Quando metto giù il telefono, l’ultima cosa che mi dice Pecco Bagnaia è: “Spero di chiudere la gara. Dopo l’infortunio, l’obiettivo è portare a termine il weekend”. A qualche giorno da quelle parole il pilota del team Pramac si prende la quinta piazza in qualifica e poi, la domenica, chiude secondo. È un risultato incredibile, il migliore in assoluto in MotoGP, per il ventitreenne che da Torino ha deciso di seguire un sogno che aveva come base Tavullia e come destinazione il mondo. Un percorso che nasce e cresce attorno all’Academy. Un viaggio che si struttura tra sacrifici, difficoltà e una grande voglia di correre in moto. Le gare faticose e poco gratificanti in Moto3 in sella alla Mahindra, la chiamata in Moto2 nello Sky Racing Team, il titolo del mondiale l’anno successivo e poi l’esordio in MotoGP con la Ducati, la moto che ha sempre amato fin da piccolo.
Lo abbiamo intervistato.
Dovizioso è rimasto colpito dal tuo modo di guidare la Ducati.
“È frutto del lavoro di un anno. Lo stiamo sviluppando e portando avanti con grande dedizione, cerchiamo di portare più velocità in inserimento di curva e meno in percorrenza. Sembra funzionare e piano piano arriviamo anche noi».
Contro la sfiga hai qualche gesto scaramantico?
«I miei riti sono la quotidianità. Cioè, ripetere le stesse cose quando sono alle gare. Gara dopo gara. Ogni pilota è un po’ scaramantico, ci sta esserlo, ma senza esagerare».
Durante il lockdown cosa ti è mancato di più e cosa di meno?
«Mi mancava l’adrenalina e l’ansia prima della gara. Non mi mancavano per nulla i trasferimenti internazionali».
Tutti hanno riscoperto qualche passione durante il lockdown, a te cosa è capitato di fare che non facevi da tanto?
«Ho avuto la fortuna di trascorrerlo con la mia ragazza, ci siamo tenuti compagnia e siamo stati insieme, cosa che di solito facciamo poco. Poi sono sempre stato appassionato di cucina. Abbiamo fatto il pane, le polpette… ci abbiamo dato dentro, con il cibo fatto in casa. E poi ho ripreso a suonare. Mi è sempre piaciuto provare a suonare e in questo periodo ho comprato una chitarra e ho imparato qualche accordo».
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Se non ricordo male ti piacevano anche le serie tv, hai guardato Dark su Netflix?
«Sì, difficilissima. Nemmeno durante le gare sono così tanto concentrato. È un casino, bisognerebbe fare degli schemi prima di iniziare ogni puntata».
Poi ti ho visto giocare con Vale e con Leclerc ai videogiochi di corsa con i simulatori.
«Durante il lockdown ho riscoperto anche i videogiochi. Sono sempre stato un grande appassionato, ma era molto che non giocavo per così tante ore. Mi sono divertito un sacco. Con i ragazzi dell’Academy ci trovavamo e ci sfidavamo anche a Call of Duty Warzone oppure a MotoGP. Ci si diverte di brutto. Poi ci sono dei momenti cringe. Qualche sera fa ho dovuto staccare perché ero incazzatissimo con Antonelli e Migno...».
Che cosa è successo?
«Io e Fuligni siamo andati verso una taglia da ammazzare e loro sono rimasti su un tetto al sicuro invece che venire con noi. E quando siamo arrivati dal team che dovevamo abbattere, questi in quattro ci hanno ammazzato. Loro camperavano (che significa rimanere fermi ad attendere i nemici, nda) ma a noi non piace giocare così. Vogliamo andare addosso agli avversari. Però ci divertiamo, ormai è l’argomento principale ogni volta che ci vediamo. Il nostro preparatore non ne può più».
Da grande appassionato di sneakers e moda ti è dispiaciuto non poter sfoggiare qualche look interessante?
«Lascia stare. Uno dei problemi del lockdown è stato questo, soprattutto considerando la convivenza con la mia ragazza. Giocando al simulare sudavo un sacco ma, non dovendo uscire, non mi facevo molte docce. Poverina lei non mi sopportava più. Ma comunque le sneakers me le facevo mandare a casa e non vedo l’ora di metterle».
Tipo, cosa hai preso?
«Ne ho prese tante. Mi piacciono le Jordan. Ho iniziato ad appassionarmi alle Air Jordan 1 due anni fa. E adesso continuo a prenderne perché mi piacciono tantissimo. Poi quando andiamo in Australia per il GP, a Melbourne, vado in un negozio che fa resell e se ci sono dei prezzi abbordabili mi piace prenderne un sacco»
Parliamo di un tuo ex compagno di team, Luca Marini. È pronto?
«È prontissimo. Spero davvero che sia pronto per questo salto di qualità e per vincere il titolo. Se lo merita».
Quando Dovizioso ha dato l’addio alla Ducati per il 2021 cosa hai pensato? Ci hai sperato e ci stai sperando?
«Intanto devo dirti che stavo guardando la tivù mentre stavo facendo una terapia per il ginocchio e mi ha spiazzato completamente questa scelta di Dovi. Ma a stare attenti era nell’aria. Anche nel documentario Undaunted si percepiva un’aria tesa tra Dovi e il team. Di certo guidare una Ducati ufficiale è bellissimo per tutti i piloti, soprattutto a questo livello. Quindi direi che sarebbe un sogno andare nel team ufficiale, ma comunque sarò con Ducati per i prossimi due anni, in quale team non lo so e se dovessi essere di nuovo il compagno di Miller anche il prossimo anno sarei al settimo cielo».
Come ti spieghi che Dovi, senza Marquez, non stia dominando?
«In questa stagione stanno vincendo tutti i rookies dello scorso anno. È un cambio generazionale molto importante. Le gomme stanno cambiando molto le carte in tavola, sono diverse e molto particolari. Devi guidare in modo diverso. Secondo me anche con la presenza di Marquez quest’anno sarebbe andato così e Marc non avrebbe fatto la differenza come negli altri anni».
Dovessi puntare un centesimo sul prossimo vincitore della MotoGP?
«Quartararo è molto forte, ma sta facendo molti errori. Dovi negli ultimi anni si è giocato il mondiale con Marquez, ma quest’anno il campionato è più difficile. Fare un nome è davvero impossibile»
È presto, lo so, ma hai già pensato a un futuro dopo la carriera da pilota?
«Non ci ho ancora pensato perché sono ancora molto giovane, però posso dire che finché questo ambiente mi piace e vorrò starci dentro, allora continuerò a frequentarlo. Ma non ci sto nemmeno pensando lontanamente. Se dopo la carriera da pilota dicessi alla mia fidanzata che voglio continuare ad andare alle gare lei mi ammazza (ride). Però, mi piacerebbe perché è un mondo che mi ha dato tanto e vorrei dare anch'io il mio contributo».
Lo sai che ormai parli come un romagnolo vero?
«Sì, ormai da qualche anno ho perso la cadenza piemontese. È tanto tempo che sto qui in Romagna, ma quando mi incazzo qualche parola nel mio dialetto di origine la dico. Quando ci arrabbiamo alla fine esce la nostra anima, senza filtri e mi fa ridere ma anche un po’ impressione».