C’era una volta il tennis da salotto, quello con i circoli pieni di signori in Lacoste e le madame appassionate di Edberg perché “così elegante”. Poi è arrivato Sinner, ha scassato tutto e oggi gli Internazionali d’Italia sono diventati come una miniserie Netflix, commentata anche da chi confonde il doppio fallo con una mancanza di galateo. A questo circo ipermediatico Andrea Scanzi ha voluto dedicare il suo pagellone sul Fatto Quotidiano, tra ironie chirurgiche e stoccate da fondo campo dell’articolo. “Il tennis – scrive Scanzi – è diventato uno sport (sin troppo) nazionalpopolare, non meno dello sci al tempo di Tomba, e gli Internazionali d’Italia sono stati seguiti (spesso a casaccio) da quasi tutti. Un pagellone diventa dunque obbligatorio” E sia.
Alcaraz, voto 10. Scanzi lo ama quanto lo schiaffeggia. Lo definisce “il giocatore coi picchi più alti del circuito” e “il favorito al Roland Garros”. Ma gli imputa quella “Modalità Stocazzo” con cui entra in campo, sempre intento a dimostrare “che lui ce l’ha più lungo di tutti”. A cosa si riferisce? Allude a una certa vanità tecnica, un approccio da funambolo geniale ma svagato. Tradotto: se la tira troppo, e per questo rischia di perdere da un Davidovich Fokina qualsiasi. Ma contro Sinner si trasforma e dà sempre il massimo, e il 7-4 nei confronti diretti ne è la prova.
Paolini, voto 10. “Solo lodi”. Il trionfo nel singolare e nel doppio con Errani, il sorriso stampato sul viso, la gioia di chi gioca senza sovrastrutture. Fa la storia, e lo fa con grazia.
Errani, voto 9. “Grande singolarista, strepitosa doppista, ancora vincente a un passo dai quarant’anni”. Semplicemente un monumento. E Scanzi, per una volta, mette da parte il sarcasmo e inchina la tastiera.

Sinner, voto 9. Tornava dopo tre mesi di stop, “sperava di vincere al massimo 2-3 partite” e arriva in finale. Gioca “in maniera inumana” nei quarti con Ruud. Eppure, c’è chi lo accusa di mezza delusione: “Non diciamo belinate, dai”. Per Scanzi, Sinner è già “fenomeno totale”, con continuità e professionalità da cyborg. L’opposto di Alcaraz, e forse per questo destinato a superarlo, anche se, almeno per ora, non sulla terra rossa (superficie più lenta e faticosa), dove è oggi il secondo al mondo. Sul veloce (tipo cemento e indoor), il primo.
Musetti, voto 9. “Gioia per gli occhi e talento puro, faro nella notte per chi rimpiange il bel tennis che fu”. Caravaggio con la racchetta, bestemmia e impreca più McEnroe e incanta come Gasquet ai tempi d’oro. Per chi ama il rovescio a una mano e le volée d’autore, Lorenzo è una messa laica. Ma guai a chiedergli la regolarità di un Federer: “I Caravaggio non possono certo dipingere un capolavoro al giorno”.
Berrettini, senza voto. “L’unico grande dolore dell’italtennis”, Infortuni su infortuni, addominali in frantumi. Ma talento e cuore restano, e Scanzi – che di solito mena fendenti – qui sussurra: “Non può piovere per sempre”.

Finita la sezione celestiale, si scende negli inferi (tra attivi e passivi).
Gauff, voto 3. A Roma ha giocato “così male e così ottusamente che, a tratti, non sembrava Gauff ma Renzi”. Ecco l’altro grande avversario del pezzo. Per Scanzi, se la Gauff odierna fa finale a Roma e naviga nei vertici Wta (la categoria femminile), significa una sola cosa: il circuito rosa è “spesso malinconico”. L’esempio sferzante: “Ai tempi delle Navratilova e Novotna, la Gauff avrebbe fatto al massimo la raccattapalle”. Tranchant. E discutibile, certo.
Rai, voto 4- (meno). “Piena di giornalisti bravissimi, ma il tennis non pare proprio cosa loro”. La telecronaca per Scanzi (e non solo lui) è approssimativa, un rosario di provincialismi, la regia incerta. Il paragone con Sky e SuperTennis “resta impietoso”. L’eccezione? L’eterno Adriano Panatta, “puntuale e spietato” persino con la Rai stessa. Una voce fuori dal coro che salva (parzialmente) il coro stesso, finché lo faranno partecipare.
Manuel Messina, voto 8.5. Non un tennista, ma un giudice di sedia. Eroe pop per un attimo di romanità rivolto a qualche esagitato del pubblico purissima durante Zverev-Fils: “Ma che te strilli? Prima del servizio non strillare!”. Più che un richiamo, un verso di Gigi Proietti. Applausi.
E poi, lui. L’ospite indesiderato (per Scanzi).
Renzi. In tribuna durante la finale e onnipresente nei pezzi della firma del Fatto Quotidiano. “Ovviamente non ha portato bene a Sinner”. Scanzi non lo giudica, lo evoca. Come i mostri nei racconti di Lovecraft.