La MotoGP è ripartita, ma nel mondo si parla di guerra. Pochissimi piloti ne hanno parlato, alcuni di loro però si sono presentati in Qatar con un adesivo sul casco realizzato da Aldo Drudi. Il messaggio - ripreso da una canzone di John Lennon - è drammaticamente semplice: give peace a chance. Ma di Drudi, nel paddock di Doha, si parla anche a causa delle nuove vie di fuga che riprendono l’idea di Misano, Ride on Colors. Solo che, a differenza del circuito dedicato a Marco Simoncelli, in Qatar manca la fantasia. Ne abbiamo approfittato per intervistare Aldo Drudi, l’artista del motomondiale. Lui risponde subito perché è blindato in casa: “Ho preso il covid, ma per fortuna è come se non avessi nulla. È la seconda volta che lo prendo, non mi sono fatto mancare niente”. È di buon umore, ma anche preoccupato quanto incazzato per la guerra in Ucraina.
Il tuo ‘Give Peace a Chance' è diventato in fretta un simbolo in MotoGP. Come è venuta fuori?
“È un’idea di Carlo Casabianca, che è il responsabile della preparazione dei ragazzi della VR46 e soprattutto di Franco Morbidelli. È un caro amico e me l’ha proposto, ma con me ha sfondato una porta aperta. Poi con Franco avevamo già fatto un casco contro l’apartheid, lui è tra i più sensibili a queste cose. Carlo ci ha fatto ascoltare questo inno alla pace di John Lennon e abbiamo creato in pochissimo tempo la grafica. I ragazzi erano in aeroporto, stavano partendo. Così al posto del casco speciale abbiamo creato un adesivo da piazzare sul casco”.
È una bella idea, quasi stupisce che l’abbiate fatto solo voi.
“Sai, credo che in queste occasioni ognuno dovrebbe dare un segnale nei limiti del ruolo che ha nella società. Noi facciamo questo lavoro qui e facciamo una cosa piccolina. Il Papa si esporrà per le sue competenze, un capo di stato farà lo stesso. L’unica libertà che ci possiamo permettere è dire che della nostra vita vorremmo essere noi gli artefici. Se ci fai caso non abbiamo usato i colori dell’Ucraina - che era la cosa più semplice e banale da fare - perché il messaggio è un altro. Non è normale che nel tremila si faccia la guerra. Poi si può parlare di guerre di serie a e di serie b, perché se muore un europeo è un disastro, ma se capita a uno di colore non frega un cazzo a nessuno. Dovremmo agitarci un po’ di più, con Morbido l’abbiamo fatto in maniera molto soft. Però io sono un disegnatore, lui un pilota di moto ed è già molto quello che fa. Stavolta però bisognerebbe incazzarsi un po’ di più. Ieri hanno attaccato una centrale nucleare, siamo alla follia”.
La tua bravura è quella di sintetizzare messaggi che magari sono anche complessi. Hai un casco, uno spazio spesso contenuto, e devi rendere un’idea chiara in poco tempo.
“Anche la canzone che ha suggerito Carlo è molto semplice, non devi capire niente. È tutto molto stupido e mi meraviglio della demenzialità della guerra. Del motociclismo qualcuno dice che è pericoloso, invece è un inno alla vita. Sei tra la vita e il pericolo, devi affrontare le avversità con il gas in mano, quindi con la piena consapevolezza di quello che si sta facendo. Invece vediamo che la vita di tanta gente è nelle mani di pazzoidi, gente che per leggi economiche o problemi personali gioca con la vita di milioni di persone. Lì ci sono bambini, malati oncologici che non sanno come curarsi. Il Papa apre la finestra e dice: ‘Preghiamo’. Vabé, preghiamo. Ma tira fuori le scarpe da San Pietro!”.
Amen.
“Io non sono molto social, lo uso un po’ per lavoro e un po’ mettendo qualche puttanata ogni tanto. Forse stiamo dimenticando di avere un’arma potentissima con cui potremmo arrecare danni alla Russia. Una campagna mondiale, che ne so. Immagino uno slogan semplice, come ‘Putin non è la Russia’ perché è vero, lì c’è la gente che si fa arrestare contro la guerra, come in America durante la guerra del Vietnam. La gente ci sta mettendo i maroni perché ti vengono a prendere e ti mettono in galera anche se sei una signora di ottant’anni o un bambino che porta i fiori davanti all’ambasciata. Tutta questa gente che vive di social potrebbe dirlo. Non ce l’abbiamo con i russi, ce l’abbiamo con le teste di cazzo. Siamo solo contro la guerra”.
Parliamo un po’ di cose leggere, un po’ di colore. C’è questo video in cui si vede che il Circuito del Qatar ha fatto una trama nelle vie di fuga che ricorda (male) il tuo lavoro a Misano. Sapevi che l’avrebbero fatto?
“Si, perché mi hanno cercato per farla”.
E tu hai rifiutato?
“Si, perché nell’accordo mi hanno imposto la loro grafica. Io l’ho detto chiaramente: ho un ufficio grafico e vengo a farlo se la grafica è mia, e lì la cosa è naufragata. Non ho mica una squadra di verniciatori, la organizzo se il progetto è mio”.
È un pattern molto lontano dalla fantasia, dal movimento e dal colore che c’è a Misano. Però il lato positivo è che quando vedi come l’hanno fatto in Qatar ti rendi conto ancora di più dell'unicità di quello a Misano.
“Io ho inteso Misano come una cosa in divenire, quindi ogni anno sarà ritoccata e rivista. In Qatar è lo stesso disegno che si ripete, un po’ come un tappetino o un braccialetto brasiliano. Non c’è un’idea di base, è solo un decoro grafico che - per carità - ci sta anche. Ma se devo dirti che mi piace… dico di no. I più fortunati sono quelli di Austin, loro hanno il grande vantaggio dello star and stripes. Se sbagli quello, diobò, bisogna che cambi mestiere!”.
Anche perché la pista aiuta.
“Si, c’è quella serie di curve che quando vengono inquadrate… Misano aveva altri problemi ma mi sembra che siamo riusciti a risolverli. Per Doha avevamo proposto una cosa, riprendeva un po’ la loro cultura e i loro colori. Però dal Qatar mi hanno detto che avevano già pagato il fornitore e che non se ne poteva fare niente. Mi è dispiaciuto non poco, dico la verità. Sai cosa però? Nel video in cui mostrano il loro lavoro ho visto questo robot che traccia le linee, pazzesco. A Misano eravamo attrezzati coi tastatori satellitari a segnare il punto, poi uno li ha uniti come nella Settimana Enigmistica. Invece sto robottino è una figata atomica, conta che noi il primo l’abbiamo tracciato coi cavi elettrici lunghi cinquanta metri!”.
Eh, quello devi comprarlo anche tu!
“Si, quello adesso ci vuole come il pane! (ride, ndr.)”
Torniamo allo stile: la moto più bella sulla griglia della MotoGP?
“Allora, noi ne abbiamo disegnate tre quest’anno. Però anche la Honda HRC riprende molto le grafiche che avevamo fatto tanti anni fa. È molto simile a quella livrea che avevamo fatto con il bianco al posto del blu Repsol pensata per svecchiare un po’ la moto. Noi seguiamo Yamaha ufficiale, Ducati ufficiale e Team Gresini”.
Quella del Team Gresini è venuta proprio bene, lo diceva anche Andrea Ferraresi che dirige il Centro Stile Ducati.
“Dietro quel colore c’è tutto un discorso. Una nuova sfida per un gruppo molto giovane, senza Fausto che trainava tutti. Quel colore è dolce, ma anche nervoso. È freddo, reattivo, come un cielo dopo la tempesta che si è ripulito ma è carico di energia. Fausto, poverino, ci ha lasciati per una questione di aria e non so che altro colore potevamo scegliere per questa nuova sfida della famiglia e dei ragazzi che sono lì. Abbiamo azzardato. Non c’è grafica, abbiamo messo colore solo sui dettagli tecnici. Le alette, gli spoiler rossi, un tassello sul serbatoio. Non ci sono segni grafici e sono contento che piaccia. Non voglio giudicare gli altri ma è quella a cui sono più affezionato”.
Come stai vivendo l’assenza di Valentino? E poi: lo disegni tu il suo casco per correre in macchina?
“Si, con Vale continuo puntualmente a lavorare, facciamo le cose per le auto quando è possibile farlo perché, per esempio, la livrea dell’Audi di quest’anno è quella del team, ma per le sue cose siamo sempre qua. C’è da ricolorare la nuova vita di Valentino Rossi e sarà comunque fantastico, perché lui quando fa le cose le fa sempre bene. Far parte di quelle storie è sempre una bella sfida. È chiaro che vedere la MotoGP senza di lui fa un po’ strano, è lì che aleggia su tutti. Ma per lui non aveva più senso continuare”.
Chi vince in Qatar? E il mondiale?
“Non mi dai neanche tempo di guardare le prove fino in fondo! In Qatar secondo me vince una Ducati, però ogni volta si dice che la Yamaha è in crisi e poi… Anche se purtroppo ci siamo dovuti dimenticare di Valentino credo che sarà un campionato grandioso, ci sono tanti bei personaggi in pista. Io sono affezionato a Morbidelli, a Marini anche… Luca è tornato da noi appena ha potuto fare il casco libero. Però dico Morbido che comunque se lo merita, due anni fa è andato vicinissimo a vincere il mondiale ma è stato molto sfortunato”.
Quindi Ducati per il Qatar e Franco per il titolo?
“Direi di sì. Pecco non ha niente da dimostrare, ma quest’anno in molti dovranno fare i conti con i piloti più piccoli, ho idea che le nuove tecnologie aiuteranno tanto i piloti compatti come Marquez, Martín, Bastianini. Ho visto delle fotografie con le moto in staccata in cui entravano con gli abbassatori innestati. Mettono non so quanti chili sul freno, per assurdo Marini farà molta più fatica di altri piloti mentre tempo fa chi aveva leve più lunghe era avvantaggiato. Poi lavorando sulle carene ho notato che quest’anno le moto sono più rastremate, sottili”.
Anche l’Aprilia, che con quel viola non è niente male.
“Si, davvero. Ho trovato un po’ troppe moto scure, ma vediamo. Spero di fare qualche livrea in più l’anno prossimo”.
Quella del Mooney VR46 Racing Team non l’hai fatta tu, giusto?
“No, io collaboro con Valentino e qualche pilota, in futuro mi piacerebbe disegnare qualche moto in più. Ve lo farò sapere subito!".