In una potenziale classifica degli ex juventini più odiati, Leonardo Bonucci farebbe fatica ad occupare una posizione di vertice, nonostante in questi giorni ce la stia mettendo tutta per lasciarsi malissimo con i suoi (ex) tifosi, che già lo avevo giustamente perdonato dopo il ritorno dal Milan, dove andò per spostare gli equilibri e finì che gli equilibri lo rispedirono a Torino.
In questa chart al contrario, il primo posto è occupato ex aequo dai sei che se ne andarono nel 2006 quando la Juventus fu retrocessa in serie B. In ordine rigorosamente alfabetico: Emerson Ferreira da Rosa, Fabio Cannavaro, Gianluca Zambrotta, Liliam Thuram, Patrick Viera, Zlatan Ibrahimović. Di altri non si ha sinceramente grande memoria, anche perché è quasi sempre stata la Juventus ad accompagnare alla porta i suoi calciatori, così come quasi nessuno se n’è andato per sua scelta e in malo modo. Poi ognuno ha il suo stile: Liam Brady segnò il gol decisivo che nel 1982 valse il ventesimo scudetto bianconero, quello della seconda stella, pur sapendo che avrebbe ceduto il posto a Michel Platini: mai ci fu da parte sua una parola fuori posto. Più rosicone Zbigniew Boniek, soprannominato “il bello di notte” dall’avvocato Agnelli perché giocava bene soltanto nelle partite serali: negli anni ottanta i match in notturna erano soltanto quelli delle Coppe Europee. Il livore di Boniek non risale tanto a quando cambiò squadra, ma a quando scoprì che nelle cinquanta stelle allo Juventus Stadium dedicate ai 50 migliori giocatori della storia bianconera la sua non ci sarebbe stata. Ben più nutrito invece l’elenco dei calciatori odiati una volta passati alla Juventus: magari affronteremo l’argomento un’altra volta.
Collocato Bonucci nella storia - si fa per dire - non resta che riassumere la sua triste parabola
Per i più perfidi Bonucci è stato messo fuori rosa in quanto individuato come la talpa che rivelava i segreti dello spogliatoio. Un’accusa ovviamente tutta da provare e che in passato investì anche Montolivo al Milan: sarà un caso, ma proprio questo fine settimana durante una diretta su Dazn ha solidarizzato con Bonucci ed ha raccontato di come sia stato trattato allo stesso modo. Aveva ragione Giulio Andreotti quando affermava che “a pensar male si fa peccato ma non si sbaglia mai”? Lo scrivente non può che ritenere tutti innocenti sino a prova contraria. La presunzione di colpevolezza vale sempre e soltanto per la Juventus in quanto tale, come abbiamo scritto in un precedente articolo.
Una volta capito che non ci sarebbe stato più niente da fare, Bonucci ha seguito uno schema comunicativo classico e prevedibilissimo: il post su Instagram della moglie diusto per non metterci la faccia, un’intervista concordata con un giornalista amico, Riccardo Trevisani di Mediaset, l’ex compagno di telecronache su Sky di Lele Adani. Entrambi pronti a diventare soci di quel nobile club di (ex) giornalisti che possono farsi notare soltanto se parlino della Juventus in maniera negativa: male fanno i tifosi juventini a seguirli e a condividere le loro esternazioni social, sia chiaro. Terza mossa di Bonucci, infine, l’annuncio che avrebbe fatto causa alla Juventus, con la contestuale dichiarazione che l’eventuale risarcimento sarà devoluto in beneficienza. Tutto molto facile, scontato e appunto prevedibile. E se le argomentazioni sono quelle raccontate nell’intervista in tv, tanti auguri.
Davvero un finale di partita molto triste per Leonardo Bonucci, per il sesto giocatore con più presenze nella storia della Juventus, 502 in tutto. Prima di lui soltanto Del Piero (705), Buffon (685), Chiellini (561), Scirea (552) e Furino (528). Il suo peccato più grave? Non aver rispettato una delle regole auree dello sport professionistico: farsi da parte prima che te lo dicano o te lo impongano gli altri.