E poi ci sono quelli che il calcio. Quelli che dicono che sia immorale, che è uno sport inutile, 11 coglioni di qua e 11 di là che rincorrono la palla, che è corrotto, senza speranza. E invece in questa storia della Superlega una cosa è emersa in tutta la sua forza. Che il calcio è uno sport davvero popolare, che permea il tessuto sociale in cui si radica e da questo ne viene influenzato, inevitabilmente. Pure se ci sono soldi, e tanti, di mezzo. Così popolare che è l’unico ambiente in cui i tifosi contano davvero qualcosa e i giocatori e gli allenatori (che spesso arrivano dal calcio minore o dagli spalti stessi) si oppongono alle decisioni imposte dall’alto.
Questa pandemia è stata una prova generale per verificare se è possibile fare un calcio senza tifosi allo stadio. Be’ ora lo sappiamo: il calcio così è una merda. Lo stadio senza i cori è ignobile. Il calcio, insomma, si è dimostrato l’unico mondo in cui il popolo ha ancora un po’ di potere. In cui il popolo può variare gli equilibri. I tifosi del Chelsea che bloccano i parcheggi. Quelli dell’Arsenal che richiedono indietro una tradizione. Quelli della Juve che vanno contro il bugiardo Agnelli. Quelli del Man United e del City e del Liverpool che rivendicano le origini operaie. De Zerbi, allenatore del Sassuolo, che non vuole giocare contro il Milan di Gazidis. Lo stesso Guardiola che fa un discorso chiaro, diretto: “Non sono stato informato, nessuno di noi sa niente. Lo sport non è sport se non c’è competizione e se in un campionato si entra per diritto”. Il City è finalmente in semifinale di Champions dopo anni di investimenti. Lui lo sa più di chiunque altro che nel calcio, come nella vita, i soldi contano fino a un certo punto. Contano le idee, il sudore, la fatica. Conta il lavoro e conta la perseveranza. Conta il campo. Che sia benedetto.
Lo sport è come i bordelli ha detto qualcuno: le uniche due cose in cui vige realmente la meritocrazia. E forse, il calcio, per quanto sia stato preso d’assalto da milionari cinesi, petrolieri russi, sceicchi, fondi americani è davvero uno dei pochi baluardi dell’uomo della strada. Guardate i social: anche ultimamente un post di MOW che parlava di sesso e scritto da Banhoff è stato segnalato e tolto perché non rispettava la policy di Instagram e Facebook. Molti hanno risposto che quelle di Zuckerberg sono aziende private e che possono farlo. Anche le squadre di calcio sono aziende per lo più private ma questo non dà diritto a nessuno - NESSUNO - di calpestare diritti sacrosanti come la libertà di parola e di opinione (nel caso dei social). Non dà diritto a nessuno di fare qualcosa che passa le teste di chi è veramente azionista di un’azienda anche se non ufficialmente (come nel caso dei tifosi e dei giocatori, che in alcuni casi tra l'altro lo sono davvero).
Non voglio fare discorsi ingenui. La storia è piena di oligarchi che decidono per la plebe e alla fine, in un modo o in un altro, che raggiungono l’obiettivo che si sono prefissati. E nemmeno sto insinuando che i club che hanno aderito alla Superlega e quelli che ancora non si sono sfilati da questa iniziativa, vedi il Real di Florentino Perez e la Juve degli Elkann, siano i cattivi mentre la UEFA e le Leghe dei singoli campionati siano invece i buoni. La UEFA, la FIFA e queste organizzazioni fanno - come tutti - i loro propri interessi. Che stavolta combacino con quello dei tifosi è solo un caso. Quindi non facciamoli passare come dei paladini della giustizia, non lo sono. Anzi, proprio adesso dovrebbero fare l'autocritica che meritano di farsi.
Ma, ripeto, il calcio, più di ogni altra cosa è di tutti. È sacro. È vita per molti di noi, che piaccia o meno. Condiziona gli umori dei nostri lunedì o dei nostri giovedì o, in alcune settimane, di tutte le nostre giornate. E ha dimostrato in questi giorni che resta una delle rare roccaforti di una società dove se protesti puoi condizionare sul serio le decisioni di chi pensa sempre di scegliere sopra le teste di noi poveracci vittime, oramai, di un algoritmo, di un dpcm o del marketing. La Super League non si farà, il Liverpool si è scusato con i suoi fan, la Juve è crollata in borsa. E va bene così.