C’è un documento di 117 pagine che racconta meglio di tanti altri la stagione appena conclusa in MotoGP. È il ‘2024 Final Falls Report’ diramato da Dorna, una classifica dettagliatissima di cui si potrebbe scrivere da qui a marzo. Eppure il dato più impressionante è uno: Pecco Bagnaia, quest’anno, è caduto soltanto 9 volte, contro le 28 di Pedro Acosta, le 24 di Marc Marquez e le 21 di suo fratello Alex, che completa il podio dei più grandi cascatori delle tre categorie. Jorge Martín, in questa classifica, è all’ottavo posto con 15 cadute (a pari merito con Franco Morbidelli, Johann Zarco e Auymu Sasaki, in Moto2).
Sotto un certo punto di vista Pecco Bagnaia ha quasi prodotto un miracolo, almeno considerando il tempo che ogni pilota passa in pista in una stagione, altro dato interessante per il quale non servono neanche le statistiche Dorna: due turni di venerdì, per un totale di un’ora e 45. 30 minuti di libere, 30 di qualifiche e circa 20 di Sprint il sabato. 10 minuti di warm up e 40 minuti di gara la domenica. Il totale di quasi quattro ore (3:55, per l’esattezza) per ogni weekend su di una MotoGP, che moltiplicate per le venti settimane di tutto il calendario fa 80 ore, ovvero il tempo massimo che un pilota della MotoGP può passare sulla sua moto. Poi di fatto tra cadute, minuti passati ai box, turni bagnati e tempi morti la media sarà all’incirca di 50 ore all’anno. Un numero che fa riflettere se pensiamo che per molti di noi 50 ore sono quelle a cui siamo chiamati a lavorare per buona parte delle settimane della nostra esistenza.
Detto questo, cadere soltanto nove volte come ha fatto Pecco Bagnaia è notevole, specialmente se sei costantemente in lotta per la vittoria. Ancora di più se consideriamo che non è mai caduto in prova, mai in tutta una stagione. Bagnaia infatti ha collezionato tre cadute in gara la domenica (a Portimao, ad Aragon e a Misano 2) e cinque nella Sprint del sabato (A Jerez, Le Mans, Barcellona, Silverstone e Sepang), oltre a una caduta, la nona, durante la Q2 del GP di Francia. Mai una caduta il venerdì, mai una scivolata il sabato mattina. Per quanto abbia sempre fatto così (nel 2023 le cadute furono addirittura 8, pur considerando le Sprint) l’approccio di Pecco sembra non aver pagato fino in fondo. O, comunque, forse qualcosa andrebbe rivisto. Bagnaia avrebbe potuto ‘assaggiare’ curva cinque a Barcellona in prova magari, oppure curva nove a Sepang, entrambe curve a sinistra, da affrontare a bassa velocità e con una configurazione che rende facile scivolare perdendo l’anteriore. Marc Marquez - che con questo approccio ha costruito una carriera - e Pedro Acosta testano regolarmente le curve più critiche, tanto da dichiararlo senza grossi problemi ogni volta che gli viene domandato. Marco Lucchinelli, addirittura, racconta che negli anni Settanta e Ottanta, quando i circuiti del motomondiale erano spesso e volentieri inediti, il pilota faceva i primi giri cercando di capire dove poteva permettersi di cadere. Dove, in altre parole, farlo non gli sarebbe costato la vita e quindi si poteva esagerare.
Questa statistica dice molto di Pecco Bagnaia, a partire dal fatto che se fosse dipeso da lui non sarebbe mai scivolato in questa stagione, né tantomeno in quella prima. Non c’è spazio per gli errori, nella sua testa. Per provare a sbagliare. Ma gli errori, campione o meno, pilota o meno, arrivano per tutti. Forse, per battere Jorge Martín quest’anno e Marc Marquez il prossimo, servirà anche questo: concedersi di sbagliare, ogni tanto. Per non farlo quando proprio non si può.