Tanti ci hanno creduto, molti di più sono stati quelli che c’hanno sperato in nome di un po’ di equilibrio in più e poi c’è lui, Alex Marquez da Cervera, che c’ha provato, credendoci il giusto, ma senza staccare mai i piedi dalla terra. “Non sono un pilota ufficiale, non devo vincere per forza il titolo”. L’ha ripetuto come un ritornello in ogni singolo week end di gara in questa prima metà della stagione 2025, quasi a voler sottolineare che sarebbe stato opportuno su tutto il buono conquistato, piuttosto che sul poco che mancava per raggiungere l’irraggiungibile Marc. Eppure c’è ancora chi sostiene che Alex Marquez a Assen abbia vissuto lo sliding door della sua stagione, come se davvero avesse potuto vincere questo titolo dando paga a quel gigante che per tutti è Marc Marquez e per lui è suo fratello. Il tutto mentre i detrattori parlavano di favoritismi, di “eh ma Alex chiude il gas quando è vicino a Marc” e teorie assurde sui soliti complotti. Solo che la verità, come capita spesso, è stata sempre un’altra: Alex Marquez ha fatto il suo come meglio poteva, al massimo delle sue possibilità e mettendoci tutto quello che poteva metterci, senza pensare mai davvero a Marc, Pecco, classifiche generali e rivincite da fratello minore.

Ora, in una intervista a Marca, l’ha anche praticamente detto. Raccontando di nuovo dell’infortunio di Assen, spiegando che sì non ci voleva per tutto quello che ha comportato e per la sofferenza con cui gli ha fatto fare i conti, ma pure che l’obiettivo adesso è lo stesso di qualche mese fa, con l’unica differenza di poterlo ammettere molto più candidamente di quanto non potesse fare prima. "Sono stato piuttosto sfortunato - ha raccontato – ho capito quasi subito che qualcosa non andava e infatti quello che sembrava un banale problema a un dito s’è rivelato qualcosa per cui c’è stato bisogno di un intervento chirurgico. Sono tornato abbastanza rapidamente, ma non senza difficoltà e senza condizionamenti. Quindi l'importante per me è non ripetere questo in futuro, perché sono errori che costano molto e non va bene con la stagione che stiamo facendo".

La “stagione che stiamo facendo” rimarcato come si rimarca qualcosa di cui andare orgogliosi, senza cedere al dubbio su fino a dove si sarebbe potuti arrivare, con Alex Marquez che poi aggiunge: “Abbiamo fatto dodici gare, ne restano dieci, siamo secondi nel campionato, questo nessuno ce lo toglie. È vero che ora con il leader sono 120 punti di svantaggio e è praticamente impossibile essere campioni se non succede qualcosa di strano", ha ammesso con realismo Alex. Ma per noi, essere così vicini fino a un punto così lontano nel campionato è molto, anche se sappiamo come ci siamo arrivati”. E’ ingiusto parlare di sogno spezzato, di cambio di obiettivo o, ancora peggio, riferire di un Alex Marquez che s’è arreso a Marc per mettersi deliberatamente a correre su Pecco Bagnaia, così da tenerlo a distanza (e magari mandare anche un messaggio a Ducati per il 2027). Alex Marquez in queste ultime dichiarazioni ha semplicemente detto la stessa cosa che diceva già a inizio stagione, dimostrando che i sogni bisogna andare a prenderseli sempre alla massima velocità possibile, ma senza staccare mai troppo i piedi da terra. E’, come avrebbe detto un certo Enzo Ferrari, la chiave del successo: distinguere la passione che spinge verso la ricerca e il superamento dei limiti, anche propri, dall’ambizione, che invece troppo spesso acceca.
“La passione – diceva proprio il Drake -permette di sopportare amarezze e rinunce che l’ambizione non giustificherebbe in alcun modo”. L’amarezza, per Alex Marquez, di un infortunio che ha spezzato un ritmo e la rinuncia a cedere all’ambizione e ai sogni troppo facili. Per restare sull’unica strada che paga sempre: il lavoro. Con, al di là delle narrazioni che si fanno o dei titoli buttati là scomodando verbi pericolosi come “arrendersi”, la pulizia di stare sempre al vero delle cose, anche quando significa ammettere che per puntare al cielo è fondamentale darsi l’obiettivo, intermedio, di puntare un gradino più giù del cielo. Contro i propri limiti, al limite contro la propria ambizione, ma non certo contro questo o quell’avversario o in favore di un fratello. Essere realisti, insomma, non è spezzare i sogni, ma lavorare per andare a prenderli, con passione e senza troppa ambizione.