A 23 anni ogni compleanno ha la profondità di una vita intera. Ci entri in un modo e non hai la minima idea di come uscirai e chi sarai, al compleanno successivo. Deve sentirsi così oggi Charles Leclerc, il giorno del suo 23esimo compleanno, perché dal 16 ottobre 2019 a oggi di cose - nella sua vita e intorno a lui - ne sono cambiate parecchie.
Quando debuttò in Formula 1 di anni ne aveva 21, arrivava da un dominio assoluto in Formula 2 ma anche dal vuoto della morte del padre. Gli disse una bugia, poco prima che morisse, perché sapeva che il sogno di entrambi portava il nome e i colori di Maranello: “Papà ho firmato con Ferrari per il 2019. Farò un anno in Alfa Romeo e poi andrò lì”.
Non era vero o, almeno, non lo era ancora. Perché poi andò proprio così, un anno in Alfa e poi subito in Ferrari, una carriera fulminea che per Leclerc ha sempre voluto dire una cosa “quel giorno, a mio padre, non avevo mentito”.
E il suo primo anno da pilota Ferrari, il 2019, fu degno di un ragazzo così com’è Leclerc: sicuro di se stesso, gentile nei modi ma terribile in pista e, sopra ogni altra cosa, incredibilmente talentuoso.
Ci avrà pensato, il 16 ottobre del 2019, a che anno assurdo si stava per chiudere: la sua SF90 non poteva certo giocarsi il mondiale ma i passi avanti erano stati incredibili, tanto da averlo portato due volte sul gradino più alto del podio. La prima volta a Spa in un weekend che - come da copione nella vita del monegasco - ha unito gioia e dolore. Il giorno prima, il 31 agosto 2019, Charles perse un suo amico d'infanzia, un punto di riferimento in quel mondo fatto di poche amicizie e tanto agonistico: Anthoine Hubert.
Vinse, il giorno dopo, per lui e per tutti. Portando alla rossa la prima vittoria dell'anno e a lui la prima vittoria della vita. Replicò a Monza, in un fine settimana italiano che nessun appassionato dimenticherà mai. Era l'8 settembre 2019, poco più di un mese dal suo compleanno.
Non vinse più quell'anno, ma il bilancio della sua prima stagione in Ferrari non era positivo: era strabiliante. Messo al tappeto il suo compagno di squadra, un quattro volte campione del mondo come Sebastian Vettel, gli ci volle poco per firmare un contratto da capogiro: cinque anni con la rossa, un privilegio che non fu concesso mai a nessuno, Schumacher compreso.
E in un contratto del genere le parole scritte, a caratteri cubitali, vogliono dire una cosa sola: a Maranello si punta tutto su di lui. Lui che è nato e cresciuto nella FDA, lui che ha una faccia, una eleganza, una tenerezza che tanto piace agli italiani. Ma lui che è anche crudo, feroce, affamato.
Quello non è poi cambiato mondo, dal suo 22esimo al suo 23esimo compleanno: Charles è sempre lo stesso Charles, solo che lui - un anno fa - mica se lo aspettava di essere dov'è ora.
A guidare una Ferrari drammatica, ridicolizzata da tutti, a convivere con le scelte di una monoposto che l'hanno scorso lo portò alla vittoria ma che - si scoprirà poi - non era del tutto legale. E in paradiso cominciano le malelingue, i problemi, le parolacce in francese urlate nei team radio. Si grida al disastro: e se Leclerc si stufa della rossa?
Chissà a cosa penserà, mentre spegne le sue 23 candeline, a quale desiderio affidare ai suoi anni da ragazzo cresciuto in fretta.
Avere pazienza?
Avere la macchina giusta?
Imparare a perdere o imparare a vincere?
Accontentarsi? Oh no, accontentarsi no. Non a 18 anni quando perse Jules Bianchi, non a 20 quando il mondo avrebbe capito un calo di prestazioni dopo il lutto della morte del padre, non a 21 quando era solo un rookie pieno di pressioni, non a 22 accanto a un quattro volte campione del mondo.
Non a 23, non ora che serve che sia lui il trascinatore. Un 23enne con la faccia da bambino costretto a trascinare una realtà solidissima come la Ferrari. Ecco chi è Charles Leclerc oggi, all'alba del suo compleanno. Impensabile, un anno fa. Ma non impossibile, perché a 20 anni niente lo è.