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Bello l’oro, bravi loro, ma evitiamo
la retorica: la verità è che del curling
non ce ne frega un caz*o

  • di Luca Beatrice Luca Beatrice

10 febbraio 2022

Bello l’oro, bravi loro, ma evitiamo la retorica: la verità è che del curling non ce ne frega un caz*o
Non ce l’abbiamo con gli atleti che praticano il curling. Ce l’abbiamo con i tifosi, con le invasioni di commenti sulle chat, con gli esperti di cultura capaci in pochi giorni di farsi un’opinione su questo sport ora in tendenza. Luca Beatrice li asfalta ricordando un episodio personale: “Anni fa mio figlio, a proposito delle elezioni americane, fece un’osservazione molto arguta: fossi negli Usa voterei Trump non perché lui mi piaccia, anzi, ma perché mi stanno davvero sulle palle quelli che lo odiano”

di Luca Beatrice Luca Beatrice

Noi italiani siamo fatti così e per certi versi è il nostro bello. Negli anni ’80 - quelli del grande Real, dei Roy Rogers come jeans, di Happy Days e di Ralph Malph- scoprimmo la barca a vela grazie alle imprese di Azzurra e del Moro di Venezia. Uno sport da ricchi, ricchissimi, che si potevano permettere in pochi, eppure diventammo subito esperti tanto da introdurre del linguaggio termini da iniziati quali randa, cazzare, tangone -a proposito di quest’ultimo, indimenticabile l’esilarante scena di Fantozzi e Filini che non lo trovano e cominciano a danzare. Anni di bermuda bianche, di Timberland senza calze anche in pieno inverno, di abbronzature color mogano persino al ponte dei morti.

Tralasciando la competenza acquisita su questioni giudiziarie (mani pulite), finanziarie (lo spread), epidemiologiche e tornando su argomenti più leggeri, l’attenzione mediatica di questi giorni è incentrata sul curling, attività sportiva pressoché misconosciuta ora sulle prime pagine dei giornali, in tv e sui social. La coppia Stefania Constantini – Amos Mosaner ha vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Pechino e giù titoloni: è curling mania, l’Italia pazza del curling, esplode la festa. Nonostante sia uno sport antichissimo, le fonti sostengono sia stato inventato in Scozia nel XVI secolo, la sua interpretazione è moderna perché ci giocano insieme maschi e femmine. Inclusivo e paritario, un bel passo avanti.

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Fin qui tutto bene, d’altra parte lo sport nel 2021 ha trainato l’orgoglio azzurro per il calcio europeo e per il record di medaglie olimpico, però alzi la mano chi prima di dieci giorni fa avrebbe scommesso di entusiasmarsi per uno strano gioco di bocce su ghiaccio, chi ne conosceva le regole o capiva la sottile differenza tra il vincere e il perdere. Negli anni di stradominio juventino in serie A lo usavo per prendere in giro gli amici di Inter, Milan, Napoli, Roma ecc… con frasi tipo “perché non segui il curling visto che nel calcio non tocchi palla”. Sicuramente nel giro degli alternativi che non capiscono niente ma hanno il compito di romperti le palle ogni volta che aprono bocca, ci sarà già qualcuno convinto assertore di uno sport puro e sano, non contaminato dal giro di soldi e dai capricci di miliardari viziati. Immagino madri e padri di sinistra che spingeranno i loro poveri figli a sondare questa nuova disciplina, perché va bene essere ideologici ma di moda.

Guardando questi strani movimenti con altrettanti strani aggeggi - Ivan Zazzaroni, direttore del Corriere dello Sport, tra i pochi ad andare controcorrente li ha definiti “una scopa e un bollitore” - mi è tornato in mente ancora una volta il passaggio di un celebre monologo di Giorgio Gaber “ma giocate al calcio, deficienti”. Ce l’aveva con il tennis ma si può riadattare alla bisogna.

Intendiamoci, io non ce l’ho con gli atleti - 350 federati in Italia - che praticano il curling. Ce l’ho con i tifosi del curling, con quelli che il curling, con le invasioni di commenti sulle chat, di esperti di cultura capaci in pochi giorni di farsi un’opinione sul curling. Anni fa mio figlio, a proposito delle elezioni americane, fece un’osservazione molto arguta: “Fossi negli Usa voterei Trump non perché lui mi piaccia, anzi, ma perché mi stanno davvero sulle palle quelli che lo odiano”.

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Ecco a me stanno sulle palle quelli che ora sanno tutto di curling e invece di parlare con me di Dusan Vlahovic o di Marc Marquez mi raccontano storie patetiche di cui non mi frega niente. Che per arrivare all’oro olimpico Stefania e Amos hanno dovuto affrontare molti sacrifici, lui ex impiegato in un’azienda agricola, lei ex commessa lontana dal fidanzato per allenarsi, ragazzi normali che con il loro sudore hanno coronato un sogno. Opinionisti improvvisati scandalizzati perché nelle principali città italiane non ci sono piste per il curling. E insistono, una boccata d’ossigeno, di aria pura mentre noi che seguiamo il calcio e i motori restiamo dei poveri scemi maschilisti ammaliati da sport che non esprimono valori ma solo denari.

Io non ce l’ho con i due atleti, ci mancherebbe, anzi sono felice per loro, però diffido chiunque di parlarmi del curling o di qualsiasi altro sport in cui non ci sia la Juventus o un motore. Non mi interessa nulla, non ne voglio sapere niente, sono uno all’antica io, sono ignorante e di queste mode non so che farmene.

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