image/svg+xml
  • Attualità
    • Politica
    • Esteri
    • Economia
  • Lifestyle
    • Car
    • Motorcycle
    • Girls
    • Orologi
    • Turismo
    • Social
    • Food
  • Formula 1
  • MotoGp
  • Sport
  • Culture
    • Libri
    • Cinema
    • Documentari
    • Fotografia
    • Musica
    • Netflix
    • Serie tv
    • Televisione
  • Tech
  • Fashion
    • Moda
    • Gear
    • Footwear
  • EVERGREEN
  • Cover Story
  • Media
  • Attualità
    • Attualità
    • Politica
    • Esteri
    • Economia
  • Lifestyle
    • Lifestyle
    • Car
    • Motorcycle
    • girls
    • Orologi
    • Turismo
    • social
    • Food
  • Formula 1
  • motogp
  • Sport
  • Culture
    • Culture
    • Libri
    • Cinema
    • Documentari
    • Fotografia
    • Musica
    • Netflix
    • Serie tv
    • Televisione
  • Tech
  • Fashion
    • Fashion
    • Moda
    • Gear
    • Footwear
  • EVERGREEN
  • Topic
  • Media
Moto.it
Automoto.it
  • Chi siamo
  • Privacy

©2020 CRM S.r.l. P.Iva 11921100159

  1. Home
  2. Sport

Altro che identità e bandiere: carriere. Ecco perché le nazionali pescano al mercato delle cittadinanze (e gli sportivi come Retegui e Rybakina si prestano)

  • di Lorenzo Longhi Lorenzo Longhi

24 marzo 2023

Altro che identità e bandiere: carriere. Ecco perché le nazionali pescano al mercato delle cittadinanze (e gli sportivi come Retegui e Rybakina si prestano)
Mancini che mette in campo in maglia azzurra l’argentino Retegui che non sa una parola di italiano, la tennista russa Rybakina che vince Wimbledon (vietato ai russi) perché naturalizzata kazaka, mezzofondisti kenioti che corrono per Qatar, Bahrein e Turchia: migrazioni, globalizzazione e geopolitica hanno permesso allo sport delle nazionali, quelle di patria, inni e rituali identitari, di ragionare come i club, per convenienza e per calcolo. Mentre gli atleti, più che alla bandiera, guardano alla carriera. E chi può biasimarli?

di Lorenzo Longhi Lorenzo Longhi

Mateo Retegui, a segno (inutilmente) all’esordio con la nazionale di Mancini dopo una manciata di allenamenti, è cittadino italiano perché lo era il nonno materno, Emerson Palmieri perché discendente di un Palmieri nato nel 1853 nel Cosentino, Rafael Toloi perché aveva un bisnonno del Friuli, Jorginho grazie a un trisavolo paterno vicentino: funziona così il diritto di cittadinanza in Italia, per ius sanguinis, una storia nota già ai tempi degli oriundi del calcio degli anni Trenta del secolo scorso, e via via passando da Sivori sino ad arrivare a Mauro Camoranesi e agli azzurri di cui sopra, ragazzi della Nazionale di oggi. Poi è vero che Willy Gnonto, pur essendo nato a Verbania e cresciuto a Baveno, italiano per la burocrazia lo è diventato a sei anni, e solo perché papà Boris, originario della Costa d’Avorio come la mamma, cittadino italiano lo è diventato dopo 17 anni nel nostro Paese. E gli è anche andata bene, perché quanti di noi hanno figli i cui amici, essendo nati da cittadini stranieri che necessitano di permesso di soggiorno, sono nati in Italia, hanno fatto le scuole qui e parlano solo l’italiano, ma italiani non sono per lo Stato, almeno sino a quando non lo diventa almeno uno dei genitori o quando (e nemmeno automaticamente) non compiono la maggiore età? È un tema rilevante, quello della cittadinanza, reso complesso da migrazioni, seconde e anche terze generazioni, soprattutto in alcuni Paesi nei quali il mutamento sociale della popolazione non viene seguito da un adeguamento di politiche superate le quali, tuttavia, fanno ancora presa su un elettorato che ama distinguere il concetto di “noi” dal concetto di ”altro”, un tema che riguarda il presente e il futuro del Paese ma finisce per diventare un argomento di bandiera.

Mateo Retegui, autore del gol dell'1-2 dell'Italia contro l'Inghilterra
Mateo Retegui, autore del gol dell'1-2 dell'Italia contro l'Inghilterra

Intanto, però, si finisce per parlarne soprattutto quando, incidentalmente, entra nelle cronache dello sport delle selezioni nazionali, quello tutto bandiere, inni e rituali identitari che, però, a livello d’élite ragiona quando possibile in termini di convenienza: siccome le leggi sulla cittadinanza variano da Stato a Stato, e quelle sulla cittadinanza degli sportivi possono essere ancora più fluide e peculiari, vi sono casi nei quali parlare di mercato è provocatorio, ma non certo forzato, e questo vale in realtà per tutti gli sport, con le Olimpiadi a fungere da paradigma. Certo si può distinguere il tipo di naturalizzazione, perché a fronte di quelle legittime ne esistono altre troppo facili e sicuramente dal percorso discutibile, ma nondimeno esistono atleti che, potendo, scelgono la bandiera per la quale concorrere per puro calcolo e convenienza, economica o di opportunità, e non li si può certo biasimare per questo. Chi è in possesso di doppia nazionalità può scegliere, o farsi scegliere, e così ecco Mancini convocare Retegui e, del resto, qualcuno ricorda le peripezie per convocare Amauri, mica Neymar, prima che lo facesse il Brasile?

La nuova stellina Nba Paolo Banchero, che la Fip vorrebbe "sottrarre" agli Usa
La nuova stellina Nba Paolo Banchero, che la Fip vorrebbe "sottrarre" agli Usa

Dopo tutto, se l’Italia del futsal è un piccolo Brasile – ma estremamente meno forte – e Pozzecco e i dirigenti del basket da mesi vanno in pellegrinaggio a Orlando per convincere Paolo Banchero (italiano per discendenza e statunitense per ius soli) a vestire l’azzurro, mentre i dirigenti della pallacanestro francese fanno lo stesso con Joel Embiid, è evidente che si ragiona in termini di opportunità. E se i puristi possono dire, ed è vero, che un conto è convocare João Pedro e vedere la maglia azzurra vestita nell’atletica dalle varie (e vincenti) Libania Grenot, Fiona May o Magdelín Martínez, tutti e quattro italiani per matrimonio, mentre un altro è fare delle naturalizzazioni una strategia, è vero anche che sempre di passaporti si tratta, più che di programmi di miglioramento sportivo.

I Paesi del Golfo, in questo senso, hanno insegnato a tanti: Saif Saaeed Shaheen, mezzofondista iridato nel 2003 e nel 2006 per il Qatar, fino al 2002 si chiamava Stephen Cherono ed era keniota, così come lo è stata sino dal 2013 Eunice Kirwa, argento nella maratona a Rio 2016 con passaporto bahreinita, Giochi nei quali gli Emirati Arabi conquistarono il bronzo nel judo grazie a Sergiu Toma, moldavo naturalizzato emiratino. Particolarmente attiva in naturalizzazioni che hanno fatto parlare è stata anche la Turchia, con le vittorie di Yasemin Can (nata Vivian Jemutai, keniota) e Yasmani Copello (cubano) a certificare il successo della strategia.

Elena Rybakina, tennista russa naturalizzata kazaka
Elena Rybakina, tennista russa naturalizzata kazaka

Perché sì, le nazionali e i comitati olimpici nazionali, se possono, ragionano come se fossero club, ed ecco di lì il mercato di cui sopra, con gli atleti che non si sottraggono. Elena Rybakina, che è nata e vive a Mosca, ha vinto Wimbledon 2022 – dove i russi non erano ammessi – perché kazaka di passaporto e rappresentanza sportiva, avendo la federazione tennistica del Kazakistan deciso alcuni anni fa di finanziare la sua carriera (che sta andando bene, visto che ha anche appena vinto a Indian Wells), così come quella di Alexander Bublik, altro russo ma kazako, e insomma si potrebbe andare avanti e trovare centinaia di esempi in diversi Paesi e molteplici discipline, ma questo non vuole essere un elenco. Tanto basta, però, per capire che l’archetipo novecentesco delle selezioni nazionali, oggi, non ha alcun senso dal punto di vista sportivo e il fenomeno può essere letto solamente sotto una lente geopolitica.

More

Ecco come Retegui e Pafundi si sono presi la Nazionale italiana. In e out in vista dell'Inghilterra

di Lorenzo Longhi Lorenzo Longhi

Cercasi bomber, disperatamente

Ecco come Retegui e Pafundi si sono presi la Nazionale italiana. In e out in vista dell'Inghilterra

Ecco chi è Paolo Banchero, la futura stella NBA incoronata da Lebron James (e prima scelta al Draft)

di Filippo Ciapini Filippo Ciapini

L'NBA sarà tricolore

Ecco chi è Paolo Banchero, la futura stella NBA incoronata da Lebron James (e prima scelta al Draft)

Siamo sicuri che Jannik Sinner sia davvero un fenomeno? Perché guardando Alcaraz...

di Nicola Sellitti Nicola Sellitti

Next Gen

Siamo sicuri che Jannik Sinner sia davvero un fenomeno? Perché guardando Alcaraz...

Tag

  • Calcio
  • Sport
  • Tennis

Top Stories

  • Uccio: “Spero che il mio lavoro con Bezzecchi finisca”. Il team di Valentino Rossi pronto a guardare oltre la VR46

    di Emanuele Pieroni

    Uccio: “Spero che il mio lavoro con Bezzecchi finisca”. Il team di Valentino Rossi pronto a guardare oltre la VR46
  • Fabio Quartararo: “Sembra che nessuno voglia la mia moto”. Poi tira in mezzo Valentino Rossi...

    di Emanuele Pieroni

    Fabio Quartararo: “Sembra che nessuno voglia la mia moto”. Poi tira in mezzo Valentino Rossi...
  • Luca Marini e la giungla della MotoGP: “Marc Marquez ha fatto apposta a bloccarmi, ma...”

    di Tommaso Maresca

    Luca Marini e la giungla della MotoGP: “Marc Marquez ha fatto apposta a bloccarmi, ma...”
  • Davide Tardozzi avverte i tre del podio di Misano: “Non vogliamo problemi”. E su Enea Bastianini…

    di Emanuele Pieroni

    Davide Tardozzi avverte i tre del podio di Misano: “Non vogliamo problemi”. E su Enea Bastianini…
  • Il futuro, Marc Marquez e l’armonia Ducati. Gigi Dall’Igna: “Fino a che comando io…”

    di Emanuele Pieroni

    Il futuro, Marc Marquez e l’armonia Ducati. Gigi Dall’Igna: “Fino a che comando io…”
  • Federica Masolin si racconta: Il rumore del paddock nel giorno in cui abbiamo perso Bianchi, le lacrime per Vettel e le domande a papà

    di Giulia Toninelli

    Federica Masolin si racconta: Il rumore del paddock nel giorno in cui abbiamo perso Bianchi, le lacrime per Vettel e le domande a papà
  • di Lorenzo Longhi Lorenzo Longhi

  • Se sei arrivato fin qui
    seguici su

    • Facebook
    • Twitter
    • Instagram
    • Newsletter
    • Instagram
    • Se hai critiche suggerimenti lamentele da fare scrivi al direttore moreno.pisto@mowmag.com

    Latest

    • Marco Revelli sullo sciopero storico nel settore auto: “I lavoratori non sono robot. Questa è una rivincita anche su Marchionne”. E sulla diffusione della protesta in Europa…

      di Riccardo Canaletti

      Marco Revelli sullo sciopero storico nel settore auto: “I lavoratori non sono robot. Questa è una rivincita anche su Marchionne”. E sulla diffusione della protesta in Europa…
    • Harry Styles, il gentiluomo del pop: riuscite a immaginare un mondo della musica senza di lui?

      di Michelangelo Iossa

      Harry Styles, il gentiluomo del pop: riuscite a immaginare un mondo della musica senza di lui?
    • “Errore di Marco Bezzecchi, Luca Marini senza spazio”: Dani Pedrosa la vede al contrario. E su Marc Marquez…

      di Emanuele Pieroni

      “Errore di Marco Bezzecchi, Luca Marini senza spazio”: Dani Pedrosa la vede al contrario. E su Marc Marquez…

    Next

    Valentino Rossi dal Basement: “Nel 2015 parlai con Marquez, lui mi guardava assente. Jordan controlla le scarpe a tutti e Brad Pitt...”

    di Tommaso Maresca

    Valentino Rossi dal Basement: “Nel 2015 parlai con Marquez, lui mi guardava assente. Jordan controlla le scarpe a tutti e Brad Pitt...”
    Next Next

    Valentino Rossi dal Basement: “Nel 2015 parlai con Marquez,...

    • Attualità
    • Lifestyle
    • Formula 1
    • MotoGP
    • Sport
    • Culture
    • Tech
    • Fashion

    ©2020 CRM S.r.l. P.Iva 11921100159 - Reg. Trib. di Milano n.89 in data 20/04/2021

    • Privacy