Maverick Vinales ha annunciato con una storia su Instagram che presto dirà tutta la sua verità e che, appena potrà, fornirà i dettagli della sua versione di una storiaccia che sta destabilizzando l’intero Circus. Le accuse mosse da Yamaha sono pesantissime, il video diffuso a sostegno delle accuse è oggettivamente molto poco probante e le conseguenze del provvedimento, quasi certamente, si discuteranno sul tavolo di qualche tribunale, a suon di battaglie tra avvocati. Ci sono di mezzo soldi, tanti soldi, e un epilogo che, di fatto, è senza precedenti nella storia della MotoGP moderna, con Vinales e Yamaha che difficilmente riusciranno a chiarirsi dopo la sospensione e che, ormai, non si ritroveranno più, salvo clamorosi colpi di scena. Per Maverick Vinales, ora che il presente è una pagina nera senza alcuna possibilità di scriverci sopra, non resta che provare a difendersi (e certamente lo farà nei prossimi giorni) e poi concentrarsi sul futuro. Un futuro che, ormai sembra certo, è in sella all’Aprilia, con Aleix Espargarò come compagno di squadra.
Intanto, però, alle accuse di tentato sabotaggio della moto, si è aggiunto un altro retroscena, riportato dalla Gazzetta dello Sport. Sembrerebbe che lo scooter utilizzato nel paddock dal pilota spagnolo sia stato bruciato nella domenica del GP di Stiria, anche se non è chiaro chi e come avrebbe agito, con la Rosa che si limita a riferire di “persone vicine a Vinales”. Vero? Non vero? Non lo sappiamo e, francamente, restiamo allibiti sia in un caso che nell’altro. Con il punto, piuttosto, che riguarda non solo l’amarezza per la piega che sta prendendo la MotoGP, ma anche i dubbi sull’opportunità, per Aprilia, di mettersi in casa un pilota che intorno a cui cominciano ad aleggiare una serie infinita di punti interrogativi.
E’ probabile che Maverick Vinales sia anche vittima in tutta questa storia, perché se è legittimo pensare che un pilota possa sabotare apposta la sua moto, è altrettanto legittimo pensare che un marchio possa sabotare apposta un suo pilota, ma se così non fosse? Se fosse andato davvero tutto per come viene raccontato? Aprilia, in un momento di grandissima crescita sia nel motorsport che sul mercato, può permettersi di associare il suo nome ad un pilota poco incline allo spirito aziendalista. Già ai tempi di Suzuki lo spagnolo non aveva esitato a criticare la moto, poi lo ha fatto ancora con Yamaha e, nel mezzo, ci ha messo risultati entusiasmanti alternati a fasi di spegnimento totale, quasi a palesare una incapacità di trovare quella serenità personale che è fondamentale per uno sportivo.
Se a questo aggiungiamo i legittimi dubbi di natura tecnica, l’operazione Vinales in Aprilia potrebbe non essere più il super colpo di mercato della stagione. E’ un pilota che predilige una guida molto diversa da quella di Aleix Espargarò: non ama le frenate al limite e ha bisogno, più che dell’avantreno granitico dell’Aprilia, di una stabilità generale che potrebbe far fatica a trovare sulla RS-GP, con i tempi di adattamento alla nuova moto che saranno inevitabilmente lunghi. Inoltre proviene da un quattro in linea e in MotoGP non ha mai guidato motori differenti dai quattro in linea che, come sappiamo, sono molto diversi per caratteristiche e comportamento, ma anche per bilanciamento, rispetto ai motori a V. E’ vero, è un top rider perché così viene definito chi ha vinto più volte in MotoGP, ed è vero anche che, probabilmente, l’ingaggio che ha accettato è di almeno tre volte inferiore a quello che percepiva in Yamaha. Ma è comunque uno sforzo significativo per Aprilia e il Gruppo Piaggio e, aspettando le spiegazioni dello stesso Vinales, oggi il dubbio che possa non valerne la pena c’è oggettivamente tutto.