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Carlos Sainz: "Papà mi disse di
mangiare gli avversari. Così
sono diventato più cattivo"

  • di Giulia Toninelli Giulia Toninelli

13 aprile 2021

Carlos Sainz: "Papà mi disse di mangiare gli avversari. Così sono diventato più cattivo"
Studioso, calmo e controllato ma - allo stesso tempo - abituato fin da giovanissimo a lottare più degli altri. Carlos Sainz si racconta sul Corriere della Sera tra passato e futuro

di Giulia Toninelli Giulia Toninelli

I figli d'arte, in Formula 1, sono visti dagli avversari come i più fortunati di tutto il paddock: quelli con la strada spianata, le conoscenze, il futuro già scritto. Così non è stato per Carlos Sainz Jr, figlio della leggenda del rally e tre volte vincitore della Dakar Carlos Sainz, che al padre - è vero - deve passione e dedizione, ma la cui presenza lo ha portato a doversi scontrare presto con la competitività degli avversari. 

Una crescita che racconta in una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera in cui analizza l'inizio dell'esperienza in Ferrari tornando indietro nel tempo, e guardando il lungo percorso fatto per arrivare fino alle porte di Maranello: "Quando ero piccolo gli avversari erano motivati dal mio cognome, sono abituato a lottare da sempre. È come nel calcio: se Andrea Pirlo va alla partita del figlio, gli avversari si mettono in mostra. Io pensavo fossero amici e invece... Facevamo merenda insieme, ci vedevamo la sera per una pizza, ma dopo in pista mi buttavano fuori. Volevano superarmi a ogni costo, finché qualcosa non è cambiato nella mia testa. Papà mi disse: “Mangiateli o sarai mangiato”. Così sono diventato più cattivo, ho smesso con le pizze per non sentirmi amico di nessuno. Ero lì per correre, non per fare nuove conoscenze".

Un consiglio, quello di papà Carlos, che si aggiunge ai tanti insegnamenti: "Ad avere memoria me lo ha insegnato papà: a 11 anni mi chiedeva di ricordare la pressione delle gomme, il set-up, il tipo di assale. All’inizio è stato difficile dargli retta, non capivo perché dovessi sapere tutto. Solo ora l’ho compreso e mi sta aiutando tantissimo in F1, senza quella lezione non sarei cresciuto".

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La crescita di questo ragazzo, dal carattere tranquillo e la grinta di altri tempi, lo ha portato fino in Ferrari, il sogno di una vita intera: "In Bahrain è stato un buon inizio, più per le sensazioni che per il risultato - ha detto lo spagnolo, analizzando la sua gara di esordio in rosso - Ottavo non è niente di speciale, ma non mi aspettavo di adattarmi così rapidamente alla squadra e alla macchina. Sono riuscito ad andare veloce da subito, ma voglio molto di più".

Gli avversari sono tanti e, quest'anno più che mai, sembrano essere intenzionati a fare il salto di qualità. Giovani che Sainz conosce dai tempi dei kart, su cui ha opinioni schiette e precise: "Si capiva subito che Max era speciale, che aveva doti fuori dal comune. Essere riuscito a tenergli testa mi ha dato fiducia per continuare in F1, sapevo di essere nel posto giusto. Di potermela giocare con chiunque. Leclerc, di speciale, ha la sua storia. Ha perso un amico, Jules Bianchi, poi il papà. È diventato ancora più forte superando tremendi drammi. Per questo lo ammiro molto, ho seguito tutta la sua carriera".

Con Leclerc il rapporto si è consolidato subito e i ragazzi di Maranello rappresentano una vera scommessa per il domani della Rossa: "Alcuni pensano che siamo troppi giovani per la Ferrari, ma io ho 26 anni e sono alla settima stagione in F1. Ho le capacità per aiutare questa squadra a tornare nelle posizioni vincenti. Di Charles già si conosce il valore, lo ha dimostrato. Stiamo spingendo forte a Maranello, siamo sempre al simulatore, con ingegneri e meccanici. Due piloti giovani portano una grande energia, siamo carichi e abbiamo voglia di vincere".

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