Fabio Quartararo si è presentato a Le Mans con casco e guanti bianchi, rossi e blu. Ci teneva da matti, come normale che sia, al Gran Premio di casa. Il weekend del francese è cominciato in salita con un venerdì complicato e la tendenza è rimasta tale questa mattina, quando Fabio si è visto escluso dal Q2 per soli 23 millesimi. El Diablo ha provato in tutti i modi a reagire, a rimontare con caparbietà nei 13 giri della Sprint Race, nonostante dopo tre curve fosse sedicesimo. Invece Quartararo, incurante dei limiti tecnici della sua Yamaha, è riuscito a “tornar su”, come si dice nel gergo del paddock. Prima ha sorpassato Morbidelli, Nakagami e Vinales, poi - con pista libera – ha messo in mostra un ritmo da podio, giri in sequenza sull’1’31” alto che gli hanno consentito di avvicinarsi alla testa della corsa e approfittare di battaglie ed errori che capitavano di fronte a lui.
Fatto sta che, a quattro giri dalla bandiera a scacchi, Fabio Quartararo si trovava in ottava posizione (otto posizioni guadagnate in poco più di otto giri), ma all’ingresso di curva nove – Chemin aux Boeufs, la “esse” dopo il rettilineo posteriore – l’avantreno della M1 ha abbandonato El Diablo al suo destino, ovvero ad una mesta rotolata nelle vie di fuga. Un peccato, perché Quartararo si stava ulteriormente avvicinando al gruppetto in lotta per il quarto posto (Marini, Marquez, Zarco e Bezzecchi), ma soprattutto perché completare una rimonta simile avrebbe potuto assegnare punti importanti al morale di Fabio, più significativi dei due punti iridati che il francese avrebbe guadagnato chiudendo ottavo. Le telecamere della regia internazionale, mentre Fabio si rialzava impolverato, hanno tergiversato su Lin Jarvis. Il Managing Director della Yamaha è apparso sorpreso, quasi stizzito per l’errore del suo pilota. Una smorfia, quella del dirigente inglese, come a chiedersi: “Ma sembrava in controllo, com’è possibile?”. È possibile, Lin. Perché solamente ieri Fabio ribadiva: “È vero, siamo forti sul passo gara, ma solo perché quando simulo il passo gara do tutto ad ogni curva; sul giro secco, quando tutti danno il massimo ad ogni metro, emergono le differenze”. Oggi Fabio Quartararo ha cercato, per l’ennesima volta, di scavalcare i limiti suoi e della M1. L’ha fatto per agguantare una settima posizione nella Sprint Race, a dimostrazione del fatto che il francese non si tira indietro mai, nemmeno di fronte alla netta inferiorità tecnica. La Yamaha è ormai la moto più lenta sul rettilineo e sul giro secco, la moto più scarna in termini di appendici aerodinamiche e – adesso – anche la più vulnerabile sul passo gara. Lin Jarvis, la Yamaha, non possono più far finta di niente, non possono più nascondersi dietro agli exploit dei propri piloti. La scivolata di Fabio Quartararo ha lanciato un messaggio chiarissimo: la M1 oggi non poteva andare più forte dell’1’31”771 (settimo miglior tempo della Spint Race) fatto segnare dal Diablo poco prima di essere scaricato a terra. Il reale valore della Yamaha, oggi, coincide probabilmente con la tredicesima posizione di Franco Morbidelli, rimasto in piedi su una delle piste storicamente più favorevoli per Iwata.
Eppure ci dev’essere un limite a questa storia, che si ripete ogni domenica. Cominciano a diventare innumerevoli le occasioni in cui Fabio Quartararo arriva abbacchiato davanti ai microfoni, costretto a riaffermare la volontà di non arrendersi, il dovere di lavorare cerando di trarre il massimo da ciò che ha a disposizione. Ciò che ha a disposizione Fabio, però, sembra essere sempre lo stesso oggetto. Sempre meno, quindi, in confronto agli altri piloti. È commovente, e sportivamente straziante, ascoltare la consapevolezza di un campione del mondo, che nel Gran Premio di casa sa di non poter arrivare tra i primi sette: “La cosa più difficile è stata il primo giro, perché la partenza che abbiamo fatto non era male, ma quando mettiamo seconda, terza e quarta marcia manca un po', infatti non è che la prima curva l’abbia fatta molto veloce. Alla terza ero molto all’interno e ho perso tante posizioni. Poi ho dato tutto ma sorpassare era davvero difficile. Sono riuscito a rimanere lì perché Aleix, Maverick e Alex hanno fatto un po' di casino alla 8 e alla 9. Ci provo ma il problema è sempre lo stesso, cioè che sulla gomma davanti siamo sempre troppo al limite e l’unico modo per noi di andare veloce è recuperare in frenata, ma con questo problema non recuperiamo più. La media all’anteriore non la sentivo male, l’ho scelta perché sapevo che partendo tredicesimo la morbida si sarebbe scaldata troppo, quindi la media per me è stata la scelta giusta. Alla nove ho frenato uguale al giro prima, solo che la pressione della gomma era un po' più alta e magari di linea ero un pelino più fuori, così ho perso il davanti. Alla fine il problema è sempre quello. Oggi volevo provare a vedere se ci fosse un limite oltre a quello che sento io, e alla fine ho capito che il limite c’è, è quello”.