Cosa mancava, a Ducati, per scegliere a chi affidare la moto rossa tra Enea Bastianini e Jorge Martín? Non la telemetria con pregi e difetti di ognuno e nemmeno qualche scontro diretto tra i due. La classifica poi parla da sola con le tre vittorie di Enea, unico pilota oltre a Bagnaia ad aver vinto quest’anno con la Desmosedici.
Se in Ducati hanno deciso di aspettare fino all’Austria però, di buoni motivi per farlo ne hanno avuti almeno un paio. Il primo, è che dopo il ritiro della Suzuki il mercato piloti è passato direttamente in mano alle case, quindi non c’era più fretta. Il secondo invece si chiama Enea Bastianini: al riminese era stata fatta un’offerta a inizio stagione che lui ha preferito rifiutare per far parlare la pista, come a dire che secondo lui poteva valere di più. Se non avesse vinto in Qatar, ad Austin e pure a Le Mans probabilmente la moto sarebbe già di Jorge Martín, che secondo Ducati - e buona parte del paddock - avrebbe dovuto fare un altro salto di qualità durante 2022. Così, per prima cosa, entrambi hanno ricevuto un contratto diretto con la casa in cui venivano messi in chiaro stipendio (uguale) e moto ufficiale, la mossa giusta per evitare che uno dei due bussasse alla Honda.
Sul chi portare nel team interno però, la decisione è rimasta difficile: Che fai, abbandoni un piano aziendale ben strutturato e la tradizione di vestire in rosso i piloti del Team Pramac per le tre vittorie di Enea? Forse, forse no. Rispetto ai giapponesi in Ducati sono rapidissimi a prendere decisioni, il tempo però serve anche a loro. E allora si sono detti di aspettare, di far passare le gare e - perché no - di osservare le reazioni dei piloti sotto pressione.
Li hanno messi l’uno contro l'altro, Bastianini e Martín, con l’idea di separarli solo a sette gare dalla fine, quando Pecco Bagnaia avrebbe avuto bisogno di una piccola spinta per portare il mondiale fino a Valencia. Questo, piuttosto chiaramente, lo ha detto anche Gigi Dall’Igna dopo il GP in un’intervista alla Gazzetta Dello Sport: “Penso che non possiamo puntare solo sulle nostre forze, ma che avremo bisogno che si crei qualche situazione particolare. Guardando in casa nostra dovremo fare le cose nel migliore dei modi possibili… Che non si debba rompere le scatole a Pecco lo si può già dire, sarebbe stupido se un pilota della Ducati lo infastidisse senza motivo”.
Parole chiare su cui Davide Tardozzi è tornato ancora più limpido, in questo caso in una chiacchierata con gli spagnoli di AS: “Quello che chiediamo ai piloti è rispetto nei sorpassi, niente di più. Il nostro obiettivo in Austria era mettere almeno un altro pilota tra Pecco e Fabio, e la speranza massima era che sul podio ci fossero tre Ducati”.
Oltre a fare grandi complimenti a Quartararo (“Va chiamato per nome, campione”), Tardozzi ha detto esattamente quello che ha pensato chiunque dopo le qualifiche, quando dei primi sei posti in griglia cinque erano occupati da una Desmosedici: non fate i maleducati. Lo abbiamo scritto qui. Le corse non sono uno sport di squadra almeno finché non c’è l’obbligo di vincere. È sempre stato così e lo sarà per sempre, in Formula 1 è addirittura parte integrante della strategia. Nel motomondiale di esempi ce ne sono moltissimi, da Gresini e Capirossi nel 1990 fino al “Mapping 8” sul dashboard di Jorge Lorenzo a Sepang. A Bagnaia, che ha vinto più di tutti gli altri ma ha portato a casa troppi zeri, adesso un aiuto serve davvero perché le gare che restano sono sette e i punti da recuperare dal francese 44.
Guardando la gara dal podio, col senno di poi, è evidente che se i piloti Ducati avessero collaborato per tutto il Gran Premio difficilmente Fabio Quartararo sarebbe arrivato secondo, perdendo soltanto cinque punti in classifica: il sorpasso su Jack Miller alla variante è stato genio e poesia, ma non ti riesce due volte. D’accordo, ogni pilota corre per sé e Martín su Bastianini ha cercato un sorpasso aggressivo, non un’entrata a vita persa - che poi, però, ha rifilato a Jack Miller, arrabbiatissimo per la manovra - ma probabilmente in quel momento Ducati non stava mettendo alla prova la manetta dei due.
A Zeltweg, per avvicinarsi a quella sella che riempie i giornali da mesi, bisognava fare la cosa più difficile per un pilota: mettere davanti l’azienda, correre in formazione come la pattuglia acrobatica nazionale tenendo Bagnaia davanti per dargli la possibilità di accorciare in campionato. Una cosa che né Pecco né tantomeno Ducati chiederebbero mai e che gli appassionati chiaramente non vogliono sentire. Figuriamoci però se in uno sport così estremo, in cui ogni vantaggio è tarato al millesimo, un ragionamento così semplice resta fuori dai calcoli.
Oggi a Borgo Panigale la priorità è il 2022, quel titolo che manca da troppo, il resto può e deve aspettare. Il resto deve chiudere il gas se serve. Se Ducati sta ragionando su questo, l’Austria deve aver dato una grossa mano a decidere. Quando Enea Bastianini ha detto che non si aspettava un sorpasso così aggressivo nei primi giri non tutti l’hanno presa bene, ma da parte sua forse stava mandando un segnale: no, non stavo dando tutto quando Martín mi ha passato, volevo dare una mano a Jack e a Pecco. Volevo dare una mano per essere dei vostri e mi sono trovato a dover battagliare contro un’altra Ducati. Magari non è così - i numeri della telemetria in Ducati li hanno - ma se così fosse non solo c’è da chiedere scusa ad Enea, c’è anche da cucirgli una tuta rossa, e che sia in pelle di canguro: gli serve per fare un salto mai visto prima.