Quella di Austin non è la vittoria più bella di Pecco Bagnaia. Non è la più cercata, non è la più voluta, non è la più importante, ce ne sono state altre ben più significative, ben più spettacolari, assai epiche. Vittorie che formano un mazzo di fiori piuttosto corposo, abbondante, simbolo della storia di un campione. Diventa difficile scegliere, stilare classifiche, scartare le corolle meno profumate. Eppure questo inno di Mameli fatto strimpellare in terra texana ha personalità, emana un odore ben preciso: quello del successo più sperato, così tanto auspicato e sognato da diventare necessario. È come se Pecco, con la forza dell'attesa e della pazienza, avesse trascinato l'ineluttabile incedere degli eventi dalla sua parte: i fogli dei tempi nelle prove dicevano che Marc Marquez non lo avrebbe mai lasciato per più di una manciata di curve in testa, eppure a tagliare il traguardo davanti a tutti alla fine è stato Bagnaia. Perché Marquez è caduto? Anche, sì, ovviamente, ma è stato più Pecco a farsi trovare pronto, a prendere al volo l'unica combinazione di fenomeni che potesse permettergli di annusare l'essenza che più gli mancava: quella che si respira dal gradino più alto del podio, dove le narici inalano l'estasi.
Non era nell'aria la vittoria di Pecco Bagnaia al COTA, eppure dopo la Sprint Race del sabato la sensazione che il vento stesse cambiando cominciava ad aleggiare, cauta come l'ottimismo ritrovato del 63. Le enormi bandiere texane e a stelle e strisce che decorano lo sfondo della pista americana hanno inziato a garrire in un'altra direzione a pochi minuti dall'inizio della gara: Marc Marquez che scatta verso i box per prendere la moto d'asciutto e Pecco che lo insegue come un cane da guardia, Marquez che ha problemi ad ingaggiare l'abbassatore anteriore allo spegnimento dei semafori mentre Bagnaia replica la partenza fulminea della Sprint Race, Marquez che al primo errore non riesce a salvarsi per miracolo (come era successo sabato) ma viene punito da un cordolo seghettato e viscido calpestato troppo internamente, lo stesso su cui Pecco era passato nel giro di allineamento, fiutando il pericolo ("Quella pacchiarina scivolosa", come dirà lui) e restandoci alla larga. Poco prima della scivolata di Marc, Pecco per la prima volta in stagione riusciva a sorpassare e staccare il fratello Alex, decostruendo un andazzo (la "doppietta" dei Marquez, emblema di questo avvio di 2025), che non poteva durare all'infinito.

Si è fatto gli affari suoi Pecco Bagnaia in questo primo complicato mese di MotoGP 2025. Distacchi pesanti presi da Marc Marquez, l'altro Marquez a complicare le cose, l'opinione pubblica che rumoreggia e in un istante ti ridimensiona. Mentre tutti fuori borbottavano la loro idea, Pecco ha lasciato da parte la foga che la pressione sociale avrebbe potuto recapitargli e si è messo a seguire se stesso, le sue sensazioni, gli insegnamenti introiettati dalle sconfitte del passato: ingoia, raccogli punti, non forzare sempre la situazione per andare all'assalto della perfezione, perché a volte può rivelarsi controproducente. Perché a volte, quando semini lavoro restando in silenzio, le cose si sistemano da sole: Marc Marquez cade dal trono del suo regno e tu, che avevi l'umore sottoterra, galleggi improvvisamente sulle nuvole. Si schiudono gli orizzonti, sbocciano i fiori, in una domenica dal cielo coperto Austin sembra scoppiare di colori. Abbracci il Bez nel giro d'onore e lui ricambia con impeto, stringi la mano ad Enea che te la scuote come se stesse preparando un cocktail, guardi gli occhi di Luca sotto la visiera oscura e capisci che, orgoglioso, ti sta sussurrando: "Bravo Pecco, così si fa". Poi alle interviste ti dicono che hai riaperto il Mondiale e tu, giustamente, sottolinei che un campionato dopo tre gare non poteva considerarsi chiuso. "Non ho più voce" - ammetti infine - prima di descrivere sinteticamente l'aroma di questa bella giornata: "Vincere ragazzi...è ciò che ti fa andare avanti". Questo, adesso, è un gran bell'andare.
