“Nel 2021 ero ossessionato da come erano andate le cose con Honda, che l’anno prima mi aveva scaricato dal team ufficiale prima ancora di poter dimostrare qualcosa” – Lo ha raccontato Alex Marquez a Manuel Pecino, per SpeedWeek, rifiutando, però, di parlare degli attuali problemi della Honda e pure della reale situazione di suo fratello Marc. Lui, adesso, è un pilota Ducati e tutto ciò che ha da dire su Honda vuole coniugarlo al passato. Perché è il passato che riguarda.
“Con la Honda ufficiale – ha raccontato – ero riuscito a salire sul podio e non capivo proprio perché l’anno dopo avrei dovuto cambiare per passare al team satellite quando invece avremmo potuto proseguire con il lavoro che cominciava a dare frutti lì in quel box. Poi non l'ho gestita molto bene nel 2021: ero un po' ossessionato e spingevo perché volevo sempre essere davanti alle moto ufficiali e mi sono un po' perso sulla mia strada. Su certe situazioni di mette la parola fine, ma non si dimenticano. Dico sempre che ho imparato molto: è stata dura, ma avevo le persone giuste intorno a me che mi hanno aiutato molto”. Persone che poi gli sono state vicine anche nella nuova avventura con Ducati, dove ha trovato un modo di lavorare totalmente diverso e una squadra per cui l’umanità viene prima di tutto, come quella di Nadia Gresini.
“Il rammarico – ha affermato il più piccolo dei due fratelli di Cervera - sono i tre zeri che non sono stati colpa nostra: pesano molto. Sono cose che succedono, ma rimango positivo perché la velocità c'è. Questo mi genera sicurezza”. Una sicurezza che gli arriva anche dal rapporto con Gigi Dall’Igna: “Dall’Igna e gli altri, dopo ogni sessione vengono da ogni pilota Ducati ai box. Sono sempre in tre e scrivono tutto quello che dico. Questo è ciò che mi ha sorpreso di più quando sono entrato in Ducati. Già ai test di Valencia, quando ho guidato la moto per la prima volta, Dall'Igna è venuto da me tre volte. Questo mi ha sconvolto”.
A sconvolgerlo, rispetto alla RC213V a cui era abituato, è stata anche una moto, la Ducati Desmosedici, con cui invece ha trovato immediatamente confidenza, anche se un difetto da sistemare ancora ce l’ha: “Non riesco a individuare un punto di forza in particolare. Penso che sia tutto il pacchetto che hanno, come la controllano, come lavorano, cosa ti dà la moto... Frenata, accelerazione, stabilità... direi che non c'è un punto debole vero e proprio. A pensarci, però, alcuni aspetti potrebbero non essere così buoni: forse fatichiamo un po' di più in curva, ma siamo molto bravi nelle altre cose. Sta a noi piloti capire come ottenere il massimo dalla moto che guidiamo in base alle caratteristiche che ha”.