Andrea Dovizioso ha un mantra, che talvolta ripropone in maniera nemmeno troppo velata, nelle interviste e nei suoi impegni quotidiani. Suona più o meno così: “Bisogna fare le cose per bene, altrimenti meglio lasciar perdere”. Mentre Andrea parla, ti accorgi che ciò che dice viene costantemente pesato. Piuttosto che una frase extra dal significato superfluo, Dovizioso sceglie il silenzio – una piccola pausa di riflessione. Poi, quando apre bocca, ascoltarlo è un piacere. Perché il Dovi, oltre a fare le cose per bene, parla bene. Spalanca le porte a periodi ipotetici, adopera “di conseguenza” per legare il discorso e sciogliere i nodi dei suoi pensieri. Un modo di esprimersi quasi scientifico, per l’uomo che ha nella razionalità uno dei suoi tratti distintivi. Il bello è che Andrea, poi, fa vibrare le corde vocali con esperienza, aggiungendo al suo metodo deduttivo un tocco di emozione, la scia nostalgica di un ricordo: “Quando si diventa vecchi si parla sempre del passato, non è un bel segno (sorride)”.
Dopo il ritiro, Dovizioso si è completamente dedicato allo 04 Park; ha disegnato e costruito una pista di Motocross dalle parti di Faenza (Monte Coralli) a sue spese, rimodellando una collina e prendendo le redini del cantiere nonostante l’alluvione dello scorso maggio. Diventerà centro federale per i giovani talenti, sarà uno dei pochissimi tracciati su terra in Italia dove si potrà girare in notturna, ma non solo: “È un mio sogno da tantissimi anni, stiamo cercando di creare molte situazioni nel parco, che fortunatamente è molto grande. Quando ero piccolo vicino casa c’era il Galliano Park, dove si andava coi pattini, c’era il minigolf, c’era il lago e poi lì sono nate le minimoto. Quello che mi è sempre piaciuto è che si trattava di un punto di ritrovo, che di base è ciò che voglio creare io. Un posto dove la gente sta bene per fare sport, andare in bici, in moto, mangiare, fare aperitivo. Oltre alla pista da cross mi sarebbe piaciuto fare un tracciato sull’asfalto, ma non credo ci sia la possibilità. Vedendo i costi però, forse meglio così (ride)” – racconta il Dovi al Festival dello Sport di Trento, dove noi siamo andati a trovarlo per scambiare quattro chiacchiere. In una sala elegante e appartata del Palazzo della Provincia, Andrea ci ha parlato di passioni, tentazioni, piccoli dispiaceri, aspetti tecnici, MotoGP, Motocross e tanto altro.
Andrea! Come te la passi adesso che sei Leggenda della MotoGP?
“Bene! È logico che quando sei in attività e hai la possibilità di giocarti i campionati, nonostante le difficoltà, c’è quel brio particolare che poi è il massimo a cui puoi aspirare quando sei un pilota, quindi quello un pochino ti manca. Però dopo tanti anni di moto, corse e tra virgolette di sacrifici, perché devi fare certe cose in un certo modo per fare prestazione, hai la possibilità di svagarti e di fare cose nuove. Quindi mi ritengo molto fortunato anche sotto questo aspetto, perché se nel post carriera hai la possibilità di vivere così è una gran bella roba, ma ancora mi tiene vivo il voler continuare a correre in motocross, anche se so benissimo che non potrò mai raggiungere certi livelli alla mia età, che non è proprio quella giusta per fare motocross”.
A che punto è il progetto dello 04 Park? Avevi detto che molte aziende si sono interessate a ciò che hai costruito e, tra tante opzioni sul tavolo, stavi cercando di scegliere la migliore.
“È un progetto particolarmente ambizioso dal punto di vista economico e abbastanza insensato, perché il mondo del cross, della terra, è molto di nicchia e non puoi creare troppo giro economico. Però era il mio sogno ed ero disposto ad ‘investire’, anche se non è la parola giusta, su questo progetto. Lo sto facendo infatti, e siamo alla ricerca di partner perché possiamo creare tanta comunicazione sia nella pista da motocross che in tutto il resto del parco, perché possiamo far star bene la gente in vari modi, di conseguenza possiamo fare felici anche i partner che vogliono far parte di questo progetto. La pista è già pronta, operativa, già da più di un mese. Ci abbiamo messo tanto ma adesso è finita. Per il resto, tra il pnrr del comune e altri lavori che devo fare io, ci vuole più di un anno affinché l’intero parco sia pronto al massimo per gli eventi. Ma già alcuni partner sono entrati solo con una ‘semplice’ pista senza poter fare eventi, e questo non può che farmi piacere”.
Tu sei uno che fa le cose per bene, altrimenti meglio lasciar perdere. Se col motocross avessi fatto le cose per bene sin da ragazzino, avresti potuto avvicinarti ai livelli che hai raggiunto sull’asfalto?
“Non lo potrò mai sapere, perché ho sempre fatto motocross, ma di base dai sette anni in poi sono andato principalmente in minimoto e solo quando avevo tempo facevo motocross. Quindi non ho fatto i campionati junior come fanno tutti i piloti di motocross, ed è lì dove vedi se puoi progredire di livello. Però comunque il motocross è uno sport estremo, in pochissimi ce la fanno, molti meno rispetto alla velocità, perché oltre alle difficoltà per essere competitivo ci sono anche gli infortuni di mezzo. Tanti infortuni di mezzo. Quindi sarebbe bello dire ‘ce l’avrei potuta fare’, ma è complicato”.
Un contesto come quello di Dani Pedrosa, che con KTM predilige fare poco ma bene, ti interesserebbe?
“Fino ad oggi me l’hanno proposto ma ho rifiutato, perché avevo bisogno di staccare da questo mondo, perché quando da vent’anni vivi di questo è normale voler fare altre cose e infatti mi sono dedicato totalmente ad un progetto diverso. Io normalmente se accetto un progetto è perché c’è un senso, non mi interessava semplicemente fare tre test e basta, infatti non l’ho accettato. Diciamo che più avanti andiamo e più difficile diventa per me fare una cosa di questo tipo, perché le moto sono molto estreme. Mai dire mai, vediamo, in questo momento non è il mio obiettivo, però ci sono tante situazioni interessanti in giro, tanti movimenti. Se il progetto è fatto in un certo modo, anche se non corri più per te, può aver senso”.
Quanto ha influito sul tuo finale di carriera il cambio di carcassa introdotto sulle gomme posteriori Michelin nel 2020?
“Ah, totalmente! Infatti gran peccato, perché considerando gli ultimi tre anni prima di quel cambiamento solo Marquez era riuscito ad arrivarmi davanti, e poi nel 2020 lui purtroppo si è fatto male. Ma quel cambio di carcassa mi ha tolto la mia forza in frenata, e in un anno intero non siamo riusciti a trovare una soluzione al problema. È stato un vero peccato quell’anno lì, ma fa parte dello sport”.
A proposito di Marc Marquez. Te l’aspettavi una decisione del genere?
“No, è una mossa shock. Soprattutto sono molto contento che a prendere Marc sia stato il Team Gresini, non è la prima volta che sorprendono tutti, quindi c’è qualcosa in loro che funziona. Da appassionato che guarda le gare in questo momento, per il prossimo anno avere Marc in Gresini sarà solo un vantaggio per la MotoGP”.
Adesso un pilota Ducati è più portato a pensare “arriva Marquez e scombina gli umori e l’ambiente”, oppure “arriva Marquez e finalmente posso batterlo con la stessa moto, vedere i suoi dati”?
“Tutte e due, dipende dall’approccio. Se un pilota si sente forte e si sa gestire, allora potrà trarre addirittura dei vantaggi dall'arrivo di Marc. Oppure può accadere esattamente l’opposto”.
Marc ha detto che vedrà l’anno prossimo cosa accadrà, e se in Gresini non riuscirà a divertirsi allora potrà anche pensare al ritiro. Tu ci credi?
“Tutto è possibile. Bisognerebbe conoscere i dettagli, se ha già un contratto KTM, se non ce l’ha…tutta la sua situazione. Secondo me nessuno lo sa, è logico che se non sarà competitivo il prossimo anno potranno cambiare sicuramente delle cose”.
Bagnaia ha ancora la situazione sotto controllo come ad inizio stagione, oppure la crescita di Martín e l’incidente di Barcellona gli hanno tolto un po’ di sicurezze?
“Secondo me l’incidente di Barcellona gli ha fatto solo perdere punti, anche perché dopo Pecco non ha perso competitività. Il talento e la velocità che ha Martín sono impressionanti, quindi questo destabilizzerebbe chiunque. Bisognerà vedere se Martín riuscirà a mantenere questo livello fino alla fine, che è la cosa più difficile. Se ci riuscirà, allora sarà complicato per Bagnaia. Però tenere questo livello per altre sei gare…se ci riesce tanto di cappello”.
Chi vedi favorito tra i due?
“Sono troppo diversi. Martín ha un talento per cui, data la sua velocità, può vincere sempre. Pecco però ha delle certezze e ha un suo metodo che fino ad oggi ha funzionato. Quindi secondo me la differenza la farà solo l’aspetto mentale. Anche se guidano diversamente, anche se sono due talenti diversi, farà la differenza come si sapranno gestire e quanto riusciranno a rimanere tranquilli”.
A Mandalika, dove hai corso nel 2022, possiamo aspettarci delle sorprese?
“È una pista in cui non si possono fare pronostici, bisognerà vedere quali condizioni troveranno, ma è un circuito che non ha molto senso perché vai là e l’asfalto è sporco. Non riesci a girare, non riesci a lavorare, non è un weekend normale, quindi può veramente succedere qualsiasi cosa”.
Hai detto che la Sprint Race è un bel format, ma che sarebbe molto più spettacolare con le moto di cinque anni fa. Pensi che in MotoGP siamo arrivati ad un punto per cui, piuttosto che aggiungere, sia necessario togliere qualcosa in virtù dello spettacolo?
“Questo succede spesso nel Motorsport, basti pensare alla Formula 1, che da tanti anni torna indietro col regolamento perché deve ritarare le evoluzioni degli ingegneri. È inevitabile, tu fai un regolamento e gli ingegneri sviluppano fino ad un certo limite che crea problemi per lo spettacolo. Di conseguenza, se non hai fatto dei contratti a lungo termine e hai la possibilità di modificare i regolamenti senza andare contro a certe dinamiche politiche, ha senso cambiare. La leggo così da pilota, ma dipende qual è l’obiettivo della MotoGP. Se si vuole tornare a fare i sorpassi bisogna cambiare il carico aerodinamico e il regolamento che c’è adesso, ma non credo che le Case siano contente. Di conseguenza non credo che succederà”.
A Marco Melandri hai raccontato che la tua pausa nel 2021 ti aveva fatto cambiare routine, dandoti la possibilità di vivere diversamente, senza la pressione delle gare. Poi, una volta rientrato a Misano con Petronas, hai detto di aver visto la MotoGP con occhi diversi. Cos’era cambiato in quel momento? Riprovi questa sensazione quando torni nel paddock?
“Quando si diventa vecchi si parla sempre del passato, e non è un bel segno (ride). Però quello che non mi piace tanto è che si stanno perdendo un po’ i rapporti, perché si diventa sempre più professionali, ma questo ti toglie la serenità di instaurare relazioni nel weekend di gara, il che fa parte delle moto. Essendoci piloti sempre più giovani, rispetto alla mia epoca vedi tanti cambiamenti e non ti trovi più troppo bene. Non è bellissimo, però è una normale evoluzione di tutti i mondi e ognuno prende la propria decisione”.