Non sarà una stagione facile per Jannik Sinner, dopo gli ultimi mesi dello scorso anno, tutti lo aspetteranno al varco, le aspettative e le pressioni si moltiplicheranno, già a partire dagli Australian Open, primo slam della stagione. Ci sono diverse regole non scritte nello sport, ma una vale più delle altre: confermarsi è molto più difficile di affermarsi. La scorsa stagione, per Sinner, è stata quella delle prime volte, ha vinto il suo primo Master 1000 (in Canada), ha battuto Djokovic e Medvedev, ha raggiunto una semifinale slam, è entrato tra i primi 4 giocatori del mondo e, come ciliegina sulla torta, ha vinto la Coppa Davis. In generale ha tradotto i miglioramenti, evidenti anche nella prima parte di stagione, in trionfi, togliendosi un enorme peso dalle spalle; in questo senso l’esultanza dopo la finale vinta in Canada contro De Minaur è stata emblematica, appoggiato sulla racchetta, stremato, come se avesse giocato cinque ore, invece che una e mezzo, ed un’espressione di sollievo più che di felicità, sul volto.
Quel momento ha sancito un prima ed un dopo nella carriera di Sinner, finalmente è riuscito a soddisfare le aspettative (e a gestire le pressioni) che gli altri avevano su di lui. Da lì Jannik non si è più guardato indietro, certo le sconfitte sono arrivate (con Lajovic a Cincinnati, con Zverev agli Us Open, con Djokovic alle Finals), ma il cambio di mentalità è stato evidente e la riprova sono state le già citate vittorie contro Medvedev e Djokovic, ancor più dei tornei vinti.
Adesso però, l’asticella va alzata nuovamente, Sinner è entrato in una nuova dimensione ed è lì che dovrà riuscire a muoversi per poter fare il definitivo salto di qualità; tra giocare per arrivare in fondo ai tornei e giocare per vincerli c’è una differenza enorme, sono quasi due sport diversi. La generazione dei giocatori nati alla fine degli anni 90 (Zverev, Fritz, Tsitsipas, Rublev, Hurckacz) è caduta proprio nel passaggio da uno all’altro livello, lasciando spazio alla generazione dei 2000, già più pronta, anche se più giovane, da questo punto di vista. Inoltre, per entrare nella storia di questo sport (e Sinner ha le potenzialità per farlo), è necessario vincere gli Slam, unica porta di accesso al gotha del tennis mondiale, ma sotto questo aspetto Sinner è apparso ancora un po’ indietro.
La ragione principale è da trovare nel fatto che cinque set impongono una tenuta fisica e mentale, che Jannik fino all’anno scorso non aveva, l’intensità micidiale che è in grado di proporre nei tornei al meglio dei tre set, va ad intermittenza negli Slam e questo lo porta, nella migliore delle ipotesi, ad arrivare alla seconda settimana con meno energie rispetto ai diretti avversari, oppure, nella peggiore, a perdere partite con avversari ampiamente alla portata (Altmaier al Roland Garros e Zverev agli US Open lo scorso anno). Non è un caso che lo Slam dove ha raggiunto i migliori risultati sia Wimbledon, torneo in cui le partite sono comunque più brevi per via della superficie e l’intensità può essere gestita in modo diverso che negli altri tre Major.
Proprio dalla gestione dell’intensità passeranno i risultati che Sinner avrà quest’anno negli Slam, nei suoi momenti peggiori, lo scorso anno, troppe volte è tornato agli errori del passato, tirando sempre più forte a testa bassa (aumentando quindi gli errori), nonostante il braccio rigido e le gambe pesanti, come dimenticandosi dei miglioramenti e le variazioni che ormai fanno parte del suo gioco; il tennis è uno sport sempre più brutale e, soprattutto nelle partite 3 su 5, richiede uno sforza fisico e psicologico enorme, gestire le energie all’interno della partita, selezionando i momenti giusti in cui aumentare l’intensità e quelli in cui invece è preferibile conservare qualche energia, è ormai fondamentale; a differenza degli anni scorsi, con, finalmente, un gioco enormemente arricchito (servizio più efficace, discese a rete moltiplicate, variazioni con la palla corta, diritto molto più solido) potrà e dovrà farlo, soprattutto nei momenti di crisi, fisiologici in un torneo dalla durata di due settimane ed in generale in una stagione lunghissima.
Noi, intesi come media italiani, dovremo essere bravi a stare dalla sua parte, mettendoci l’anima in pace sul fatto che le sconfitte arriveranno, anche quando non ce l’aspetteremo, non dovrebbero arrivare o saranno decisive; nessuno ha vinto senza prima perdere e Jannik sicuramente non farà eccezione, il giocatore che è e che sarà non verrà definito dalla singola partita, dal singolo torneo o dalla singola stagione, la costruzione di un campione prevede varie fasi e tutte dovranno essere affrontate, da lui e da noi, con giudizio e serenità.
Gli ultimi mesi dell’ultimo anno quindi non devono illudere, guai ad aspettarsi una stagione da dominatore, la concorrenza è forte, spietata e, soprattutto, guarderà l’italiano con un occhio diverso perché, se fino ad ora era uno dei possibili vincitori, da adesso in poi, soprattutto quando mancherà Djokovic, sarà uno dei due uomini da battere (insieme ad Alcaraz ovviamente). La stagione che sta per iniziare sarà probabilmente quella più difficile della carriera per Sinner, sicuramente la più difficile fino a qui, perché per la prima volta avrà più da perdere che da guadagnare, ma d’altra parte, solo i migliori devono affrontare ciò che nello sport ad altissimo livello non può mancare: la pressione.
Nella capacità di vederla come un privilegio e non come un peso, dipenderà gran parte dell’andamento della stagione. Se, come cantava Caparezza, “il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista”, la stagione della riconferma è quella più difficile nella carriera di un tennista. Sinner sta per affrontare la sua e per uscirne indenne dovrà “semplicemente” continuare a fare quello che lo ha portato fino a qui: fiducia nel proprio team e tanto, tanto, tanto lavoro.