La situazione in Alpine, in questo inizio di 2024, appare drammatica a livello sportivo e mediatico. Forse la squadra francese non ha mai smesso di cadere, scendendo un gradino alla volta, abbassando il proprio livello corsa dopo corsa. L’entourage è pezzi, lo staff appare disorganizzato, i licenziamenti sembrano figli di scelte improvvisate - o meditate che siano - ma annunciate nei momenti meno opportuni, e l'immagine che arriva all'esterno non aiuta sicuramente la scuderia, sempre più vittima di sé stessa. La questione di un picco irraggiungibile, sperato nella presentazioni delle livree di quest’anno, non ha trovato il compromesso giusto coi colori della macchina, che nella migliore delle ipotesi avrebbero dovuto simboleggiare una nascita, non il tracollo del team. Rosa, azzurro, nero, ben lontani dal giallo acceso che contraddistingueva il team un paio di anni fa, sono solo il sintomo di un cambiamento che non ha portato a miglioramenti e che di cui in realtà già si saggiava la mancanza di realizzazione di questi fin dai primi anni 2000.
Tutti si aspettavano una verità lontana dalla realtà, una macchina che potesse fare quel salto di qualità, almeno in questa stagione,dopo un recupero inaudito che li ha portati fino al sesto posto in classifica costruttori, pur considerando quelli che sono stati i non pochi errori dei piloti e le mille incongruenze interne e tecniche. Il 2023 è stato infatti una conferma per il team Alpine che ha provato in tutti i modi di non rimanere indietro, facendosi la tacita – e forse poi non tanto – promessa di essere riconsiderati in parte una scuderia dignitosa di fronte alle altre che si sono confermate sicuramente come migliori. Se prima la Alpine lottava senza sosta contro il team McLaren infatti, lo scorso anno, ha dovuto lottare contro la Aston Martin, che con l’incredibile investimento di papà Stroll ha ingigantito le proprie possibilità di riscatto.
Sembra una barzelletta, quella che il team francese si è voluto raccontare, oppure una bugia per consolarsi di quelle che sono le evidenti lacune che si porta dietro. Ed è sperando di posare finalmente questo macigno a terra, che nel 2021 la scuderia ha deciso di cambiare nome, conscia del background poco solido che non riusciva più a tenere alto l’onore della tradizione Renault. Un piano industriale, sicuramente, che ha pensato bene di badare ai propri interessi. Un debutto cruciale, che raggiunge il picco e la caduta nell’arco di un anno solo, forse ancor prima di cominciare, in un loop che da quel momento in poi non ha mai smesso di riprodursi. Non ce lo si aspettava di certo da un simbolo d’eccellenza francese come quello di Rédélé. Ma i successi del marchio non si sono uniti a quelli dei motori e seppur la scuderia di Enstone possa aver trionfato a Le Mans negli anni ’70, è dal declino del ’95 che vi è stato un segnale chiaro che probabilmente doveva essere preso alla lettera.
Limitarsi al rifornimento dei motori sarebbe stata la scelta giusta? Il ritiro dalla griglia come team costruttore per essere semplice fornitore di motori fino al 1997 è stata un’ottima strategia, servita però a ben poco. Rientrare di nuovo acquistando Benetton, come team Renault F1 può aver dato inizio a una fase della storia della squadra ma il problema è sempre stato alla radice. Gli alti e bassi sono evidenti in una mancanza di coerenza di un team e il desiderio di mantenere l'eredità del marchio ha cozzato spesso con l'impossibilità di fornirsi una chance in griglia. Quando nel 2021 la Renault ha deciso di diventare Alpine è come se avesse voluto riannunciarsi al mondo nel modo più competitivo possibile, con un team fiducioso di riuscire a raggiungere livelli alti. Ci avevano provato con Daniel Ricciardo, sul quale avevano deciso di puntare prima del cambiamento, ma ristrutturare un team significa offrirsi il passo più lungo della gamba, non limitarsi al tentativo. La tecnologia non deve essere un optional in campionati dove, soprattutto oggi, il dominio ha un nome e non è sicuramente quello della scuderia francese. L’affidabilità dovrebbe essere in maniera scontata la parola chiave da utilizzare nell’ambiente, ma la strategia gioca il ruolo fondamentale e di garanzia che può far arrivare a cambiamenti nel breve termine, senza dover sottostare a un’arresa precoce.
La Formula 1 probabilmente sarà il punto debole di questa squadra che non è capace di tener testa alle altre? Sicuramente le premesse messe a punto con la nuova A524 non si sono rivelate del tutto vere, vanificando ogni tentativo di annullare una serie di scelte sbagliate. Con un terzo posto al GP di Monaco come unico raggio di sole in un cielo grigio, nel 2023 il team dai mille drammi ha navigato in acque agitate, con una barca senza marinai: Szafnauer, Rossi, Permane, Fry non hanno fatto più parte dell’equipaggio, di punto in bianco, con una soluzione che in realtà non ha risolto niente. Il piano di sviluppo aggressivo inoltre aveva promesso anche l’anno scorso di mettere in luce delle novità sin dalla prima gara e Harman, il nuovo direttore tecnico, si era espresso fin da subito con grande determinazione, sottolineando l'obiettivo di avvicinare il team francese alle posizioni di vertice. Eppure non sembra ancora che il telaio, le sospensioni posteriori e l’ottimizzazione dell’evacuazione del calore siano capaci di operare in maniera efficiente in questo inizio 2024. Gasly per esempio non sarebbe per niente d’accordo, visto che nel Gran Premio di Arabia Saudita di settimana scorsa ha dovuto ritirare l’auto nel giro di formazione per aver rotto il cambio. Senza neanche essere partito? Per non parlare della performance fallimentare ottenuta nelle prove del Bahrain.
Domandiamoci se la sfortuna di Leclerc non possa colpire tutti quelli che parlano francese a questo punto. Dopotutto anche De Meo, CEO Renault, lo ha detto: “Alpine potrebbe diventare la Ferrari francese” e beh, a parte gli almeno 30 cavalli indietro risaputi di questa monoposto, domandiamoci di quale modello Ferrari si tratti. Il direttore tecnico aveva promesso che dai test si sarebbero visti i miglioramenti, ma così come l’anno scorso la situazione è rimasta uguale, se non peggio. Un vento contrario che Harman non ha più sopportato che gli sferzasse il viso: considerando più importante la propria reputazione probabilmente, piuttosto che vedersi fallire in una squadra che sembra non fare effettivi passi avanti, il direttore tecnico ha abbandonato il team. Ma il team principal Bruno Famin ha pensato a una ristrutturazione “a tre livelli” questa volta, un po’ cercando di appoggiarsi all’idea di McLaren che di cambiamenti ne ha subiti un bel po’. All'interno del team tecnico di Viry, dove viene prodotta la power unit, vi saranno Eric Meignan come nuovo direttore tecnico, accompagnato da due direttori operativi: John Woods a Enstone e Audrey Vastroux a Viry-Chatillon. Sembra la via alternativa al momento per un debutto che non sta portando a immediati successi, accorgendosi in tempo, forse, delle falle per evitare l’incubo della stagione scorsa. La competitività ha l’obiettivo di rimanere intatta anche se le aspettative non sono mai stabili e il team di Enstone non è pronto a subire di nuovo una finta impennata di successi seguita da un’improrogabile caduta.
E quale miglior provocazione, se non quella di Helmut Marko? Per dare il suo contributo pungente all'interminabile telenovela di Enstone, l’austriaco non vedeva l’ora di esprimersi in merito al gap della scuderia francese che a detta sua dovrebbe essere presa da Andretti. L’americano, che speranzoso e anche deluso della porta in faccia ricevuta qualche mese fa, è da tempo che bussa alla porta della categoria regina. Ma a parte i molti team che non sono entusiasti dell'idea di un undicesimo in griglia, sembrerebbe che la competizione fuori discussione di un team strutturato come il suo farebbe tremare non soltanto il sedile rotto di Lewis Hamilton. Acquistare Alpine potrebbe essere la soluzione perfetta: Renault si libererebbe di un peso, Andretti otterrebbe il biglietto d'ingresso in categoria e il team francese potrebbe finalmente dedicarsi a recuperare i gloriosi tempi passati. Forse.