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A quelli che al secondo set davano Sinner per morto lui ha insegnato il senso del tennis con una partita che gli assomiglia

  • di Lorenzo Giamattei

29 gennaio 2024

A quelli che al secondo set davano Sinner per morto lui ha insegnato il senso del tennis con una partita che gli assomiglia
Jannik Sinner ha vinto il suo primo Slam con una finale sofferta, cambiando gioco e "tornando se stesso" proprio quando tutti lo davano per sconfitto: una lezione di vita e di tennis che assomiglia all'atteggiamento sempre dimostrato da questo ragazzi dai capelli rossi

di Lorenzo Giamattei

Il tennis, tra tutti gli sport, è quello che più di tutti si presta a essere romanzato, la lunghezza delle partite, i colpi di scena, i finali improvvisi rendono una partita molto più simile a un libro, che a un evento sportivo. In una domenica indimenticabile, per tutti noi, quello di Jannik era un sogno nitido. Svegliandoci per guardarlo in finale avremmo finalmente scoperto se il nostro eroe, dopo due settimane di lotte, avrebbe raggiunto l’obiettivo tanto desiderato o, meglio, se il suo percorso di crescita, avrebbe trovato il suo compimento definitivo, vincendo il suo primo Slam. 

C’era una percezione strana riguardo a questa finale: in troppi davano per scontato che Sinner, dall’alto di un torneo dominato e dopo aver battuto Novak Djokovic in semifinale, avrebbe sconfitto Medvedev facilmente, in tre, massimo quattro set. E' un concetto strano quello dell’essere favoriti, significa solo che, sulla carta, hai più possibilità del tuo avversario di vincere, non che la vittoria sarà netta, o scontata, soprattutto in gioco logorante come il tennis, dove ogni punto setta l'andamento della partita, e dove in ogni match si incontrano e scontrano realtà diverse. 

Forse per un momento la stampa e gli addetti ai lavori si erano dimenticati di quanto fosse forte il russo Daniil Medvedev: lo avevamo visto arrancare nei turni precedenti alla finale, arrivare a pochi punti dalla sconfitta in più di un’occasione, stare in campo tantissime ore e tanto ci era bastato per decretare Sinner superfavorito alla vigilia, anche in virtù degli ultimi tre incontri consecutivi vinti. Medvedev però, nei primi due set della finale, ci ha riportato alla realtà, alzando il dito e permettendosi di ricordarci, che il campione slam ed ex numero uno del mondo in campo, fosse lui, non il suo avversario; Sinner dall’altra parte della rete si stava riscoprendo improvvisamente umano, dopotutto era una partita nuova per lui, l’aveva detto con il sorriso nei giorni precedenti alla finale, in un mix tra consapevolezza e preoccupazione. 

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Nella prima ora e mezzo è successo tutto quello che non ci aspettavamo, un Medvedev perfetto, con una strategia di gioco che aveva utilizzato anche contro Alcaraz agli US Open (vicino alla riga in risposta, colpi profondi, sempre in spinta da fondo campo e anche qualche discesa a rete) e invece un Sinner in crisi, teso, poco fluido e forse sorpreso dalla tattica dell’avversario. In un momento in cui niente funzionava, sotto 1-5 nel secondo set, Jannik si è avvicinato al suo angolo e Vagnozzi, suo allenatore, gli ha consigliato di usare quel game per provare a fare qualcosa di diverso e, nello specifico, di allontanarsi dalla riga in risposta anche sulla seconda di servizio dell’avversario. Quel game Sinner l’ha vinto, la rimonta è finita corta e il set è terminato 6-3 in favore del russo, ma in quel momento, per lui, era importante trovare qualcosa che funzionasse, che facesse sorgere un minimo dubbio nella mente dell’avversario. Perché, se è vero che una partita di tennis assomiglia a un romanzo, rimane comunque un evento sportivo, e nello sport, la mente e le tattiche adottate fanno sempre la differenza. Nel momento di massima difficoltà, Sinner ha trovato un piccolo spiraglio di luce a cui aggrapparsi, un obiettivo da perseguire, e quando la testa è confusa per la tensione e non riesci a essere lucido, giocare con una strategia, per quanto ancora in fase embrionale, può farti cambiare marcia.

Nel terzo set Sinner ha lavorato intorno a quell’obiettivo, da particolare (circoscritto solo alla seconda di servizio), l’ha reso generale, si è allontanato dalla riga di fondo, prendendosi il tempo per caricare meglio i suoi colpi e ha atteso il momento giusto per fare la differenza all’interno degli scambi; la fretta dei primi due set è sparita, la tensione, dal momento che non c’era più niente da perdere, pure e, all’improvviso, la partita è tornata a essere “normale”, depurata da tutti i fattori esterni, lavata da un'ansia che sembrava aver fatto smarrire il giovane italiano. 

Da quel punto in poi Sinner si è ricordato di come aveva fatto a battere Medvedev negli ultimi tre incontri, ha ritrovato tutti i suoi miglioramenti, il braccio e le gambe si sono decontratte, e quella strategia (cercata per tutta la partita) basata sulla diagonale di rovescio, seguita da un cambio in lungolinea, ha finalmente iniziato a funzionare. Dopo il terzo set c’è stata la netta sensazione che qualcosa fosse cambiato, Medvedev ha iniziato ad accusare un pochino di stanchezza e la versione brillante e feroce dei primi due set, ha lasciato spazio a una che Sinner conosceva bene, ma soprattutto sapeva come battere. Nel quarto e quinto set il russo si è rifugiato nel suo passato, mentre Sinner si è ricordato del presente e ha messo in pratica tutto quello che aveva funzionato nelle precedenti sfide tra i due, a partire da un servizio sempre più incisivo; i colpi dell’italiano hanno iniziato ad avere il suono che conosciamo bene e nessun giocatore al mondo al momento ha i tappi per le orecchie necessarie per contrastarlo, neanche la super versione di Medvedev vista ieri.

Dopo il break nel quinto set serviva solo non tremare, ma ormai il percorso era concluso, le pagine finite, c’era solo da mettere la firma, un dritto supersonico lungolinea e sdraiarsi in terra, sotto al cielo di Melbourne. Sinner non ha solo vinto il primo slam della carriera, lo ha fatto rimanendo fedele al suo personaggio, entrando con molta tensione in un territorio inesplorato, immagazzinando le informazioni necessarie nei primi due set e diventando infallibile quando era a un passo dalla sconfitta e, diciamocelo, quasi più nessuno credeva in lui. Ha ricreato in una sola partita tutta la sua carriera, mettendo in scena, sul palcoscenico più importante, il processo di cui ha sempre parlato, anche quando le cose non andavano bene e i risultati faticavano ad arrivare.

Imparare, perdere, imparare ancora, perdere meglio, imparare di più e alla fine vincere, Sinner ci ha insegnato che se intorno hai le persone giuste e credi nel percorso che stai affrontando, non è una questione di se vincerai, ma una questione di quando. Ieri, domenica 28 gennaio 2024, è stato il suo quando.

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