Se la gente si porta Marco nel cuore non è per quel titolo in 250 vinto tra sudore e lacrime nel 2008, è per quello che ha saputo trasmettere alla gente in diretta da un paddock tutto pettinato. Carte da briscola, romagnolo in mondovisione. “I will be arrest”, la risposta a Jorge Lorenzo in conferenza stampa. Paolo Beltramo, che gli era amico sul serio, racconta spesso che Marco era tutto questo ma che al contempo ci stava serio. Lavorava in continuazione per le corse e ci soffriva anche un po’, perché con quel fisico la sua moto andava più piano delle altre.
Oggi la MotoGP è ancora più chiusa e laccata, attenta a non offendere gli sponsor e a presentare al pubblico un grande gruppo di amici che vive il sogno. Inutile dire che la realtà è drammaticamente diversa. Ci sono famiglie dilaniate dai debiti che vedono un figlio buttare via i pochi soldi rimasti con una caduta nella ghiaia, squadre che puntano ai piloti coi soldi e non al talento, le peggiori furbizie al limite dello scorretto tra team e compagni di squadra. Tutti vogliono la stessa cosa e ognuno è disposto a tutto per ottenerla. Non è mica sbagliato, ma è così.
Per questo ci piace Andrea Migno, a conti fatti l’unico degno erede di Marco Simoncelli nel motomondiale di oggi. Durante tutto il weekend di gara è una certezza, è la battuta giusta sempre. È pure televisivo perché arriva a tutti e ci mette un attimo. Poi magari non vince, magari ci arriva vicino, quando succede però, come in Qatar, sono (quasi) contenti anche gli avversari. Migno fa quello che faceva Marco Simoncelli, trasforma l’atmosfera del mondiale in quella di una gara con le pitbike a noleggio. Lui che manda al limitatore le moto degli amici rischiando di rompere motori costosissimi e centellinati, che al Ranch di Valentino lo chiamano mignottone. Migno non è che va piano, forse non è un fuoriclasse ma c’ha anche tanta sfiga. Migno quando ha trovato la morosa è andato più forte di mezzo secondo e ci ha ricordato che le gare si vincono anche col cuore. Oggi c’è tutto il paddock con il suo santino di TrollGP perché Migno è religione, lo è anche se gli parte una bestemmia in diretta.
Dopo la vittoria in Qatar, al backdrop ha citato Aldo, Giovanni e Giacomo con un “Chiedimi se sono felice” ad Antonio Boselli che lo stava intervistando per Sky. Gli ha anche risposto “a facc ro cazz”, aggiungendo che per una volta che vince una gara l’ha fatto dove sul podio non ti danno da bere. Un altro, al suo posto, si sarebbe andato a cercare una retorica - che gli è stata servita come un rigore a porta vuota - sul credere in sé stessi quando hai tutto il mondo contro. Ci sono cascati tutti, da Jorge Lorenzo a Mavericks Vinales, ma lui ha preferito stare zitto. Invece ha aggiunto che se la sarebbe goduta, perché se non godi quando vinci allora non lo fai mai. Un altro - anche in questo caso - avrebbe detto che c’è da lavorare perché il campionato è lungo. Ma come fai a dirlo e a crederci senza risultare patetico? Migno se ne fotte e comunque vada ti fa sorridere una mezz’ora la domenica quando ci sono le gare.
Abbiamo sempre bisogno del nuovo questo e del nuovo quell’altro per coccolarci nel passato. Ci servono i sequel perché vogliamo qualcosa di cui abbiamo già capito tutto: per pigrizia e per la certezza che ci possa andare bene, che sia di nostro gusto. Il nuovo Valentino Rossi, il nuovo Vasco Rossi. Per fortuna niente si ripete uguale a prima, non succede nemmeno nel motorsport dove i piloti cercano di fare venti giri tutti uguali. Ma se volete il nuovo Marco Simoncelli non guardate a Enea Bastianini e alla sua vittoria in Qatar, che pure è seguito da Carlo Pernat e corre con il Team Gresini come faceva Marco. Guardate Andrea Migno, guardate al Mig: a facc ro cazz.