Come si è creata si è sfaldata: improvvisamente. La SuperLega era prepotentemente entrata nel mondo del calcio in un tranquillo weekend. Una scossa potenzialmente così pericolosa tanto da aizzare folle di tifosi contro i dodici club elitari che vi avevano fatto parte. Dure le proteste dei supporters britannici scesi addirittura in piazza contro i propri team del cuore. E infatti sono state proprio le inglesi le prime a giocarsi la carta della fuga.
A giocare un ruolo ancor più fondamentale però è stato il fiuto di Boris Johnson che ha minacciato di usare strumenti legislativi duri ad hoc sfruttando anche il sistema dei visti d’ingresso, impugnabile grazie alla Brexit. Misure drastiche che, di fatto, hanno salvato il calcio. Come spiegato da La Verità, il premier è subito partito all’attacco del progetto SuperLega parlando chiaramente di “cartello contrario ai principi basilari della concorrenza” e “sospinto dai miliardi delle banche”. Boris Johnson si è fatto portavoce di tutti quei tifosi in rivolta arrivando anche a cantare vittoria su tweet quando praticamente tutti i club hanno fatto dietrofront: “Questo è il risultato giusto per i tifosi, il club e la comunità di tutto il paese. Dobbiamo continuare a proteggere il nostro amato gioco Nazionale” si legge sul suo profilo ufficiale.
Dal suo solco si sono poi inseriti Emanuel Macron e Mario Draghi mentre la Commissione Europea ha risposto con una sonora lavata di mani. Per una volta però potremmo dire Grazie al “becero isolazionista” di Boris Johnson, fautore della resistenza culturale del calcio.