“Io non c’ero ancora, ma di quel giorno ho sentito parlare continuamente e poi sul viale che porta alla nostra casa c’è pure una foto di lui con quella moto lì. L’altro giorno mi è scappata una lacrima, perché inevitabilmente mi è tornato alla mente l’inizio di una storia” – A parlare è Sara, la moglie di Doriano Romboni. L’abbiamo chiamata dopo che, domenica, l’Aprilia ha vinto per la prima volta in Classe Regina con Aleix Espargarò, perché ci siamo ricordati, appunto, l’inizio della storia di Aprilia nella categoria massima del motomondiale. Anzi, non l’inizio della storia, ma il primo podio. Lo fece proprio Doriano Romboni, nel 1997 a Assen, con una moto che era figlia di un grande progetto mai sviluppato a dovere, aiutato dalla pista umidiccia e dal suo straordinario talento, e piegato solo, di pochissimi metri, da un certo Mick Doohan. 25 anni dopo l’Aprilia ce l’ha fatta davvero a salire sul gradino più alto del podio. La categoria non si chiama più 500, le moto non sono più due tempi, è cambiato tutto o quasi e anche Doriano Romboni, come è noto, non c’è più.
“Io penso che abbia visto, voglio credere che abbia visto l’Aprilia, la sua Aprilia, passare per prima il traguardo. E sicuramente avrà gioito come quando vinceva lui, poi, essendo sempre stato uno molto emotivo, si sarà pure commosso. Posso, purtroppo, solo immaginarlo. Io, invece, non nascondo che mi sono commossa e che m’è scappata una lacrima, perché ho pensato all’epilogo bellissimo di una storia, quella dell’Aprilia sul podio in Classe Regina, che era cominciata proprio con Doriano quel giorno del 1997. Lui di quel giorno parlava spesso, a volte anche con il rammarico di non essere riuscito a mettere le ruote davanti a Doohan. Pernat, all’epoca, parlò di miracolo Rmboni. Doriano ha vinto molto, è entrato nel cuore di tutti facendosi valere in altre categorie principalmente, ma come quasi tutti i piloti gli brillavano gli occhi quando parlava della 500 due tempi e della sua Aprilia. La Classe Regina è la Classe Regina, anche se adesso è tutto diverso e si chiama MotoGP. Invece Aprilia non è diversa, perché quella resta una storia di umanità”.
Una storia che ci siamo fatti raccontare anche da Roberto Camolei, che di Doriano Romboni era l’agente. “Ma quale agente? – ci ha quasi redarguito – Ero un amico che gli faceva da agente. Avevo lavorato per tanti anni nel motomondiale e un giorno vennero a dirmi che c’era un ragazzino fortissimo e se avessi voluto aiutarlo. Accettai e lì è iniziata la mia avventura, durata 14 anni tutti in simbiosi, con Doriano. Sa cosa le dico? Le dico che vi ringrazio per aver ricordato dove e con chi è cominciato quello che Aleix Espargarò ha finito, perché anche nel motociclismo adesso si tende a dimenticare, anche se resta ancora lo sport migliore del mondo”.
In quel progetto che Romboni portava in pista c’era tanta ambizione, c’era un ingegnere visionario, Witteveen, e c’erano, però, pochi soldi da investire. Una 360 due cilindri buttata in mezzo alle 500 e poi via via fatta crescere, fino a quel picco di gioia di quel giorno del 1997 e fino, purtroppo, anche a dover dire basta poco dopo. Con la fissa di farcela in Classe Regina che, però, è rimasta negli obiettivi di una azienda, Aprilia, che vinceva ovunque e che comunque ha scelto di non accontentarsi. Fino a riprovarci, fino a soffrire, e soffrire tanto, prima di vedere un sogno concretizzarsi in una domenica in Argentina, a Termas de Rio Hondo, con un pilota, Aleix Espargarò, che proprio come Doriano Romboni non risponde a un contratto, ma a una sorta di matrimonio e di promessa.
“A quei tempi - ha concluso Camolei – c’era un gruppo di piloti che erano cagnacci veri. Magari c’era anche più passione come dice qualcuno e sicuramente meno educazione. Adesso è tutto molto diverso, ma credo che nello spirito di fondo questo sport sia ancora quello di quei tempi là. Glielo dico dopo aver visto gli occhi di Aleix Espargarò domenica. Io adesso sono anziano e malato, ma gli occhi di un pilota che sente non di aver vinto, ma di aver contribuito alla vittoria di un gruppo che sente come una famiglia, li so riconoscere ancora. Non lo so se Doriano ha visto tutto questo, ma se lo ha visto, e me lo auguro, avrà ancora oggi, a distanza di qualche giorno, quel suo meraviglioso sorriso ancora stampato sulla faccia. E’ stato bellissimo e per chi, come me e come Sara, ha subito pensato a Doriano, è stato anche doloroso. Ma va bene così, alla fine le emozioni sono questo: contrasti tra gioia e sofferenza. Un po’ come le corse in moto, in cui si celebra la vita sfidando la morte”.