rischi. Non era il caso oggi, vincere è stato fondamentale".
Alla fine, mentre i commenti di Bagnaia nutrono i microfoni della stampa e delle emittenti televisive, l'enigma resta. Anzi, si fa ancora più fitto. Fin qui non è chiaro se Pecco a Motegi vanti una riserva di decimi nel polso, grazie ai quali riesce a gestire le situazioni della corsa senza sudare, senza rischiare, prendendosi gioco delle velleità degli altri, che l'hanno sempre visto lì a tiro, alla portata. Oppure se nasconda a meraviglia l'affanno di chi, al netto degli errori altrui, si ritroverebbe ad inseguire. Sofferenza e sollievo, o sapiente inganno? Ne sapremo di più domani, alle sette italiane, le quattrordici a Motegi.