Se il 2022 avesse un volto sportivo sarebbe quello rigato di lacrime di Rafael Nadal. Gli occhi gonfi, il sorriso tirato, il respiro strozzato che poco si addice a un campione che nella sua carriera ha affrontato centinaia, forse migliaia, di ore in campo, dentro le fatiche di uno sport logorante, ha affrontato gli infortuni da cui tutti erano convinti non si sarebbe mai ripreso, le sconfitte più brucianti, i cambi generazionali inevitabili. Dopo una vita così te lo aspetti austero sempre, Rafael Nadal. La schiena dritta, il fisico statuario, gli occhi concentrati sulla palla come nei momenti migliori della sua straordinaria carriera.
O almeno te lo aspetti controllato lì, nel giorno del ritiro del suo più grande rivale, Roger Federer. A piangere sarà lui, re Roger, che della sua emozione non ha mai fatto mistero. Che è stato un tennista incredibilmente elegante, uno che con il suo gioco ha saputo rivoluzionare il concetto di sport, uno che è sempre stato al suo posto sull'erba sacra di Wimbledon, ma uno che allo stesso tempo ha pianto senza vergogna delle sue gioie più grandi e dei suoi insuccessi più celebri.
Che sia Federer a piangere, nel giorno della sua ultima partita come tennista professionista, il 23 settembre 2022 a Londra alla Laver Cup, non è quindi una sorpresa. Per l'occasione l'intero mondo del tennis è lì per lui, e con loro anche la sua famiglia. C'è la moglie Mirka, che negli anni è stata fedele compagna al suo fianco, capace di intuire in pochi attimi le sorti di una partita del marito, studiando il suo volto, il suo atteggiamento, la sua postura in campo. E piange Mirka, come una bambina. Roger la guarda, lui in campo e lei in piedi in un posto che nella vita ha occupato centinaia e centinaia di volte, dall'alto di una tribuna da cui lo ha sempre tenuto d'occhio. E negli occhi emozionati di un'ultima volta si vedono tutte le fatiche e le gioie del viaggio che hanno fatto insieme: Mirka con le mani sul volto, Mirka con gli occhi sbarrati, Mirka che si alza in piedi e poi si nasconde, che prega e che esulta, che combatte come può ogni battaglia di suo marito.
Ma le lacrime di Federer dentro al giorno più duro hanno una maturità che posa, sul fondo della tristezza, una punta di consapevolezza: "Non sono triste, sono felice" dice abbracciando i figli, quattro gemelli che sono la copia esatta di mamma Mirka e papà Roger, e niente è più vero di una frase così, sussurrata all'orecchio di quattro bambini disperati. Le due ragazze più grandi, le primogenite dei Federer, sono inconsolabili ma basta una frase per dare un senso al tutto: non è tristezza, quella che c'è qui.
È gratitudine, è sorpresa, è la fine di un viaggio perfetto che "rifarei da capo". Fa entrare tutto quello che, nella solitudine del campo da tennis, ha sempre tenuto fuori, e ci regala uno spettacolo indimenticabile. E dentro quell'universo di cose che cambiano, di ultime volte e di ringraziamenti, c'è spazio anche per Rafael Nadal. Lui, che con il suo avversario di sempre ha avuto l'onore di giocare l'ultima partita, lui che davanti al mondo è apparso più disperato, più inconsolabile e più in difficoltà di Federer stesso. Roger gli tiene la mano, non è lontano come Mirka, in alto sugli spalti, è accanto a lui dove dovrebbe essere.
Unico, in una vita di infortuni e ritorni, in grado forse di capirlo fino in fondo. Quante ore avranno passato a sfidarsi, a odiarsi, a comprendersi e conoscersi. Quante ore a cercare di essere l'uno meglio dell'altro, a capire i punti di rottura e le debolezze. Quanto tempo passato insieme lì dove nessuno, tranne loro, è potuto entrare. Ancora una volta quindi, l'ultima volta. Fragili in uno sport che impone di dimenticarla, la fragilità. Uniti da un viaggio perfetto che, come papà Roger ha spiegato ai suoi gemelli stringendoli forte al centro del campo, non si chiude con la tristezza. Ma con la felicità più grande. Quella di lasciare il tennis diverso da come l'ha trovato.
È questa l'immagine più bella che lo sport ci ha regalato nel 2022. Non Leo Messi che alza la coppa del Mondo in Qatar, non Pecco Bagnaia che riporta il titolo di campione del mondo di MotoGP in Italia in sella alla Ducati, non le imprese magnifiche di ogni sport e di ogni atleta. È la fragilità, a vincere. Così come nella vita, nelle cose che non possiamo controllare ma che siamo in grado di affrontare e di accogliere. L'unica possibilità che abbiamo, la più importante di tutte: scegliere come vivere ciò che non possiamo controllare.