C’è un nome che risuona più di tutti quanti gli altri al PalaLeonessa di Brescia, dove la Virtus Bologna si è laureata campionessa d’Italia per la diciassettesima volta nella sua storia: è quello di Achille Polonara, Achi o Achillò per i compagni, assente in campo ma presente nella mente e nel cuore di tutti coloro che quella finale l’hanno vissuta, dopo la diagnosi di leucemia mieloide arrivata a poco più di ventiquattr’ore dal fischio di inizio. La curva ne canta il nome instancabilmente, mentre i giocatori, dopo essere scesi in campo nel riscaldamento indossando la sua maglia, la numero 33, subito dopo il suono della sirena lo hanno abbracciato da lontano.

Dopo il fischio finale infatti, tutti hanno pensato a quel compagno, addirittura “fratello” per alcuni, costretto a combattere una battaglia ben più importante della finale appena giocata: “Questa vittoria è soprattutto per lui” afferma commosso Daniel Hackett a Sky Sport, mentre più volte scuote la testa. “È difficile ma ‘Achi’ è un guerriero e sappiamo che lotterà. Vincerà anche questa battaglia e speriamo di avergli regalato un sorriso. Ci manchi!”. Poco dopo invece tocca a Toko Shengelia, protagonista di una scena da brividi, perché mentre il georgiano stava dedicando il successo al compagno durante un'intervista, dalla folla gli passano un telefono, su cui c’è proprio Polonara: in un attimo cambia sguardo e, guardando dritto nello schermo, afferma accennando un sorriso “Achille, ti voglio bene. Babu…Questa è per te, è per te. Ti voglio bene!”. Lo indica, poi si tocca il cuore più volte mentre al suo fianco arriva anche Isaïa Cordinier, che un poco dopo, in italiano, non si trattiene: “Oggi abbiamo giocato per una persona che io amo con tutto il mio cuore, Achille. Forza Achi, sei stato con noi per tutta la partita. Ti amo”.

Tra la folla c’è poi chi, come Alessandro Pajola, ha ripreso la maglia numero 33 e se l’è rimessa sulle spalle, per poi mostrarla alle telecamere aggiungendo: “Lui è qui con noi e questo Scudetto è tanto nostro quanto suo. L’ha vinto insieme a noi e non vediamo l’ora di riabbracciarlo. È forte e supererà anche questa”. Sì, perché la leucemia non è il primo male combattuto da Polonara, dopo che nell’ottobre del 2023 era stata una neoplasia testicolare a fermarlo, poi battuta dopo un intervento chirurgico e della chemioterapia. Intanto però, a Brescia la Virtus è stata di parola, dopo che lo stesso Polonara aveva detto “Martedì voglio dormire con la Coppa”. E così è stato, perché nella notte una delegazione della squadra composta da capitan Marco Belinelli, Alessandro Pajola e Toko Shengelia si è recata in ospedale per condividere con lui il trofeo conquistato. Glielo aveva ripromesso lo stesso Belinelli una volta tornato negli spogliatoi insieme ai compagni, videochiamandolo e rendendolo partecipe di una festa di cui era lui il vero protagonista, e alla fine quella coppa l’ha alzata per davvero, affacciandosi dalla finestra della sua camera d’ospedale sorridendo e salutando i numerosi fan che erano lì sotto.
Un’autentica storia di sport capace di andare oltre tifo e simpatie, emozionando e avvicinando in tanti alla storia di un uomo, prima che giocatore, che ha dovuto lottare e continuerà a farlo, per tornare l’Achille di sempre, quello capace di vincere soprattutto fuori dal campo. Perché in fondo, guardando le immagini di quella videochiamata o di quel trofeo mantenuto e poi alzato con il sorriso ci siamo sentiti tutti toccati, almeno per un attimo, da quanto successo. “Per te Achi, te lo avevamo promesso”.
