Altro che ingiocabili, l’Inter di Pasadena ci è sembrata un pugile suonato che, nonostante le gambe piegate, ha provato ad alzarsi in piedi per terminare il round. Le ferite delle cinque sberle di Monaco di Baviera sono apparse ancora evidenti nella testa dei giocatori nerazzurri che non sono riusciti ad andare oltre il pareggio, nel debutto al Mondiale per club contro il Monterrey. Anzi, nel finale, sono stati i messicani a sfiorare il gol vittoria e forse sarebbe stato troppo.
Però così non ci siamo. La finalista di Champions League, solo un mese e mezzo fa con il vento in poppa, nonostante in campionato quasi consegnato al Napoli, e pronta per completare una grande impresa che poi si è trasformata in disastro (non stiamo certo qui a cercare di nuovo spiegazioni), non può rischiare di perdere contro una squadra che si presenta con alcune stelle, Ocampos, Canales e Sergio Ramos, in pre pensionamento, l’ex Siviglia Oliver Torres, il “Tecatito” Jesus Corona e un gruppo di ragazzi che il calcio europeo lo hanno visto solo in televisione.
Per questo sono inutili troppi giri di parole e scappatoie retoriche. Il pareggio per uno a uno si può descrivere solo con una parola: mediocrità. L’inter è apparsa sgonfia, probabilmente non al meglio fisicamente, ma anche vuota nella testa. Eppure di cose ne sono cambiate in queste settimane, ma non sono bastate per rimettere in fila le motivazioni giuste nell’anima di un gruppo di ragazzi lacerati da una stagione che li ha sfiniti. Se sei l’Inter non puoi permettertelo e hai il dovere di giocare da grande squadra, sempre.
Qualcosa di nuovo, nell’impostazione tattica di Cristian Chivu, si è visto. Difesa più alta, volontà di tenere palla e dominare il gioco, pressione sugli avversari. Troppo poco nel complesso, perché i nerazzurri hanno messo la testa fuori solo dopo il gol di Sergio Ramos, che ha approfittato di una marcatura ballerina di Bastoni e Acerbi, e ha obbligato i nerazzurri a rispondere subito per evitare il baratro.
Ci ha pensato Lautaro, perlomeno a pareggiare, ma poi si è tornati a passeggiare in una prestazione di squadra marcatamente insufficiente, con il brivido finale perché se il tiro dell’immarcescibile Nelson Deossa, colombiano tutto corsa niente male, fosse finito in rete, sarebbe stata una tragedia. Di buono poco o niente, se non qualche ottimo spunto del debuttante Luiz Henrique, più in ombra invece Sucic.
E ora? Per l’Inter si mette male perché c’è già la qualificazione a rischio. Se, sulla carta, contro i giapponesi dell’Urawa Reds, i tre punti dovrebbero essere quasi una formalità, il girone si chiude con la super sfida contro il Rivel Plate. E la squadra vista in campo al Rose Bowl di Pasadena potrebbe non farcela. Sarebbe una tragedia, l’ennesimo fallimento del calcio italiano.
