Jannik Sinner è in finale agli Australian Open 2024. Sono da poco passate le otto di mattina, ora italiana, quando l’altoatesino chiude con un vincente il match contro Novak Djokovic, colui che può considerare casa, regno, l’Happy Slam e la Rod Laver Arena. I due si sono incontrati forse più spesso negli ultimi mesi che non in tutta la loro carriera, viene quindi spontaneo chiedersi se sia stato uno scherzo del destino. Sì, perché ora c’è un prima e dopo Sinner, nel resumé del serbo, il quale - a fronte dei 10 successi in terra australiana - si ritrova a fare i conti con nuovi numeri che vedono al centro il ventiduenne italiano: la prima sconfitta in una semifinale degli Open d’Australia, 2,195 i giorni dalla sua ultima partita persa in questo Grande Slam. E poi ancora, Jannik Sinner diventa l’unico giocatore ad averlo battuto per ben tre volte in una finestra di tempo così limitata, il primo trionfo nella fase a gironi delle ATP Finals, il secondo in Coppa Davis, lo scorso novembre. E ricordiamo quest’ultimo con affetto, valso la qualificazione per la finale del torneo, trasformatasi poi in uno storico risultato tricolore.
Uno scherzo del destino, forse. Ma si sa che nel tennis, il destino, non conta proprio nulla. Perché, se così fosse, in passato Novak Djokovic non avrebbe vinto partite al meglio dei cinque dopo essere stato sotto di due set. Pagine di sport apparentemente scritte a favore dei suoi avversari ma ripetutamente strappate per metterci la sua firma, senza alcuna pietà. Il destino no, non conta perché, se contasse, oggi Jannik avrebbe vinto prima, portando a casa quel match point nel tie-break del terzo set. Sulla cresta dell’onda di una partita che sembrava sì, diventare più dura, ma che lo vedeva comunque ancora al comando. Testa e cuore, che alla fine si tratta di questo. L’ossimoro che è questo sport, in cui se perdi l’una, hai l’altro, anche se non sufficiente per terminare una partita con una vittoria. Jannik lo dice, ai microfoni al termine del match, “tornerò qui domenica con il sorriso e farò del mio meglio”. Domenica 28 gennaio 2024, quando rimetterà piede sul centrale di Melbourne, Jannik Sinner dovrà probabilmente aspettare per quel sorriso, qualunque esso sia, di contentezza, di dispiacere. Il rammarico però, sembra non trasparire mai - dal team del giovane italiano. Perché sono le piccole cose, le persone che ne fanno parte, a rendere questa storia la più bella di tutte. Di solo ottimismo, gratitudine, fiducia e umiltà. Che, se è Jannik a impugnare la racchetta e a battere il numero uno al mondo, in fondo, la realtà è che ci sono anche Simone Vagnozzi e Darren Chill, i suoi coach. Allenatori o famiglia? Gioco o realtà? Difficile dirlo, quando giri il mondo assieme per tutto l’anno condividi tutto, dentro e fuori dal campo, cercando di infondere a un ragazzo i principi per migliorare, su quello stesso campo. In fin dei conti, però, nel suo libro Open, André Agassi scrisse “Non è un caso, penso, che il tennis usi il linguaggio della vita. […] perché ogni match è una vita in miniatura”. Ecco quindi che no, non è solo un “gioco”. Il tennis ti lascia solo tra delle linee bianche certo, ma non appena le abbandoni, ti circonda di volti amici. Ti insegna a lottare da solo, per poi essere abbracciato dagli altri. Oggi, così come sempre, come sarà domenica, Jannik ha vissuto, da solo. Ma poi, a giochi chiusi, ha rivolto un pensiero alla propria squadra, come di consuetudine. E allora non ci resta che farci coraggio perché certo, pur sempre da casa, ma un po’ tutti, tra un paio di giorni, vivremo con lui questa realtà in miniatura, ancora una volta. Perché la passione per lo sport è anche questo, condivisione. Perché si tratta di crederci sempre, soprattutto se è tennis, soprattutto se è Jannik Sinner.